Mettiamola così: spesso noi rimpiangiamo i tempi passati, come i posteri rimpiangeranno i nostri, mentre la storia va avanti im-perterrita e se la ride di noi e di loro. Mi sa però che oggi corre un periodo in cui c’è davvero poco da ridere e vivere felici. Orazio stigmatizza i lodatori del passato perché in questo atteggiamento il grande poeta latino vede l’incapacità di adeguarsi al progresso e alle innovazioni del presente.
Ma adesso anche Simona Molinari, l’estrosa cantante aquilana distintasi nell’ultimo festival di Sanremo, va ancora cantando “ah la felicità, non ricordo più che sapore ha la felicità”. E ti credo. Se poco poco nella morsa di questa crisi nera guardo l’indegno spettacolo offerto dalla classe politica o i trombati alle ultime elezioni consolarsi con pensioni e vitalizi da nababbi capisco chi sente il sangue agli occhi. E pensare che la Svizzera, terra di affari e denaro quant’altre mai, ha avuto il coraggio (o forse il pudore) di introdurre il tetto salariale ai gatti grassi, come essi chiamano i dirigenti superpagati. Mentre i nostri beneamati (!) rappresentanti si ricompattano unanimi solo quando si tratta di adeguare il loro già lauto stipendio. Alla faccia.
Ma l’italiano dalle molte vite trova sempre un escamotage per non morire, come canta Fiorella Mannoia: “…tornare indietro un anno un giorno, per vedere come si cambia per ricominciare per non morire… e domani è un altro giorno”. Speriamo migliore.
Parlavo di festival? Beh ecco che la provincia di Pesaro e Urbino organizza il Festival della felicità, con la partecipazione di intellettuali, economisti, filosofi e fior di opinion leaders a grattarsi la cuticagna come se discettassero dei massimi sistemi. Il ricco calendario degli eventi prevede tavole rotonde, presentazioni editoriali, incontri con luminari della cultura, economia, giornalismo e spettacolo. Una perla? “La felicità è come una farfalla che una volta perseguita è sempre oltre la nostra comprensione, ma se vi sedete tranquillamente può posarsi su di voi”. Firmato Nathaniel Hawthorne. Chiaro? Boh.
Quanto a me, sulla felicità ho capito molto di più da Walter Bevilacqua, umile pastore tra le montagne della Val d’Ossola, 68 anni. Malato di reni, all’inizio dell’anno ha rinunciato al trapianto confidando al parroco: “Io sono solo e non ho famiglia, lascio il mio posto a chi ha più bisogno di me, chi ha figli ha più diritto di me”. È morto durante la dialisi.
Più o meno negli stessi giorni moriva di leucemia anche Carmelo Imbriani, 37 anni, già allenatore del Benevento. In un mondo pallonaro avvelenato da calciopoli, mi piace poter scrivere che l’ex attaccante del Napoli e di molte altre squadre non è stato un grande campione, ma è stato una bravissima persona.
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