NON VORRAI VINCERTI PER AMORE…?

By Dario Di Giosia
Pubblicato il 30 Settembre 2017

Tra le memorie di padre Norberto Cassinelli, direttore di San Gabriele, troviamo un appunto molto importante sulla vita del suo discepolo. Egli ricordava che di fronte alle fatiche del cammino spirituale Gabriele era solito ripetersi: Non vorrai vincerti per amore di Maria? Espressione che fa intendere l’impegno che egli metteva per migliorarsi fino a raggiungere la bella santità con cui lo ricordiamo.

Questa dimensione di esercizio morale e spirituale, questo “allenamento interiore” con tutte le componenti di un vero sport dell’anima, purtroppo è grandemente disatteso oggi. Rifiutato. Triste verità. Prevale una visione dell’umano per cui ogni pulsione deve essere assecondata, con la sola eccezione di quelle che potrebbero nuocere agli altri, ma anche queste poi conoscono irregolarità. Una grande confusione, un senso di “perdizione” è nel cuore di molti uomini e donne, tuttavia non si cercano soluzioni per la libertà, anzi la stessa perdizione è fashion, tranne per quanti cercano, sempre seguendo la moda, una pacificazione nella meditazione yoga, nel training psicologico fatto per avere un po’ di relax. Meglio di niente.

La tradizione cristiana conosce molto più a fondo le verità della vita. La lotta spirituale è un combattimento in cui si fa resistenza al male, alle pulsioni sregolate, alle tentazioni, ai pensieri che possono far guerra alla mente e al cuore imponendosi con prepotenza o seducendo con illusione. È questa una sfida che dura per tutta la vita, ma che alla fine è benefica e gratificante. Le tentazioni mettono alla prova l’umanità e talvolta la sopraffanno. Le persone di fede però sanno di non essere sole, sanno di poter contare sulla vicinanza e sull’aiuto di Dio. Per questo pregano e cercano di restare in comunione con Lui che è la fonte della santità. La lotta spirituale è quindi un’arte che richiede preparazione e costanza. Non bisogna cadere nell’inganno di quanti minimizzano. Coloro che si arrendono ad una mentalità mondana diventano schiavi delle proprie debolezze, qualsiasi esse siano. Ira, lussuria, avidità, invidia, pigrizia, ingordigia e orgoglio fanno da padroni.

Tra i santi, invece, si trovano quanti hanno lasciato testimonianza della lotta spirituale e della vittoria per la vera libertà. Fin dall’antichità Antonio abate è l’immagine più conosciuta di questa lotta. Lui, ma anche Gabriele, facevano sul serio. La vittoria sulla tentazione costruisce la persona, la sua statura morale vigorosa. Senza lotta non si edifica la personalità. Senza discernimento tra bene e male, nessun “sì” sarà autentico. È necessario saper dire “no” al male, in modo efficace, affinché i “sì” siano espressione di libertà, di bene, di amore vero. La lotta spirituale non è perciò contro l’uomo, ma a favore dell’uomo, perché egli emerga nella bellezza e pienezza della vita a cui è chiamato. Conoscere le proprie debolezze sarà allora il punto di partenza per vincere contro il peccato che avvilisce l’umanità e giungere all’esperienza della vita piena.

La fede cristiana assume in questo senso una dimensione “individualista”, ognuno cioè deve badare a sé stesso. Tuttavia ciò non avviene senza il contributo della comunione con gli altri. Gli altri “sopportano”, correggono, consigliano, sanano. La Chiesa è il luogo dell’aiuto reciproco, il luogo della misericordia di Dio e del prossimo. Nella vita di san Gabriele gli insegnamenti e i consigli di padre Norberto sono stati fondamentali. Questi ha potuto così indicare la verità più profonda di Gabriele: «Questo ragazzo ha lavorato con il cuore». Attenzione al cuore dunque! Nel cuore avviene l’incontro con Dio, ma nel cuore anche si manifestano intenzioni, tentazioni, passioni. Occorre perciò intelligenza, “lavorare col cuore”, affinché ogni cosa sia secondo verità e giustizia, bellezza e libertà.

La particolare esperienza di san Gabriele è stata anche quella di sentire la vicinanza di Maria, quale occasione per custodire il suo cuore e crescere in santità. Questa comunione è parte del Credo cristiano. È infatti esperienza della fede vivere anche la comunione dei santi, quella comunione per cui, formando un solo corpo in Cristo, i fedeli partecipano gli uni dei beni degli altri. Si tratta di una comunione che comincia da Cristo, che è il Capo, i cui beni sono comunicati a tutto il Corpo. Segue, dunque, quale comunione delle cose sante e comunione tra i santi: comunione di fede, comunione nello Spirito Santo, nei sacramenti, nel Battesimo, nell’Eucarestia. Un legame che non viene spezzato neanche dalla morte, ma che anzi, oltre la morte, è ancora occasione di aiuto reciproco. I santi in paradiso infatti, maggiormente uniti a Dio, aiutano tutta la Chiesa ad essere più santa (Cf. CCC 946-962). Perciò, la comunione con la Madonna, è stata la forza in più che ha sostenuto san Gabriele nel suo percorso. Amicizia, amore, devozione che lo hanno attratto e reso libero.

Oggi si può certamente dire che lo stesso san Gabriele è uno stimolo per coloro che ne sperimentano la vicinanza di impegnarsi nella santità. Tanti hanno conosciuto il suo aiuto e rispondono “per amor di san Gabriele”. Ad ognuno dunque la sua battaglia e i suoi alleati.

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