APP…untamento con il DIABETE

gazie a un’applicazione scaricabile gratuitamente dal Play Store per smartphone Android, è possibile memorizzare tutte le informazioni relative alle gestione del diabete. Le fotografie degli alimenti, in varie porzioni, consentono di memorizzare la propria alimentazione ricevendo subito tutte le indicazioni sui valori nutrizionali dei vari pasti e il calcolo dei carboidrati

Indispensabile per la vita ma nello stesso tempo altamente pericoloso. Non è una domanda per gli amanti delle parole crociate… No, i cruciverba non c’entrano, è semplicemente la descrizione, in estrema sintesi, dell’amico/nemico zucchero che è legato al diabete, una patologia cronica in grande aumento in tutto il pianeta terra. Un vero e proprio problema di salute pubblica che, come spesso accade, si trascina dietro un pesante fardello sociale ed economico. Negli ultimi trent’anni, tanto per restare nei confini del Belpaese, la diffusione del diabete risulta quasi raddoppiata, considerando, tra l’altro, che parliamo di un fenomeno sottostimato. Infatti per ogni tre persone con diabete noto – ci ricorda l’Istat – ce n’è una che non sa di averlo, mentre per una persona con diabete noto ce n’è almeno una ad alto rischio di svilupparlo…

Insomma, cifre e studi tratteggiano l’identikit di un problema complesso, il cui controllo rappresenta una sfida non da poco per il nostro sistema sanitario. Soprattutto nell’ambito dell’identificazione di politiche di prevenzione più adatte, degli schemi di cura, delle pratiche assistenziali e della conseguente qualità di vita. Anche in questo caso basta un dato per farci capire che c’è poco da scherzare: il diabete è la prima causa di malattie cardiovascolari, renali, degli occhi e degli arti inferiori. Sarebbe importante, allora, creare un movimento unitario che, attraverso politiche e soluzioni condivise, stimoli l’intera comunità internazionale nella ricerca di risposte concrete e non più rinviabili.

In questa direzione un grande contributo lo ha fornito e lo fornisce il professor Giacomo Vespasiani, vero e proprio luminare nel campo della diabetologia. Una vita dedicata, con amore e passione, non solo alla clinica ma anche alla traduzione informatica della necessità di cura del diabete. Medico, primario, docente universitario, creatore della prima rete informatica italiana tra tutti i centri di diabetologia delle Marche dove, nel 2004, viene nominato responsabile del progetto assistenziale di Dipartimento diabetologico elettronico. Un anno prima Vespasiani aveva assunto la prestigiosa carica di presidente nazionale dell’Associazione medici diabetologi italiana. Insomma, un curriculum di assoluto pregio dove, tra i tanti e prestigiosi traguardi conseguiti, fanno bella mostra i suoi brevetti riguardanti sistemi software di Telemedicina e calcolo della dose insulinica automatizzati, da usarsi su telefoni cellulari. Il tutto, udite udite, già prima dell’avvento dello smartphone.

Parliamo, dunque, di un pioniere della cosiddetta Telemedicina, ossia l’insieme di tecniche mediche e informatiche che permettono la cura di un paziente a distanza. Un segmento dalle potenzialità incredibili di cui da tempo si sente parlare ma che di fatto, ahinoi, assomiglia tanto al mitologico uccello di fuoco: “Come l’araba fenice, che vi sia ciascun lo dice, dove sia nessun lo sa…”. E pure Giacomo Vespasiani ci ha sempre creduto, lavorandoci nei ritagli di tempo perché all’epoca, nel lontano 1980, non era riconosciuta come un’attività ospedaliera. Cosa che avvenne successivamente grazie alla lungimiranza dell’ospedale di San Benedetto del Tronto che gli concesse l’opportunità di occuparsi di Telemedicina, classificando l’attività come un obiettivo.

Da quel momento tutte le sue esperienze nel mondo della informatica medica sono state tradotte in una attività industriale innovativa di successo, basata su tre distinte sedi in Italia, che distribuisce la sua cartella informatizzata a 1.100 ambulatori e reparti di diabetologia su tutto il territorio nazionale. La società informatica oggi ha raggiunto un livello di specializzazione medico/informatico riconosciuto anche all’estero, come testimoniato dalle collaborazioni internazionali con grandi multinazionali e dalle realizzazioni informatiche ampiamente distribuite all’estero (diverse nazioni europee, oltre a Cina, Qatar e Algeria).

L’ultimo lavoro riguarda la pubblicazione di un sistema integrato di gestione elettronica delle malattie croniche che oggi rappresentano la maggior parte delle malattie curate nel nostro sistema sanitario nazionale, e che necessitano, come il diabete, della informatizzazione.

Cos’altro occorre, allora, per far visita al professore-manager Vespasiani? Nulla. Eccoci, infatti, a San Benedetto del Tronto, nelle Marche, precisamente nella sede di Meteda, di cui è cofondatore e direttore scientifico. Una società per soluzioni software e hardware innovative e tecnologicamente avanzate per il diabete e la nutrizione.

Professor Vespasiani quando si parla di Telemedicina cosa s’intende?

La ringrazio per la domanda, assolutamente pertinente, che mi consente di fare un po’ di chiarezza su una parola che spesso viene citata a sproposito… Io parlo di telemedicina da vent’anni e la mission è fornire la stessa prestazione come se si avesse davanti il paziente. Tutto questo, ovviamente, taglia fuori la telemedicina fasulla, quella cioè rappresentata esclusivamente dalla trasmissione del semplice dato e che si chiama, invece, telemetria…

Quali sono le “armi vincenti” nella lotta al diabete?

Innanzitutto la continuità assistenziale personalizzata e quindi una migliore qualità di vita senza doversi muoversi di casa… Per quanto concerne invece l’aspetto organizzativo, senza dubbio la telemedicina sarà una salvezza economica per la sanità italiana. Parlando del diabete, infatti, riesce a svolgere a distanza la gran parte dei compiti e del lavoro che si fa direttamente con il paziente. Tenga presente che oggi la crescita del diabete è molto evidente, specialmente nei paesi in via di sviluppo, e nel nostro paese assorbe oltre il 10% della spesa sanitaria. Inoltre nel diabetico ci sono degli aspetti routinari, come ad esempio il controllo della glicemia, e altri differenti come il controllo delle complicanze.

Due mondi, però, strettamente collegati…

Proprio così… La vera malattia del diabetico, infatti, è la complicanza che compare se non si tiene sotto controllo la glicemia.

In cosa consiste la cartella clinica informatizzata diabetologica?

È la base di atterraggio delle informazioni. Quando il paziente, da casa, raccoglie la glicemia e la manda insieme alle altre informazioni, il medico le elabora tenendo conto anche il quadro clinico generale del paziente. Dunque paradossalmente nella cura dovrò dare meno aggressività al paziente che ha un quadro clinico complicato rispetto a quello che sta meglio. Quando un paziente ha una complicanza la larghezza delle maglie del controllo della glicemia si deve allargare perché, purtroppo, si rischia di abbassarla troppo. E se è vero che la complicanza della glicemia alta avviene nell’arco di circa dieci anni, i danni dell’abbassamento, invece, sono immediati visto che si parla di mancato nutrimento al cervello che corrisponde alla mancata ossigenazione.

A proposito di complicanze, è più allarmante una glicemia alle stelle oppure molto bassa?

Se parliamo di rischio immediato sicuramente quella bassa. Come dicevo, infatti, mancherebbe il carburante al cervello che funziona, appunto, con lo zucchero e l’ossigeno.

Cosa bisogna fare se si ha un abbassamento della glicemia (ipoglicemia)?

Basta mettere in bocca dello zucchero, due – tre zollette o due tre bustine… È una delle medicine naturali più efficaci. Parlo però di zucchero assoluto e non di biscotti, cioccolato, tazza di latte, eccetera…

Perché?

Perché, oltre allo zucchero, gli alimenti elencati contengono anche le proteine e i grassi che di fatto rallentano di circa 15 minuti l’assorbimento. E invece in quel momento c’è bisogno di tempestività essendoci un rischio di danno celebrale. Se conosci il problema la cura è banale: metti lo zucchero in bocca e anche se hai problemi a ingoiarlo nell’arco di cinque minuti si risolve tutto.

E se non si ha neanche lo zucchero?

In quel caso il corpo se lo va a trovare… L’organismo mette in azione 5/6 ormoni per prendere lo zucchero dai grassi, dalle proteine, dalle ossa… In un quarto d’ora trova lo zucchero ovunque e lo riporta al cervello. Infatti molto spesso dopo una crisi ipoglicemica, anche senza mangiare, il paziente va incontro a una iperglicemia in quanto l’organismo per salvarsi utilizza tutti i mezzi a disposizione…

Quali sono i valori di riferimento nella crisi ipoglicemica?

Sotto a 40 si perde conoscenza, sotto 60 si hanno alcuni sintomi e sotto 70 altri. Quello di cui parlo è una crisi sotto i 40/50 che intacca il cervello e che appunto si dovrebbe evitare. Se poi contemporaneamente si ha un problema vascolare, tutto si complica. Comunque tutti i diabetici che si curano bene vanno incontro a un’esperienza di crisi ipoglicemica. Se non fosse così significherebbe che non si curano… Quindi tutti debbono sapere come comportarsi in quella situazione.

Nello specifico quali sono i sintomi di una glicemia bassa?

Ad esempio il tremore, una sensazione di stanchezza, bisogno impellente di mangiare, sudorazione. Questi sintomi sono tipici di una glicemia tra 80 e 60; quando si scende sotto i 60, invece, iniziano a comparire i disturbi cerebrali. Cioè disturbo della vista oppure della memoria: non ricordo più, non riesco a parlare, non riesco più ad agire. Da 40 in sotto perdo conoscenza. Il paziente, ovviamente, non è che abbia tutti questi sintomi, quindi deve essere bravo a individuarlo e agire di conseguenza.

Cioè?

Deve misurarsi subito la glicemia con lo stick e sotto 70 deve ingerire lo zucchero. Non deve fare mai l’errore di chiamare prima l’ambulanza senza misurarsi la glicemia perché quei 15-20 minuti di attesa sono i più rischiosi…

Nel caso dunque di un diabetico con problemi cardiaci, sarebbe più tollerabile una glicemia più alta…

Sì, ovviamente tenendo presente che in medicina non c’è mai una regola assoluta e due più due non fa mai quattro… Se a causa dell’età, infatti, ho il cuore o il cervello un po’ ischemico, dove cioè arriva poco sangue, mancando anche lo zucchero il quadro si complicherebbe ulteriormente. Viceversa, più si è giovani e meno si è tolleranti con la glicemia alta.

In questa direzione un grande aiuto può arrivare dal Diario alimentare interattivo… Ci spiega come funziona la sua invenzione?

Si tratta di un’applicazione che si può scaricare sullo smartphone e nella quale il diabetico registra le informazioni necessarie per calcolare la sua dose insulinica.

Ma lo fanno anche altre App…

La mia, però, è migliore, fa qualcosa in più…

Sembra la pubblicità di una famosa banca… Scherzi a parte, per cosa si contraddistingue?

La dose insulinica dipende da quello che mangio e dalla quantità. Dire che ho mangiato un piatto di pasta è semplice, ma calcolare quanti grammi di pasta cruda conteneva quel piatto, soprattutto quando si mangia fuori casa, è un’altra cosa… Ecco, allora, che abbiamo perfezionato uno strumento che ha come principale obiettivo quello di aiutare chi vuole imparare a comprendere il valore nutrizionale di ciò che sta mangiando.

In che modo?

Abbiamo fatto una serie di fotografie, circa tremila, di alimenti quantizzati. Abbiamo pesato gli alimenti crudi e poi li abbiamo cotti a porzioni diverse, small, medium e large. Il paziente che ha mangiato ad esempio un piatto di spaghetti alla carbonara, digita il nome del piatto e di colpo compaiono le immagini delle varie porzioni. A quel punto sceglie quella che più si avvicina alla sua e grazie all’elaborazione digitale si ritrova sul telefono tutte le informazioni utili: il peso dell’alimento, i grassi, le proteine, i carboidrati, le calorie, eccetera… Quindi, confrontando il tutto con le regole che gli ha dato il suo medico, dallo stesso telefono ricaverà la dose di insulina da fare. In questo modo il paziente potrà godere di una libertà alimentare assoluta, ovviamente entro certi limiti. Con il diario interattivo in pratica il paziente mangia più o meno quello che vuole – parliamo di alimenti – dichiarando la quantità precisa e avendo come guida le indicazioni del medico.

Il suo brevetto in tutti questi anni che tipo di evoluzione ha avuto?

È stato usato da migliaia di persone, migliorato dalle loro indicazioni e credo che chi lo usa bene continuerà a farlo negli anni. Questa è la mia più grande soddisfazione. La App è gratuita e si trova nel Play Store per telefoni Android sotto il nome Diario Interattivo del Diabete (DID), pubblicato dalla società Meteda.

Quante sono oggi le persone alle prese con il diabete?

Circa 4 milioni. A questi si devono aggiungere altri 2 milioni che non sanno di averlo…

C’è qualcosa che li lega alla qualità della vita delle grandi città?

Sicuramente nei grandi centri si vive peggio però non si può assolutamente dire che una grande città di per sé favorisca l’insorgenza del diabete. Dipende dallo stile di vita che si riesce ad attuare

Tra Nord e Sud c’è differenza? Quali sono le aeree di vulnerabilità?

Ci sono aree con una diversa incidenza. La crescita è stata esponenziale in tutt’Italia quando si è passati dal dopoguerra al benessere. Parlo del boom economico, quello che oggi sta interessando i paesi in via di sviluppo. Ad esempio l’India, la Cina e il Brasile hanno un incremento esponenziale del diabete.

Qual è la spiegazione?

Da una situazione di indigenza sono passati a una situazione di normalità. E qual è la cosa che soffre di più un povero? La mancanza di soldi per mangiare… Quindi più soldi uguale più cibo. In Italia fortunatamente questo tipo di problema non c’è più, o al massimo è limitato. A questo, però, si è sostituito l’aspetto culturale, che vuol dire anche ricchezza. Oggi c’è una crescita maggiore del diabete nelle persone con un basso livello culturale.

È vero che la Sardegna è la prima regione al mondo con più casi di diabete nella fascia di età da 0 a 14 anni?

Sì, ma in questo caso parliamo di diabete di tipo 1. Mentre le problematiche trattate fino adesso e che interessano il 95% dei diabetici, si riferiscono al tipo 2. Il diabete di tipo 1 è quello del bambino o del giovane e ha una componente genetica molto forte. Tornando alla Sardegna, si tratta di una localizzazione di una razza che non si è mescolata. Tenga presente che la genetica migliora con l’incrocio. In Sardegna è solo un discorso genetico, si è selezionata per poco contatto con il resto del mondo. Stesso discorso per alcune tribù di indiani d’America che vivevano nelle riserve.

Nel diabete quanto conta l’ereditarietà?

Incide in entrambi i tipi di diabete. Mentre però oggi nel diabete di tipo 1 non abbiamo ancora la possibilità di evitarlo, nel 2 il fattore ereditario deve essere “aiutato” da alcuni nostri comportamenti sbagliati. Come ad esempio un’alimentazione sbagliata e la mancanza di attività fisica.

Oggi un adolescente affetto dal diabete di tipo 1 può andare incontro a qualche limitazione nella gestione quotidiana della patologia?

No, può vivere una vita normale, l’importante è che non dimentichi mai di essere diabetico.

Se uno si accorge di avere una glicemia leggermente alta cosa deve modificare?

Basta che faccia vita sana. Mangiare come i nostri nonni, e cioè legumi, fagioli, frutta, carne e pesce, ma in proporzione. E naturalmente fare attività fisica. Va bene anche una passeggiata quotidiana di 20 minuti. Ma non deve dimenticarsi di avere il diabete: il diabete, anche, leggero quando arriva non va più via.

Attualmente la farmacologia che aiuto offre?

Prima della scoperta dell’insulina i bambini affetti da diabete di tipo 1 morivano nell’arco di mesi. È stata una rivoluzione e i suoi benefici ancora oggi sono fondamentali. Negli ultimi dieci anni, poi, sono state scoperte altre 4-5 classi di cura che permettono di controllare alcuni aspetti del diabete in maniera efficace. La farmacologia, quindi, ha salvato la vita dei diabetici però non ha potuto preservarli dalle complicanze. Oggi oltre ai farmaci tradizionali ce ne sono altri molto più potenti e promettenti che potrebbero cambiare ancora in meglio la storia del diabete. Però sono estremamente costosi. Sono limitati nell’uso per questioni economiche, ma sicuramente presto sfonderanno.

Potrebbero sostituire anche l’insulina?

No, l’insulina non si sostituirà mai completamente, a meno di qualche altra scoperta rivoluzionaria…

Quando sarà messo in commercio, invece, il cerotto che sostituirà la misurazione della glicemia e quindi il fastidioso utilizzo degli aghi…?

Anche in questo caso sono stati fatti dei passi notevolissimi. Ai miei tempi, negli anni 80, si usavano gli aghi per fare le iniezioni… Poi sono arrivati degli aghi sempre più sottili e meno dolorosi. Da 4-5 anni sono arrivati sensori del glucosio che in maniera continua determinano la glicemia. È una cosa bellissima che sostituirà inevitabilmente gli stick dal dito. anche in questo caso, però, il costo lievita… Oggi i bambini usano tutti il sensore il che offre diversi aspetti positivi.

Ad esempio?

Il fatto di avere sempre sotto controllo il grado di glicemia e quindi la possibilità di correggerla minuto per minuto. Sia chiaro, però, che il sensore, non è un cerotto, bensì un ago di plastica morbido che si introduce nella pelle in maniera fissa per due settimane, coperto da un cerotto… I dati, poi, vengono scaricati in tempo reale sul display di un telefonino o di un dispositivo elettronico dedicato. È anche possibile usare le micropompe di insulina, che non iniettano la dose “giusta”, ma quella prescritta dal medico. Il passo successivo, ed è già in sperimentazione, sarà far dialogare i due sistemi: il sensore che rileva la glicemia e la pompa che è in grado di iniettare automaticamente