EMERGENZA SEPARATI
La situazione è tragica: quasi la metà non ha un lavoro e quelli che ce l’hanno non possono permettersi nemmeno una casa perché lo stipendio non basta. In Italia ci sono alcune associazioni che si occupano di loro e alcuni comuni hanno aperto delle case famiglia per sostenere questi papà sull’orlo della miseria Arrivano a dormire in macchina, perché non possono permettersi nemmeno un monolocale in affitto. Non hanno i soldi per comprare i beni di prima necessità, soffrono di disturbi psicosomatici e perdono il rapporto con i loro figli. I genitori separati, da qualche anno, sono entrati nel rapporto della Caritas sulle povertà e l’esclusione sociale: rappresentano una nuova fragilità, che ogni anno aumentano per numero e per bisogni.
La Caritas italiana, nello stilare l’annuale rapporto sulle povertà, ha dedicato una parte dello studio proprio ai genitori separati utenti dei consultori familiari e dei servizi Caritas. Tra i separati e divorziati che si sono rivolti al circuito ecclesiale, l’85,3% è di nazionalità italiana, per lo più donne (53,5% contro il 46,5% di uomini) e fa parte della fascia di età considerata “centrale”, ovvero 45-54 anni e dei “giovani adulti” (35-44 anni). Le motivazioni che spingono a rivolgersi ai centri di accoglienza sono diverse: difficoltà economiche (21,7%), disagio abitativo (15%), impossibilità di accedere ai beni di prima necessità, quindi cibo e vestiario (12,1%), bisogno di ascolto (13,1%) e assistenza psicologica (12,3%). Si tratta di persone che per il 34% vive uno stato di separazione da meno di un anno, il 20% da meno di due anni, il 20,2% dai due ai cinque anni, il 25,8% da oltre cinque anni.
Il più alto disagio intercettato è quello occupazionale, quasi la metà degli intervistati cerca un lavoro e questo rappresenta l’elemento che maggiormente condiziona la situazione post separazione. La sociologia che ampiamente ha dedicato spazio alle conseguenze economiche della rottura ha dimostrato che l’impatto maggiormente negativo si riscontra in coloro che risultano più fragili a livello occupazionale. Le donne risultano in situazioni di svantaggio perché collocate in posizioni di subalternità occupazionale.
Anche dal punto di vista abitativo, i problemi si riscontrano a tutti i livelli: sia su quello della sistemazione che su quello del grado di affaticamento rispetto agli oneri fissi, come mutuo o affitto, pagamento delle utenze, eccetera. Lo spartiacque della separazione è drammatico per la metà degli intervistati: prima, 43,7% viveva in una casa di proprietà e il 42% in affitto. Dopo, le percentuali crollano al 20,3% e al 26,7%. Pochissimi hanno a disposizione uno spazio in usufrutto, mentre se prima della separazione il 4,8% viveva in coabitazione familiare o con amici, dopo la rottura del rapporto la percentuale sale al 19%. Schizza anche la percentuale di chi si rivolge alle strutture di accoglienza o ai dormitori: dall’1,5 al 18,3%. Nella lista, poi, c’è anche la voce dell’alloggio improprio che passa dallo 0,7% al 5,2%.
Anche la tabella relativa all’accesso ai beni di prima necessità racconta una situazione drammatica. Addirittura, già prima della separazione, il 23,7% degli intervistati ha ammesso di aver avuto difficoltà nell’acquisto di cibo e vestiario. Una difficoltà che ovviamente è aumentata e che porta la percentuale al 66,1%. Otto utenti su dieci della Caritas vivono una situazione di grave deprivazione e fanno ricorso ai centri di distribuzione di beni primari (49,3%), le mense (28,8%) e gli empori o magazzini solidali (12,9%).
Tutto il disagio economico e abitativo ha delle gravi ripercussioni sulla psicologia, già fragile e provata dalla separazione, di queste persone. Il senso di solitudine, di fallimento e di inadeguatezza del ruolo di genitori sono valanghe che travolgono tantissimi utenti, quasi la metà. Anche i disturbi psicosomatici (depressione, insonnia, mal di testa, disturbi gastrici) coinvolgono quasi tutti. Ma il dato che più angoscia è quello della sensazione di aver fallito come genitore. La separazione porta con sé la ridefinizione del ruolo di genitori e del rapporto con i figli ma cambia per uomini e donne. Se le donne devono fronteggiare la quotidianità del rapporto con i figli, gli uomini devono ridefinire il loro essere padri in base a un’assenza nella quotidianità. Il 68% degli ex mariti riscontra una difficoltà dopo la separazione nel rapporto con i figli, tra loro il 58% denuncia un peggioramento nella qualità dei rapporti.
Non è però soltanto la Caritas a offrire sostegno a queste persone. Alcune amministrazioni comunali e associazioni create proprio dai papà in difficoltà, hanno creato strutture ad hoc. È il caso del Comune di Roma che con La casa dei papà offre una struttura d’accoglienza organizzata in due residence che per la prima volta nella capitale accoglie padri separati o che abbiano interrotto la convivenza, temporaneamente in difficoltà socio-economica. Il progetto, realizzato dall’assessorato Politiche sociali, sussidiarietà e salute, dà la possibilità ai papà separati di poter permanere per un periodo massimo di 12 mesi (rinnovabile per altri 12 mesi dopo valutazione congiunta con i servizi sociali) in una struttura a loro dedicata. La struttura può accogliere fino a un totale di 30 papà che potranno incontrare e ospitare i loro figli minori, condividendo con loro momenti quotidiani simili a quelli vissuti in ambito domestico. I papà inseriti nel progetto potranno usufruire di appartamentini con angolo cottura, camera da letto, saloncino con televisore, bagno arredato dotato di lavatrice, oltre a spazi dedicati alle attività ludico ricreative e aree verdi attrezzate. Il progetto prevede l’attivazione di alcune convenzioni, al fine di offrire servizi di natura sanitario-assistenziale, sostegno legale e di orientamento lavorativo, sostegno psicologico e percorsi di mediazione familiare.
Oasi strade aperte è invece la prima struttura in Puglia (e la quinta in Italia) ad accogliere i padri separati. La struttura, a Modugno, è stata donata da una signora che desiderava rendersi utile e creare un luogo per i papà in difficoltà. La struttura offre riparo e sostegno, grazie alla Caritas diocesana e nazionale. “Dopo 6 anni dall’apertura del centro Don Vito Diana – spiega il direttore della Caritas locale, don Vito Piccinonna – abbiamo potuto constatare che circa un terzo del 40% degli ospiti italiani presenti nella struttura, è formato proprio da padri separati. È un dato emergenziale che ci ha scossi e spinti ad agire”.