COLLOQUIO INTIMO e FAMILIARE

Atanasio Morganti
By Nandino Di Eugenio
Pubblicato il 1 Febbraio 2016

Padre Atanasio Morganti morì ricco di anni e soprattutto di virtù. La sua morte fu invidiabile. Se ne andò regalando ai confratelli che lo assistevano un ultimo sorriso. I presenti si dissero: “Guarda come ci sorride sereno, muore da santo”. Atanasio era vissuto con il desiderio struggente di Dio; ora i suoi occhi si aprivano finalmente alla contemplazione del suo volto.

Atanasio nasce a Villa Basilica (Lucca) il 28 febbraio 1815. Nel 1829 entra nel seminario diocesano di Lucca. Riservato e mite, si attira l’affetto di superiori e compagni. Ma sentendosi chiamato a una vita più austera e raccolta, decide di entrare tra i passionisti che per vocazione si nutrono di silenzio, solitudine e preghiera. Nel 1832 lascia quindi il seminario; i compagni lo salutano con affetto e se ne separano tristi; i superiori sono convinti di donare ai passionisti il loro seminarista migliore.

Il 16 ottobre 1832 il giovane arriva nel convento dell’An-gelo di Ponte a Moriano (Lucca); i passionisti vi sono presenti appena da due anni, ma già riscuotono stima dal popolo e dal clero per la vita edificante e lo zelo apostolico. Atanasio inizia il noviziato deciso a essere passionista secondo il cuore di Dio e lo spirito del santo fondatore Paolo della Croce. Docile, compie con gioia quanto gli viene insegnato. Nel nuovo ambiente si sente pienamente appagato. Il 31 ottobre 1833 emette la professione religiosa e il 14 aprile 1838 viene ordinato sacerdote.

La vita di Atanasio non registra grandi opere esteriori ma è piena di quella bontà che lo rende gradito a Dio e caro ai confratelli. La sofferenza riduce di molto la sua attività; alcune malattie non bene diagnosticate e quindi curate senza alcun risultato, lo tormentano a lungo. Riesce a venirne fuori alla soglia dei cinquant’anni. Per questo può dedicarsi unicamente a piccoli ministeri. Non ricopre posti di responsabilità; solo per breve tempo è maestro e vicemaestro dei novizi e vicesuperiore.

Atanasio vive abitualmente in convento dove la sua presenza è preziosa e benedetta, tanto che i superiori fanno a gara per averlo nella propria comunità. Sempre disponibile all’obbedienza, accetta volentieri i frequenti trasferimenti in vari conventi. Riservato, la sua presenza si nota per il silenzio, il distacco da ogni curiosità, il singolare amore al raccoglimento. Diventa però sorprendentemente loquace quando parla di Dio; e lo fa con naturalezza e attraente soavità. Il beato Bernardo Silvestrelli, dice: “Atanasio ha una grazia particolare per parlare di Dio”.

Nella celebrazione eucaristica, anche in tarda età e malandato, sembra tornare giovane per la proprietà dei movimenti e la luminosità del volto. Dicono: “Questo vecchio sull’altare non è più lui”. Il mistero celebrato si schiude davanti a lui e si rivela in tutta la sua bellezza; Atanasio lo contempla come rapito in estasi. Ama la povertà, ha il gusto del bello, vive la vocazione con fedeltà.

Trasferito a Morrovalle, vi arriva il 31 dicembre 1857 e vi trova anche Gabriele. Chiamato in seguito a testimoniare nei processi canonici per la sua beatificazione, afferma di averlo ammirato per l’ottimo comportamento e di averne sentito parlare sempre con venerazione. Ricorda inoltre un fatto di cui è stato protagonista diretto. Gabriele il 19 giugno 1858,vigilia del suo trasferimento a Pievetorina (Macerata), va a salutare lo zio padre Gianbattista Frisciotti, fratello della mamma e superiore dei cappuccini a Morrovalle. Secondo la prassi del tempo, quando gli studenti uscivano dal convento, andavano sempre con un sacerdote. Atanasio, che accompagna Gabriele, dice: “Nel buon tratto di strada che corre fra il nostro convento e quello dei cappuccini vi fu tra noi un discorso intimo e familiare. Da esso mi confermai nel buon concetto che già avevo di lui per il esempio che aveva dato in tutti gli atti della comunità”.

Atanasio rilascia questa testimonianza nell’aprile del 1893, dopo 35 anni dall’episodio; morirà quasi ottantenne ai Santi Giovanni e Paolo in Roma il 9 aprile dell’anno seguente. Nel corso degli anni aveva gelosamente custodito l’affettuoso ricordo di Gabriele. E Gabriele non si era dimenticato di lui; gli sarà stato vicino nel passaggio dalla terra al cielo. Il santo non poteva dimenticare Atanasio al quale un giorno, in un colloquio intimo e familiare, aveva aperto il proprio cuore; parlandogli di sé con giovanile candore, lo aveva lasciato meravigliato e stupito. (12)   p.dieugenio@virgilio.it

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