FALSI POVERI O FALSI RICCHI?

L’Italia della denuncia dei redditi
By Antonio Andreucci
Pubblicato il 31 Maggio 2018

Due facce del nostro paese: la provincia più ricca è quella di Milano, con 51.600 euro per abitante; quella più povera è il Medio Campidano, in Sardegna, con 14.600 euro. Un paese in miseria? Agenzia delle Entrate e Guardia di Finanza hanno molti dubbi…

Se ritenete che il vostro reddito sia basso, niente paura: trasferitevi a Lajatico. Trattasi di un ameno paesino di poco più di mille anime, adagiato sulla collina pisana, la cui maggior attrattiva è il Teatro del Silenzio, ricavato in un pezzo di collina. Andando in questo comune della Valdera, il vostro reddito aumenterà. Già, perché, in base ai dati resi noti recentemente dal dipartimento delle Finanze del Tesoro, Lajatico è il comune più ricco d’Italia, con un reddito imponibile pro capite di 45.393 euro, ben 25.893 oltre la media nazionale. Ovviamente, quella cifra rappresenta una media, come quella della famosa Statistica di Trilussa: “…da li conti che se fanno seconno le statistiche d’adesso risulta che te tocca un pollo all’anno: e, se nun entra ne le spese tue, t’entra ne la statistica lo stesso perché c’e’ un antro che ne magna due”.Così i buoni laiatichini, anche se quel reddito non ce l’anno, sono contenti lo stesso. Ma cos’è che li fa così ricchi? Ad alzare la media è Andrea Bocelli, tra i dieci cantanti più pagati del mondo, il quale secondo People With Money fatturerebbe una settantina di milioni di euro. Ecco spiegato il marchingegno!

La realtà, è ben diversa, purtroppo, come ben sanno i milioni di italiani alle prese con il fatidico 740. Gli stessi dati mostrano come l’Italia sia ancora un paese con due facce: il Nord e parte del centro compete con le altre europee più avanzate; il Sud e le isole si collocano appena sopra le zone più depresse della Ue che si trovano nel profondo Est, come Bulgaria, Romania, Croazia, Paesi baltici, parti della Polonia e della Grecia. Un ritardo che è in parte comprensibile per quegli stati che si sono affacciati all’economia di mercato solo dopo il crollo del muro di Berlino, mentre lo è molto meno per il nostro meridione che ha praticamente sprecato decenni di investimenti e risorse dell’Unione Europea. Una differenza che si riscontra anche a livello comunitario: l’area più ricca è la City di Londra, con un Pil pro capite che supera i 360 mila euro annui; quella più povera è invece una provincia bulgara, che supera di poco i 6.500 euro. In Italia, la provincia più ricca è quella di Milano, con 51.600 euro per abitante; la più povera è il Medio Campidano, in Sardegna, con 14.600 euro. Per fare qualche altro esempio, province come quella di Napoli (e, in genere, di tutta la Campania) sono ormai state superate da nazioni fino a pochi decenni fa molto più povere, come la Polonia. Le regioni in cui si guadagna di più sono Lombardia, Emilia Romagna e Lazio, mentre quelle più ‘povere’ sono Basilicata, Molise e Calabria. Nell’ultimo anno il reddito medio è cresciuto in maniera maggiore in Trentino Alto Adige (+306), Veneto (+257) e Marche (+219).

I dati del Mef (Ministero dell’economia e delle finanze) relativi all’ultima dichiarazione dei redditi, evidenziano che in Italia il reddito imponibile pro capite è di circa 19.500 euro, in crescita dello 0,7 per cento rispetto al 2015. Al di sotto di questa soglia vi sono categorie professionali o commerciali uguali o al di sotto di quelli dei dipendenti e di alcune tipologie di pensionati. Una sensazione che genera sconcerto se guardiamo al tenore di vita, decisamente più elevato, di certi signori che viaggiano in auto di lusso, hanno ville o appartamenti eleganti e, magari, godono dell’esenzione del ticket sanitario. Un dubbio che evidentemente hanno anche l’Agenzia delle Entrate e la Guardia di Finanza se è vero che ogni anno verificano la situazione di circa 200.000 contribuenti. Distat (la Federazione indipendente di associazioni e di sindacati operanti nel pubblico impiego dei dirigenti e relativi pensionati) si è presa la briga di studiare il fenomeno (vedi box) ed è rimasta più sconcertata di noi, ricordando che vi sono almeno 2,5 milioni di evasori totali: “Ci si ostina a controllare le denunce di cittadini a reddito fisso compresi i pensionati – sostiene – permettendo così, con un lavoro non mirato e pressoché inutile, un’evasione di tale portata”. In Italia, ricorda la federazione, il personale degli organismi finanziari è di 90 mila unità, appena 10 mila in meno degli Stati Uniti, il cui Pil è dieci volte maggiore del nostro. Da noi, il 24 per cento dei contribuenti denuncia sino a 20.000 euro all’anno (dati del Mef); il 75 per cento denuncia redditi che sono assoggettati ad aliquota del 15 per cento (dato dell’ordine dei dottori commercialisti e contabili di Roma); il restante 5 per cento, con reddito superiore a 50.000 euro annuo, versa una Irpef (comprese addizionali varie) pari al 54 per cento dei 172 miliardi di euro (Irpef totale incassata). La stessa federazione ritiene che l’Italia sia campione d’Europa per l’evasione dell’Iva” (231 miliardi in 4 anni); le 254 mila macchinette mangiasolidi evadono 6 miliardi, moltissime, appartenenti alle più grandi case, chiudono in perdita pur finanziando fondazioni “politiche”; i Compra oro e argento non verserebbero 7 miliardi, mentre il 7 per cento degli italiani non ha l’assicurazione RC auto e l’ Irpef la pagano solo 335 mila dei 7 milioni di lavoratori autonomi (pari al 6,75% dei lavoratori autonomi). Che dire? Siamo davvero dei poveracci? Mah!

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