LEGAMI FAMILIARI E TRASPARENZA

In un mondo ideale si dovrebbe discutere di più di politiche a favore della famiglia e meno degli inevitabili conflitti d’interesse familiari di chi è al potere. Conflitti a volte inevitabili, a volte inopportuni per non dire peggio. Ma come avviene spesso in un’azienda, anche in politica i testimoni si passano di padre in figlio, tra coniugi. L’importante è che gli affetti non prevalgono sui meriti, gli interessi particolari su quelli generali. Quando accade, i partiti come le imprese del resto, cominciano a decadere. Troppi famigli, poche idee. Una caratteristica della politica italiana? Tutt’altro. Ha fatto discutere la nomina alla segreteria politica di Fratelli d’Italia di Arianna Meloni. La sorella presidente è evidentemente preoccupata per gli equilibri interni del suo partito che soffre i disturbi di una crescita accelerata. E, dunque, va sul sicuro. Il lungo digiuno all’opposizione della destra italiana stimola appetiti improvvisi e incontenibili. La classe dirigente, che fa da ala e da guardia del corpo di Giorgia Meloni, è volenterosa ma non sempre all’altezza delle sfide dei nuovi incarichi. Ogni tanto salta fuori qualche voce troppo nostalgica che gonfia il petto come se fosse stata costretta a una lunga apnea. Ci vuole tempo. Troppi neofiti, molti sono poi convinti che il consenso li legittimi a riscrivere la Storia e a rifarsi di vere o presunti sudditanze culturali. Se la premier si fida più della sorella, non c’è nulla di strano. Ci fu un momento nella Prima Repubblica nel quale candidato a presidente della Lombardia era Enrico De Mita, fratello del premier Ciriaco. Nello stesso momento Milano aveva un sindaco socialista, Paolo Pillitteri, cognato di Bettino Craxi. Va detto che Pillitteri fu un buon sindaco e De Mita sarebbe stato un ottimo presidente, serio e preparato.

I legami familiari non possono essere un impedimento assoluto se ognuno fa la propria strada, con correttezza e trasparenza. Se si scade in forme più o meno mascherate di nepotismo e familismo, la questione è diversa. C’è poi un problema non trascurabile di opportunità, di stile. Se Arianna fosse stata nominata al governo, dove vi è già il cognato di Giorgia, Francesco Lollobrigida che casualmente è suo marito, beh, forse qualche problema non banale sarebbe stato sollevato. E così se fosse stata nominata, al pari di altri parenti di ministri, alla guida o nel consiglio di una società pubblica.

Le coppie del potere sono numerose a tutte le latitudini, si pensi solo a Bill e Hillary Clinton, a Francois Hollande e Ségolene Royal (che fu candidata all’Eliseo dove poi andò l’ex marito) a Cristina Fernandez. Prese il posto del coniuge scomparso, Nestor Kirchner, alla testa dell’Argentina che vive ancora il mito di Evita, moglie del dittatore Juan Domingo Peron. In Spagna, Paolo Iglesias e Irene Montero, sono stati gli artefici dell’effimero successo del partito spagnolo di Podemos. Clan e dinastie sono comuni a tutte le democrazie, dai Kennedy ai Bush fino ai fratelli Kaczynski in Polonia. E quando le eredità sono complesse da conservare, come nel caso di Forza Italia, orfana di Silvio Berlusconi, si spera nel coinvolgimento personale di un congiunto. Cioè nella famiglia che salvi il partito.

L'ECO di San Gabriele
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