IL GIORNO DELLA MEMORIA IN BULGARIA
Il giorno della memoria, atteso da venticinque anni, è stato un avvenimento storico non solo per Belene, ma per tutta la Bulgaria. Il 15 novembre scorso nella cittadina di seimila abitanti adagiata lungo il Danubio, all’estremo nord della Bulgaria (zona dove sono all’opera dal 1992 i missionari passionisti), si è tenuta la prima celebrazione in ricordo delle vittime bulgare del comunismo e in particolare dei quattro martiri bulgari, il vescovo passionista Eugenio Bossilkov (nato proprio a Belene) e tre sacerdoti assunzionisti uccisi dal furore stalinista nel 1952. All’importante evento ha partecipato anche il presidente della Repubblica di Bulgaria, Rosen Plevneliev, insieme al sindaco di Belene, al nunzio apostolico in Bulgaria l’italiano monsignor Anselmo Pecorari, al vescovo di Sofia e presidente della conferenza episcopale bulgara Hristo Proykov, al vescovo della diocesi di Russe-Nicopoli Petko Hristov, ai superiori provinciali passionisti italiani Danilo Mazzoni e Piergiorgio Bartoli, a numerosi religiosi passionisti e a un migliaio di persone.
Organizzata dal giovane e vulcanico parroco passionista di Belene, padre Paolo Cortesi, la manifestazione si è aperta con la solenne celebrazione eucaristica nella chiesa parrocchiale e santuario del beato Bossilkov di Belene. Nella sua omelia padre Valter Gorra, superiore dei passionisti in Bulgaria, ha sottolineato che “il martirio è la vittoria dell’uomo sulla paura. I martiri non hanno rinunciato alla propria fede, né sotto la pressione del potere comunista, durata tanto tempo, né durante il falso processo contro di loro”.
Dopo la messa il nunzio apostolico ha inaugurato una statua bronzea di san Giovanni Paolo II collocata nella nuovissima piazza dedicata al papa polacco. All’inaugurazione era presente anche il presidente della Repubblica, insieme al sindaco di Belene, a rappresentanti di vari partiti politici, ex-prigioneri politici. Il nunzio ha ricordato che Giovanni Paolo II “ha visitato la Bulgaria nel 2002, ha beatificato a Roma nel 1998 il vescovo Eugenio Bossilkov e i tre sacerdoti Pavel, Kamen, Josafat a Plovdiv nel 2002. Questi tre eventi lo hanno legato per sempre con i bulgari”. Monsignor Pecorari ha raccontato di aver avuto la fortuna di collaborare con papa Wojtyła e di aver conosciuto bene le sue idee ed anche il desiderio del papa, già nel lontano 1992, di venire in Bulgaria per beatificare i quattro martiri.
Il nunzio ha concluso: “Non posso tacere quello che san Giovanni Paolo II ha compiuto fin da giovane per opporsi ai totalitarismi che hanno insanguinato l’Europa nel XX secolo. Egli sognava, e lo diceva continuamente nei suoi discorsi, soprattutto prima del 1989, un continente europeo unico. Affermava che l’Europa avrebbe dovuto respirare con due polmoni, ugualmente importanti e necessari, fondati sulle comuni radici cristiane”.
Il capo dello stato Plevneliev ha espresso la sua gratitudine e gioia di poter partecipare all’inaugurazione del monumento a Giovanni Paolo II, nel giorno in cui “facciamo memoria dei martiri che hanno sacrificato la propria vita negli oscuri tempi dello stato totalitario”. Il presidente ha sottolineato che nella città natale del beato Eugenio, a distanza di pochi metri dal carcere più terribile del potere repressivo bulgaro, il monumento a Giovanni Paolo II sarà un simbolo eterno della fede e del bene.
Dopo l’inaugurazione, il carcere di Belene ha ospitato il primo storico incontro organizzato dal clero bulgaro sul passato comunista, un convegno dedicato alla memoria e alla riconciliazione della nazione, intitolato Testimoni della fede durante il regime comunista, al quale hanno partecipato il presidente della Repubblica, il sindaco di Belene, il direttore del carcere, il vescovo di Sofia Hristo, un pastore metodista, un sacerdote ortodosso, e il parroco di Belene Cortesi. In pratica il convegno ha significato la caduta del muro dell’odio e della vendetta: ormai anche il popolo bulgaro ha superato i sospetti e il desiderio di vendetta contro il passato regime.
Momento più toccante della giornata, la visita privata del presidente della Repubblica all’isola della morte, una piccola striscia di terra in mezzo al Danubio; qui sorgevano le carceri dove furono imprigionati migliaia di civili, politici, esponenti del mondo della cultura, sacerdoti e anche vescovi ostili al comunismo. In mezzo all’isola gli scheletri dei numerosi edifici ricordano ancora quello che fu il più grande e terribile campo di concentramento in Bulgaria.
La giornata del 15 novembre, fredda e grigia, sembrava rimandare alle tetre giornate vissute dai prigionieri politici da queste parti. Invece la presenza di migliaia di persone (tra cui numerosi giovani) accorse a celebrare la memoria dei martiri, ha dimostrato che dopo 25 anni si può superare il momento della divisione e dei muri se si cammina e si costruisce insieme. Proprio come ha auspicato il capo dello stato: “La lezione più importante del passato comunista da ricordare sempre è: una società stabile va costruita solo sulle solide fondamenta delle comunità locali, che non possono esistere senza la fede e la memoria”.
Intervista al presidente della Repubblica
Sono passati 25 anni dalla caduta del muro di Berlino, quindi dalla fine del comunismo, alla quale ha dato un grande contributo papa Giovanni Paolo II. Cosa significa per la Bulgaria inaugurare oggi un monumento alla sua memoria?
È un giorno storico in cui tutti insieme diverse religioni e comunità festeggiamo, ci inchiniamo davanti al santo padre. Ci ha dato coraggio nei tempi difficili, ci ha insegnato ad amare chi è differrente, lui ci indica il cammino verso la libertà. Ci rallegriamo che sia il primo monumento e ci auguriamo che non sia l’ultimo per questo papa.
In uno dei suoi discorsi oggi ha chiesto con forza ai bulgari e a tutte le fedi religiose di creare comunità tolleranti e non fare isole di divisione, come questa isola della morte. Cosa significa questo per la sua nazione, anche in vista della piena integrazione nell’Unione Europea?
Oggi ci troviamo proprio qui su un’isola con un passato terribile. Su questa isola è stata annientata l’élite politica e culturale della Bulgaria nei primi anni del comunismo: ex primi ministri, deputati, sacerdoti, parlamentari hanno trovato qui la loro tragica vicenda. Proprio qui su questa isola sentiamo l’urgenza di sentirci uniti, di sentirci comunità. I comunisti dividevano, manipolavano la verità per dividere. Ma la storia ci ha mostrato che la giustizia si fonda sulla libertà. Oggi sono qui come capo dello stato con una specifica intenzione: la verità unisce, la verità non si può tener nascosta né gettare via, puoi essere anche il più potente della terra, ma non potrai mai nasconderla. Il popolo bulgaro è buono e saggio, sa cosa è successo. Non lasceremo che accadano mai più queste cose.
Intervista al vescovo di Sofia
A 25 anni dalla fine del comunismo il cammino della chiesa bulgara a che punto è?
C’è un risveglio, abbiamo nuove vocazioni, abbiamo avuto la restituzione di molti beni, abbiamo una base per lavorare. Ora dobbiamo concentrare tutte le nostre forze sulla pastorale, con particolare attenzione ai più piccoli e ai giovani e alla famiglia.
Le periferie di cui parla papa Francesco ci sono anche in Bulgaria?
Purtroppo in Bulgaria le periferie sono anche nel centro delle città e dei paesi, da anni viviamo in una crisi economica profonda, ci sono tanti bisognosi. Peccato che la chiesa non abbia abbastanza mezzi finanziari in Bulgaria, però facciamo tutto il possibile, anche le nostre Caritas lavorano bene.
Intervista al parroco padre Paolo Cortesi
Il 15 novembre a Belene è accaduto un miracolo…
Prima del 15 novembre molti non ci credevano, tanti pensavano a uno scherzo, altri ci hanno etichettato come sognatori… Dopo quella giornata, resta la gioia di un popolo che è stato protagonista di un miracolo: per la prima volta, dopo 25 anni dal crollo del muro di Berlino e della cortina di ferro, dopo 25 anni di vergogna e paura, di silenzio e dimenticanza, di divisioni e ritorsioni, il popolo bulgaro si è riunito a Belene, riconciliato e sereno, anzi, festoso e gioioso, per festeggiare i propri martiri. Un miracolo che ha fatto molto rumore sulle televisioni e la stampa.
Il significato principale di questo giorno della memoria
Oggi abbiamo voluto ricordare tutti i martiri bulgari, non solo i nostri cattolici, ma anche quelli ortodossi, protestanti e di altre religioni. Oggi ci siamo radunati qui a condividere e parlare di tutte queste cose. In Bulgaria, dal 1949 al 1989 ci sono stati 80 campi di concentramento e quello di Belene era il principale. Certo, non erano campi di sterminio, tuttavia vi sono morti centinaia di prigionieri, prevalentemente per stenti, malattie, mancanza di cibo.
Un presidente della Repubblica a Belene non si era mai visto
Sì, ed è stato un grande onore per tutti noi. E lui ci ha dato grande coraggio. Negli ultimi giorni il presidente ci ha invitato molte volte a non dire mezze verità. La cosa più importante è di non aver paura e vergogna a guardare queste ferite del passato del popolo bulgaro. Perché questa ferita non deve essere nascosta, ma si deve curare.
E le iniziative future?
Siamo impegnati a costruire il memoriale delle vittime del comunismo e speriamo che possa nascere proprio qui a Belene nell’ex isola della morte, dentro gli edifici che ospitarono gli internati per 40 anni.