Basterà questa nuova flessibilità a rilanciare la ripresa dell’occupazione? La speranza è l’ultima a morire Sarà una nuova flessibilità a dare la spinta decisiva alla ripresa dell’occupazione nel nostro paese e nella nostra regione? La speranza c’è, ipotizzando anche che ciò porti a una certa stabilizzazione dei contratti a termine o precari che hanno pullulato in questi ultimi anni. Il contratto a tutele crescenti è il modello contrattuale introdotto dal Jobs Act in caso di nuove assunzioni a tempo indeterminato. Con lo scopo di sfoltire la pletora di contratti di lavoro esistenti la riforma limita le tipologie di contratti individuali introducendo il contratto di lavoro a tempo indeterminato a tutele crescenti. Tale contratto presenta delle peculiarità. Infatti si tratta di un contratto aperto, applicabile a tutti i lavoratori neoassunti a partire dal 1° gennaio 2015, che prevede l’ampliamento delle tutele con l’aumento dell’anzianità di servizio presso la stessa azienda ma al contempo consente l’interruzione del rapporto di lavoro senza possibilità di reintegro, salvi i casi di licenziamento discriminatorio (per motivi ideologici, di sesso, razza, religione, età, handicap, appartenenza ad un sindacato), nullo (per causa di matrimonio, lavoratrici madri), per alcune fattispecie di licenziamento disciplinare (casi in cui viene accertato in giudizio che il fatto contestato non sussiste) e per il licenziamento intimato oralmente.
I datori di lavoro che opteranno per assunzioni a tempo indeterminato a tutele crescenti potranno beneficiare delle agevolazioni fiscali e contributive previste dalla legge di stabilità con lo scopo di aumentare le assunzioni stesse (totale sgravio contributivo inps triennale). Inoltre, se sommando i dipendenti già in forza all’azienda con le nuove assunzioni a tutele crescenti, l’organico dell’impresa supererà la fatidica soglia dei quindici dipendenti, anche nei confronti dei lavoratori già assunti cesserà l’applicazione dell’articolo 18 dello statuto dei lavoratori; in altre parole, quando grazie ai nuovi contratti a tutele crescenti nella stessa impresa troveranno impiego più di quindici lavoratori, in caso di licenziamento, per tutti i dipendenti verrà indistintamente prevista la corresponsione di un indennizzo in luogo della reintegrazione nel posto di lavoro. Pertanto, in caso di licenziamento, il dipendente assunto con contratto indeterminato a tutele crescenti avrà unicamente diritto a un indennizzo la cui corresponsione sarà certa ma variabile in base alla durata del rapporto di lavoro, da un minimo di quattro mensilità a un massimo di ventiquattro, con aumento di due mensilità per ogni anno di servizio presso lo stesso datore di lavoro.
Per i lavoratori già attualmente impiegati, invece, continueranno a valere le regole già esistenti e in particolare le ipotesi di reintegro così come previste dall’articolo 18 salvo che, come già anticipato, il numero dei lavoratori superi le quindici unità in seguito ad assunzioni a tutele crescenti. Nei casi in cui, anche la nuova normativa, preveda per il lavoratore la possibilità di reintegro in seguito al licenziamento (discriminatorio, disciplinare quando il fatto non sussiste, nullo, orale), tuttavia, la tutela rimane reale cosicché il datore di lavoro non potrà sottrarsi all’ordine di reintegrazione e l’eventuale scelta tra reintegrazione sul luogo di lavoro o indennizzo spetterà unicamente al lavoratore. La nuova disciplina in materia di licenziamento prevista per i contratti individuali di lavoro trova applicazione anche per i licenziamenti collettivi qualora stipulati a tempo indeterminato a tutele crescenti.
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