Proprio così: torna l’incubo dello Spread. Si surriscalda il termometro della paura dei mercati, verso un debito che continua a crescere, visto che le politiche fiscali incentrate ancora una volta a sforare la legge di Bilancio dello Stato, non fanno altro che procurare altro deficit. E a pagare il conto diventato sempre più salato è l’Italia, uno dei Paesi con il più alto debito pubblico in Europa. La recente Nota di aggiornamento del documento di economia e finanza del 2023 (Nadef) e presentata alle Camere sulle previsioni economiche e di finanza pubblica del Def, illustra infatti un quadro macro economico e di finanza pubblica che non lascia presagire niente di buono. Stime peggiorative di crescita dell’economia italiana e un aumento del deficit sino al 4,3%.
Si tratta di uno scenario già visto in passato, con il governo Berlusconi, dove allora, dodici anni fa (2011), fu costretto a dimettersi con lo Spread a quasi 600 punti, con conseguente rischio di default del Paese.
Lo scorso fine settembre, il divario dello Spread volava a 200 punti, il rendimento del BTP a 10 anni lievitava al 4,96%, mentre quello del “più sicuro”, ossia il Bund tedesco, sino al 2,97%, con un allargamento dello Spread a 199 punti. A questi livelli, il differenziale risulta ai massimi da aprile 2022 e si confronta con i circa 150 punti di inizio estate (metà giugno), dopo esser salito, solo nell’ultimo mese, di circa 30 punti. I ministri interessati si sono affrettati a rilasciare dichiarazioni rassicuranti ribadendo che il nostro è un Paese solido e non ci sono paragoni con il passato. Con onestà intellettuale, occorre dire che la leva che ha fatto scattare questa crescita dei tassi, trova nella Bce l’imputato numero uno. Negli ultimi mesi, infatti, sono cresciuti i rendimenti di tutti i titoli di Stato europei, dal Bund all’OAT francese che, sempre lo scorso fine settembre, rendeva il 3,40%. per non parlare dei Bonos spagnoli che raggiungevano un rendimento del 3,94%. La politica monetaria della Bce, dunque, si conferma restrittiva a oltranza, di riflesso con un’inflazione che rimane ancora elevata, di certo non favorisce a calmierare i tassi.
Allargando la veduta, anche in vista del patto di stabilità attualmente in discussione nell’Unione Europea, una domanda è lecita: con un debito così alle stelle, l’Italia riuscirà a rispettare gli impegni presi con l’Europa? Ce la farà a pagare i dipendenti pubblici, i pensionati, ad assicurare il servizio di sanità pubblica a tutti e trovare fondi sufficienti per realizzare opere? I margini di spazio, per una manovra economica correttiva, purtroppo si riducono sempre più. Non ci resta che confidare nel Piano nazionale di ripresa e resilienza (Pnrr), anche se ci sono forti rallentamenti. Occorre pertanto accelerare, far partire presto i progetti e spendere bene il denaro, un’occasione di questa portata non capiterà più.
Questo scenario, allora, cosa significherà per i risparmiatori? Ci sono grandi opportunità per investire con tassi molto allettanti. È arrivato il momento definitivo di abbandonare l’investimento fatto nei fondi comuni obbligazionari e sottoscrivere Btp, in asta o andando direttamente sul mercato? La risposta è parzialmente affermativa, nel senso che bisogna calcolare con attenzione. Valutare bene se dismettere un fondo possa causare una perdita importante oppure sia marginale il costo in conto capitale. Suggerisco, se il divario è rilevante, di uscire dal fondo e colmare la perdita con l’investimento di un Btp di durata più lunga dove la sua quotazione è sotto la pari, intendo dire sotto i 100 punti. Tuttavia, se l’investitore è ansioso e non regge allo stress di vedere lo spread sempre più allargarsi – anche perché in vista delle elezioni europee può succedere che salga di molto – è il caso allora di sottoscrivere un Bot la cui durata massima è di un anno. scaranobruno7@gmail.com