RUSCELLI A PRIMAVERA

LA MUSICA E LA PAROLA: NOTE E MELODIE DELLA BIBBIA 3
By rosanna virgili
Pubblicato il 17 Maggio 2021

Dopo l’agnello che mangiarono in fretta e l’uscita che gli Ebrei fecero in fuga dall’Egitto, essi passarono il Mar Rosso vivi, tra le due sponde delle sue acque che si aprirono, come un grembo di madre, per farli nascere alla libertà. E fu la sete. La prima e costante agonia del deserto. Trovarono delle acque ma erano amare, imbevibili. Allora Mosè le rese dolci. Ma non bastò. La sete risaliva dalle gole insabbiate, insieme all’urlo della sopravvivenza: “Dateci da bere!”. L’arsura scompigliava gli animi e la gente querelava Mosè, rabbiosamente, dicendo: “Perché ci hai fatto salire dall’Egitto per far morire di sete noi, i nostri figli e il nostro bestiame?” (Es 17,2-3). Rispose loro il Signore, rivolgendosi a Mosè: “Ecco, io starò davanti a te, là sulla roccia, sull’Oreb; tu batterai sulla roccia: ne uscirà acqua e il popolo berrà” (Es 17,6). Similmente a come accade che, ai primi venti tiepidi di primavera, dalle montagne, si sentano montare rombi di ruscelli improvvisamente sgorganti dalla terra, tale dovette essere il fragore della fonte che usciva dalla roccia, quel giorno, per mano di Mosè. La Pasqua, che si festeggia all’inizio della bella stagione, porta il segno dell’acqua, fonte di vita e di purificazione. Acqua lustrale, battesimo di nuova creazione; acqua mescolata al colore del vino, quando esce dal fianco di Gesù sulla Croce: “Ne uscì sangue ed acqua” (Gv 19,34).

Nuvole di luce

In una parte del mondo battuta spesso dalla siccità, terra di migrazioni a causa delle carestie dovute alla penuria d’acqua, sia sotto forma di pioggia che di fonti, l’antico paese di Canaan è teatro di molte storie ad essa legate. Tra le altre, ce n’è una memorabile – ambientata in uno di questi periodi terribili – di cui protagonista è il profeta Elia. Il popolo era prostrato dalla sete e anche il re di Samaria si sentiva schiacciato di fronte all’immane sciagura. Quand’ecco che il Signore rivelò il suo amore al suo popolo per mezzo di Elia. Questi disse al suo servo: “Sali, presto, guarda in direzione del mare. Quegli salì, guardò e disse: Non c’è nulla! Elia disse: Tornaci ancora per sette volte! La settima volta il servo riferì: Ecco una nuvoletta, minuta come una mano d’uomo, che sale dal mare (…) D’un tratto il cielo si oscurò per le nubi e per il vento, e vi fu una grande pioggia” (1Re 18,43-45). Quanta felicità in quella piccola nuvola che saliva dal mare a benedire pascoli e campi, animali e umani, con la pioggia! La siccità prosciuga i letti dei torrenti e dei fiumi, lasciandoli come labbra screpolate e ferite, senza più voce né canto. Le estati e i lunghi autunni senz’acqua li riducono a fossati spaccati, sempre più incavati nelle ombre sotterranee, tombe di luce. Chissà se è per questa attinenza dell’acqua con la luce che, nella lingua ebraica biblica, la radice del nome nahar – “fiume” – può significare sia “fluire” sia “brillare”. Due verbi uniti dalle stesse consonanti! Si potrebbe stabilire una relazione tra il luccicare e lo scorrere dei grandi fiumi, pensando al rilucente, immenso specchio che diventa il delta del Po, nei giorni di sole, o immaginando il grande fiume Eufrate della biblica Babilonia considerato, nel mondo antico, un dio. La vita brilla, insomma, nel volto maestoso e provvido dei fiumi, sulle rive dei canali e sulle mani, piccole ma potenti, delle nuvole!

Torrenti di pace

Quella che viene considerata la risorsa più importante in tutto il Medio Oriente e, quindi, in Israele e in Palestina, che oggi viene chiamata “l’oro bianco” più prezioso ancora dell’“oro nero” (il petrolio!), trova la sua esplosione a primavera. Le nuove fonti d’acqua, sui letti dei torrenti, arricchite dalle piogge marzoline, inducono i salmisti a rendere lode e gloria a Dio: “Tu mandi nelle valli acque sorgive perché scorrano tra i monti, dissetino tutte le bestie dei campi e gli asini selvatici estinguano la loro sete” (Sal 104,10-11). Possiamo immaginare la festa della vita che irrompe come la musica delle Quattro stagioni di Vivaldi, nella parte più bella: la Primavera. Tripudio di gioia che invita i cuori innamorati a correre per giungere in tempo a contemplare i boccioli: “Nel giardino dei noci io sono sceso per vedere i germogli del torrente, e osservare se la vite metteva gemme e i melograni erano in fiore”. Sono le parole del Cantico dei Cantici (cf 6,11). Tale è la meraviglia dei ruscelli che, a primavera, fanno risorgere la terra, che la Bibbia li fa metafora di altre acque vitali, quelle che “scorrono” nella stagione della Misericordia e dell’Amore di Dio verso il suo popolo. Stupende le parole di Isaia: “Perché così dice il Signore: Ecco io farò scorrere verso di essa come un fiume la pace, come un torrente in piena la gioia delle genti. Voi sarete allattati e portati in braccio e sulle ginocchia sarete accarezzati” (66,12). Il dono di Dio è un fiume di pace! Un dono che Lui non farà mancare neppure quando gli Ebrei saranno stretti nei gelidi artigli invernali dell’esilio babilonese; proprio allora i profeti apriranno, davanti agli occhi del loro cuore, visioni di ruscelli nuovi, gonfi della promessa di ritorno e di rinascita: “Erano partiti nel pianto, io li riporterò tra le consolazioni; li ricondurrò a fiumi ricchi d’acqua per una strada dritta in cui non inciamperanno, perché io sono un padre per Israele, Efraim è un mio primogenito” (Ger 31,9).

Fonte di vita eterna

Nella sua casa, il Signore li farà ritornare, là dove tutti saranno dissetati come canta il Salmo 36: “Si sazino dell’abbondanza della tua casa, tu li disseti al torrente delle tue delizie” (v. 9). Nella visione finale del libro di Ezechiele, il Tempio appare come un giardino di maggio: “V’era un fiume che non potevo attraversare, perché le acque erano cresciute (…) sulla sponda del fiume vi era una grandissima quantità di alberi da una parte e dall’altra (…) Ogni essere vivente che si muove dovunque arriva il fiume, vivrà; il pesce vi sarà abbondantissimo, perché quelle acque dove giungono, risanano e là dove giungerà il torrente tutto rivivrà. Lungo il fiume, su una riva e sull’altra, crescerà ogni sorta di alberi da frutto, le cui fronde non appassiranno; i loro frutti non cesseranno e ogni mese matureranno, perché le loro acque sgorgano dal santuario. I loro frutti serviranno come cibo e le foglie come medicina” (Ez 47,1-12). Un giorno, al pozzo di Sichem, Gesù parlerà di sé come di un “Tempio” diverso fatto non di mura ma di “spirito e verità”. Sarà lui il ruscello di Pasqua, la nuova “sorgente d’acqua zampillante fino alla vita eterna” (Gv 4,14).

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