PIACQUE A DIO DI RIVELARE SE STESSO

CINQUANT'ANNI DI CONCILIO
By Carlo Ghidelli
Pubblicato il 1 Febbraio 2015

1. La bontà e la sapienza di Dio

Tra i molti titoli divini che ci offre la bibbia, per il discorso che volevano intavolare, i padri conciliari hanno scelto la bontà e la sapienza. È come dire che Dio ha parlato per amore verso di noi e lo ha fatto per comunicarci la sua sapienza. Questo amore, nella bibbia, viene espresso con diversi termini; uno di questi è philantropìa, come si legge nella lettera dell’apostolo Paolo a Tito, suo discepolo: “Ma quando apparve la bontà di Dio, salvatore nostro, e il suo amore per gli uomini, egli ci ha salvati” (3,4). Con questa parola si tende a esprimere piuttosto la dimensione umana dell’amore di Dio.

L’altro termine è agàpe, come si legge nella prima lettera dell’apostolo Giovanni: “Vedete quale grande amore ci ha dato il Padre per essere chiamati figli di Dio, e lo diamo realmente!” (3,1). Con questa parola si tende a esprimere piuttosto la dimensione divina dell’amore con il quale il Padre ci ha scelti ed eletti. La sua sapienza Dio ha voluto manifestarla e comunicarla così: amandoci d’un amore unico e irripetibile.

 

2. Chiaro riferimento trinitario

Se rileggiamo l’inizio del n.2 della Dei verbum non facciamo fatica a cogliere la dimensione trinitaria del discorso avviato: “Piacque a Dio nella sua bontà e sapienza rivelare se stesso e far conoscere il mistero della sua volontà, mediante il quale gli uomini per mezzo di Cristo, Verbo fatto uomo, nello Spirito Santo hanno accesso al Padre e sono resi partecipi della natura divina”.

Dal Padre, dunque, per mezzo di Cristo, nello Spirito Santo; oppure nello Spirito Santo, per mezzo di Cristo, al Padre. Tutto il mistero della rivelazione e della nostra salvezza si svolge e accade in un’atmosfera trinitaria, che ci provoca a riflettere se veramente la nostra preghiera e la nostra spiritualità hanno questa caratteristica.

Non è che dobbiamo fare chissà quali sforzi per pensare a questo perché, in effetti, dal battesimo in poi tutta la nostra vita è trinitaria per se stessa. Noi portiamo impresse e indelebili l’immagine del Padre, la forma di Cristo e il sigillo dello Spirito Santo.

 

3. Dio cerca la comunione con noi

“Con questa rivelazione, infatti, Dio invisibile nel suo immenso amore parla agli uomini come ad amici e si intrattiene con essi per invitarli e ammetterli alla comunione con sé”. Un Dio che “si intrattiene” con noi è possibile pensarlo solo dopo l’incarnazione del Verbo: in Gesù infatti l’invisibile s’è fatto visibile, l’ineffabile si è lasciato dire, l’immenso si è lasciato misurare, l’eterno è entrato nel tempo.

Veramente anche di Mosè si legge in Esodo 33,11: “Il Signore parlava con Mosè faccia a faccia, come uno parla con il proprio amico”. In Numeri 12,8 si legge addirittura: “Bocca a bocca parlo con lui”. “Faccia a faccia, bocca a bocca”: come potremmo immaginare un Dio più vicino del nostro? Avere un Dio per amico: non è una fortuna, ma una grazia che non avremmo mai potuto immaginare, che ora trasforma la nostra vita e la rende straordinariamente bella.

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