SOLO UN MIRACOLO PUò SALVARLO

By Vincenzo Fabri
Pubblicato il 4 Giugno 2015

Nel 2015 ricorre l’ottantesimo anniversario di un miracolo accaduto nel luglio 1935. A distanza di tanti anni l’interessato Lucio Salini, un grande devoto del santo, di Bisenti (Te), oggi ottantaduenne, ripercorre quell’episodio ancora indelebile nella sua mente.

Un giorno, mentre nella mia casa natale di Cellino Attanasio (Te) mia madre era intenta a preparare il pranzo, io che non avevo compiuto ancora tre anni, mi trovavo vicino al fuoco a giocare con mio nonno. Sopra al fuoco c’era la caldaia dell’acqua che bolliva per cuocere la pasta. Siccome non riuscivo a star fermo, ad un certo punto presi il soffietto e vi infilai dentro lo spiedo. Mio nonno si arrabbiò e mi sgridò ordinandomi di togliere subito lo spiedo dal soffietto. Ci provai ma non ci riuscii. Allora il nonno prese il soffietto e incominciammo a tirare in senso contrario. Lo spiedo uscì, ma a causa del contraccolpo io andai a sbattere con la schiena contro la caldaia bollente e mi scottai. Cominciai a gridare per il dolore e la paura. Arrivò subito mia mamma Luisa, sopraggiunsero anche alcuni vicini e mi cominciarono a spogliare. Grande fu lo stupore di tutti quando videro che la pelle si era attaccata alla maglietta e avevo una profonda ferita dietro alla schiena. Tuttavia, dopo lungo soffrire, la ferita si rimarginò.

Ma dopo sei mesi la ferita si riaprì e allora mia mamma chiamò il medico che, dopo avermi visitato, le disse: “Cara Luisetta, il bambino è grave e la ferita va in cancrena, solo un miracolo può salvarlo!”. Il primo pensiero di mia mamma fu quello di rivolgersi a san Gabriele che sempre invocava. Il santo del sorriso la esaudì prontamente. Io da quel momento cominciai a migliorare e la ferita si rimarginò definitivamente. In segno di riconoscenza portai l’abitino passionista per un anno e poi lo lasciai in dono al santo. Da allora la mia vita è stata segnata dalla presenza del santo. Da mia madre ereditai la sua grande devozione. Nel 1961, in occasione del pellegrinaggio in Abruzzo dell’urna di san Gabriele, edificai vicino alla mia casa natale una colonnina a ricordo dell’evento.

Nel 1966 morì mia madre e io ancora una volta sognai il santo che mi diceva: “Non ti preoccupare, a te ci penserò io” e mi avvolse con il suo mantello. Qualche anno dopo incontrai una bella e brava donna che nel 1969 diventò mia moglie. Il matrimonio fu benedetto da monsignor Stanislao Battistelli, vescovo passionista di Teramo e grande biografo del santo. Abbiamo avuto due figli, il primo ovviamente si chiama Gabriele. Nel 1968, sempre vicino alla mia casa natale di Cellino Attanasio, innalzai una cappellina in onore del santo dove collocai una bella statua lignea. Nel luglio dello stesso anno, a distanza di 42 anni dalla grazia ricevuta, organizzai un grande pellegrinaggio a piedi al santuario.

La mia devozione ha contagiato non solo i miei familiari ma tutto il paese. Nel luglio 1993 feci arrivare un’altra bella statua lignea nel mio paese di attuale residenza. Fu proprio in occasione della processione a piedi per portare la statua dal santuario a Bisenti che il santo fece capire a Adele Di Rocco, una ragazza del luogo, che sarebbe guarita dal suo male. Da Bisenti e da tutta la vallata del fiume Fino parte ogni anno, dal 1978, un grande pellegrinaggio a piedi che ha raggiunto anche le duemila presenze. Ho fatto tutte queste cose in segno di riconoscenza e devozione verso il santo dei miracoli.

È stato sempre grazie a san Gabriele che ho conosciuto la vita del servo di Dio Pasqualino Canzii, della cui causa di beatificazione sono stato il promotore. Ancora oggi, nonostante i miei 82 anni, tutte le domeniche vado al santuario per partecipare alla messa e pregare il mio santo. È lui che ha segnato e orientato la mia vita. L’ho sempre considerato uno di famiglia, direi proprio un terzo figlio.

 

 

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