GABRIELE PARLA A DUE RAGAZZI

By Nandino Di Eugenio
Pubblicato il 17 Gennaio 2022

Negli ultimi tempi della vita, quando la tisi gli sta asciugando le deboli energie, Gabriele per respirare aria pura e balsamica e per trovare “sollievo favellando” ha il permesso, anzi la raccomandazione del direttore padre Norberto Cassinelli, di uscire a passeggio a suo piacimento nel giardino e nell’orto del convento. Quasi impossibilitato ad alzare i piedi da terra, Gabriele è costretto ad uno stanco ciabattare. Trascinare il corpo, anche se ormai gracile gracile, per lui è una impresa faticosa e quasi proibitiva.

Del vivace Checchino che correva a perdifiato per le vie di Spoleto (PG) e il vicino bosco di Monteluco, restano solo la innocente trasparenza dell’anima, l’abituale sorriso, la gioia nel cuore e la capacità di meravigliarsi scoprendo la presenza di Dio in ogni soffio di vita come in quel fiore che vede sbocciare o in quel passerotto che gli vola vicino fin quasi a sfiorarlo. Gabriele approfitta del privilegio che gli è stato concesso, per appagare il suo desiderio di fare del bene parlando del Signore e di Maria santissima. Le occasioni non gli mancano. Simpatici i suoi incontri con Saverio Tortella e Sabatino Paris, due ragazzi che incontra frequentemente.

Saverio ogni mattina porta al pascolo il piccolo gregge della comunità. Gabriele lo accompagna per un breve tratto, poi separandosi da lui gli raccomanda di recitare spesso durante la giornata l’Ave Maria e di pensare alla Madonna, la sua mamma che lo protegge dal cielo. Al tramonto Gabriele è di nuovo lì ad attenderlo per sapere quante volte ha invocato la Madonna. Si illumina di beatitudine solo quando Saverio gli dice che ha pregato quasi tutta la giornata.

Saverio, non dimenticherà mai più Gabriele. Assisterà commosso anche ai suoi funerali e nel 1896, dopo 34 anni, sarà chiamato a testimoniare ai processi per la sua beatificazione. “Io, dirà Saverio, nutro speciale affetto e devozione verso questo venerabile servo di Dio perché essendoci stato in immediato contatto era per me noto il genere di vita che menava e le virtù che in modo speciale risplendevano in lui tanto che alla sua morte non esitai a dire al padre maestro che se non era santo lui, i santi non si sarebbero trovati… Io più volte l’anno, sono solito andare a visitare la tomba di Gabriele, attrattovi dalla devozione, e sempre ho trovato gran concorso di gente che si reca ivi ogni giorno in pellegrinaggio, gente di ogni età e condizione, civile ed intelligente. Il concorso è andato sempre crescendo e solo la rigidezza dell’inverno ha potuto qualche volta diminuirlo. L’opinione generale è che il servo di Dio sia veramente santo perché è ormai generalmente conosciuta la sua vita per le innumerevoli grazie e miracoli che tutti i giorni avvengono sulla sua tomba”.

A Sabatino, ragazzo dodicenne di carattere molto timido, incontrato la prima volta nel giardino del convento, Gabriele già malato gli domanda il nome poi gli dice dolcemente: “Sabatino, quando la mattina ti alzi dì un’Ave Maria alla Madonna”. In seguito Gabriele e Sabatino si incontreranno spesso e Gabriele in un incontro gli dirà: “Sabatino, tu devi dire ogni giorno un’ave Maria alla Madonna, e poi io ti porterò un bel pezzo di pane”. Il fanciullo un giorno non rispetta i patti e gli dice una bugia. Gabriele “facendogli una carezza”, lo ammonisce con affetto: “Il pane te l’ho dato, ma l’Ave Maria non l’hai recitata”. Anche dopo molto tempo, Sabatino racconterà il fatto parlando con gli amici nella piazza di Cerchiara, suo vicino paese, e commenterà ancora stupito: “Il fraticello doveva essere santo, altrimenti come faceva a sapere che proprio quel giorno non avevo detto l’Ave Maria?”.

Sabatino conserverà il ricordo di Gabriele per tutta la vita. Nella tarda vecchiaia, vedendo la morte ormai vicina e impossibilitato a camminare a causa della malattia, sia pure su una sedia, vorrà essere portato a pregare sulla tomba di Gabriele. Qui ricorderà commosso l’amabile rimprovero del santo, sentirà la mano di Gabriele ancora dolcemente posata sul suo capo, e non resisterà alla gran voglia di piangere. Tra lacrime e singhiozzi dice a tutti i numerosi presenti: “Quando Gabrieletto era vivo venne a visitarmi a casa mia. Una volta mi disse: Il pane te l’ho dato, ma l’Ave Maria non l’hai recitata”. E tutti i presenti si uniscono al suo pianto di commozione, al suo affettuoso ringraziamento e alla sua fervorosa preghiera a Gabriele.

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