DRAGHI ALLA PROVA

By Nicola Guiso
Pubblicato il 31 Maggio 2021

Il valore e i costi, etici e finanziari, del “Piano nazionale di ripresa e resilienza” (Pnrr) per far fronte ai drammatici problemi dell’Italia, nel contesto di quelli dell’Europa, predisposto da Draghi e approvato dal Parlamento, sono stati sottolineati dal presidente del Consiglio ricordando questa affermazione di De Gasperi nel 1943 sul fattore indispensabile per risanare gli spaventosi danni della guerra: “L’opera di rinnovamento fallirà se in tutte le categorie, in tutti i centri non sorgeranno degli uomini disinteressati, pronti a faticare e a sacrificarsi per il bene comune”. A sostegno di questi uomini auspicato anche da Draghi il Pnrr prevede risorse per oltre 221,1 miliardi finanziati soprattutto dall’Unione Europea, il 40 per cento dei quali destinato al Sud. Il Pnrr si articola in sei parti: – Digitalizzazione, Innovazione, Competitività e Cultura, per 40,73 miliardi; – Rivoluzione verde e Transazione ecologica, 59,33 miliardi; – Infrastrutture per mobilità sostenibile (ferrovie, strade, porti) 23,3 miliardi; – Inclusione sociale 19,81 miliardi; – Istruzione e ricerca 30,88 miliardi; – Salute 15,63 miliardi.

Oltre a questi obiettivi il Pnrr ne prevede tre trasversali a ciascuno di essi: Giovani, Donne, Sud. Mentre però il presidente Draghi avviava questo impegnativo disegno di governo si è scatenato, con effetti per ora imprevedibili l’uragano, da tempo incombente, della crisi della magistratura; nella sua espressione istituzionale, il Consiglio superiore della magistratura (Csm), e nell’organismo associativo dei suoi membri, l’Associazione nazionale magistrati (Anm). L’articolazione delle due crisi (che certamente pesano sul governo, nei fatti e nei soggetti coinvolti, magistrati, politici, funzionari, esperti, organismi, veri in tutto o in parte falsi, come la così detta “Loggia Ungheria”) è tale che richiederebbe volumi per essere descritta. Mi sembra pertanto opportuno riportare su alcune componenti essenziali delle crisi i giudizi di due personalità di grande esperienza e prestigio. Per l’ex procuratore generale di Venezia Carlo Nordio “occorre dire basta con i pubblici ministeri che aprono inchieste senza prove né testimoni seri”. Ambizioni, liti e politica “stanno inoltre uccidendo la magistratura. (…) Non cambierà nulla se innanzitutto non si sorteggeranno i membri del Csm”. Altrettanto chiaro su altri punti della crisi Sabino Cassese, già giudice costituzionale e autorevole cultore del diritto. Anzitutto, dice, “alle radici della crisi vi è la durata dei processi (…) Negli Stati Uniti si percorrono i diversi gradi in un anno. In Italia questa durata va moltiplicata per tre o per sette” Altro punto di crisi per Cassese è il rapporto di molti magistrati con l’informazione. “Si iniziano indagini, che dureranno anni, con grande clamore, e che si concludono con nulla di fatto. Ma intanto l’indagato è stato condannato nell’opinione pubblica per i modi con i quali il caso era stato trattato dall’informazione orientata”. Sono temi che sarebbero al centro di iniziative che la ministra Cartabia starebbe per sottoporre al Parlamento. Mentre radicali e Lega sulla crisi della giustizia sembrano decisi a chiedere un referendum, naturalmente “abrogativo”. Questione sulla quale Draghi è deciso ad agire con determinazione ma pari senso dei valori umani in gioco, è la valanga di migranti che da Libia e Tunisia si dirige verso l’Italia.

Quanto ai partiti, nel centro-destra, FI sembra in lenta ripresa, mentre tensioni si registrano tra Lega e Fratelli d’Italia in vista delle elezioni di autunno. Che vedono però tutti i partiti in particolare nei grandi centri, in difficoltà per le candidature di molti sindaci. Nel centro-sinistra, invece, crescono le tensioni nel M5s per la rottura con Casaleggio e le iniziative – ancora poco chiare – di Conte quale erede delle passioni e delle ambiguità nei rapporti con Grillo, che hanno dato vita al Movimento, ai suoi successi e alla sue sconfitte. Mentre Letta, verificherà come non sia facile ridare forza operativa al partito con vecchie formule organizzative nelle realtà nuove, dell’Italia e dell’Europa. Tale, infatti, a me sembra, la sua proposta di dare forza in esse al Pd con 500 mila iscritti.

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