Il vento politico che soffia in Sardegna non è quello che spira in Abruzzo. E in Italia non ci sono regioni che possano essere assimilate al mitico Ohio, lo stato che riassume, e a volta determina, il voto presidenziale americano. Il campione nazionale perfetto. Le consultazioni locali, come sarà per quelle amministrative legate alle europee, non sono sempre dei test nazionali. Inutile inventarsi verifiche del governo e prove di resistenza delle opposizioni. In Sardegna Giorgia Meloni sembrava all’angolo. Passano pochi giorni ed è un trionfo. A Cagliari il campo largo dell’opposizione era solido, a L’Aquila più fragile seppur larghissimo. Una messinscena esagerata. Una commedia degli autoinganni. Si dirà che questo è inevitabile. La politica è sfida e immaginazione di scenari anche remoti. D’accordo ma da noi è sempre una partita decisiva. Anche quando è un torneo parrocchiale.
L’esito delle urne, nelle elezioni amministrative, dipende soprattutto dalla qualità dei candidati, dalla loro riconoscibilità e dalla loro esperienza amministrativa. E, dopotutto, è meglio così. Perché se ogni elezione locale fosse solo e sempre una copia in piccolo delle politiche, sarebbe tutto assai triste e mortificante per le classi dirigenti delle varie comunità, schiacciate nel ruolo di pallide controfigure dei capi nazionali. Non crescerebbero mai. Condannate a una condizione di minorità. L’incontrario del principio del federalismo e dell’autonomia differenziata che piace tanto alla Lega e non solo. L’esatto opposto del principio di sussidiarietà.
Questo non toglie che, qualche volta, i segnali politici di carattere nazionale ci siano. E forti. Lo erano di più però quando andavano al voto tutte le regioni insieme e tutti gli enti locali, come accadde per l’ondata di sinistra del 1975 (ma poi lo sfondamento non ci fu alle politiche dell’anno successivo). Oggi Regioni e Comuni vanno al voto in ordine sparso trasformando l’anno solare in una dispendiosa e incessante campagna elettorale.
L’Ohio italiano non c’è. Ci sono le roccaforti che quando cadono fanno sì molto rumore (la Bologna rossa conquistata da Guazzaloca). Se un Cinque Stelle espugna un comune (la Parma di Pizzarotti) è certamente un fatto che va al di là della cinta daziaria. Segnala l’ascesa di un movimento che peraltro all’elezioni del 2013 non vedemmo, come si dice oggi, arrivare. Ma non tutti gli angoli d’Italia sono un test significativo. Pensare che sempre siano tali è il sintomo di una politica eccitata e distratta che preferisce misurarsi nelle urne, nell’ansia di conferme e rivincite, e assai poco sui problemi reali, sulle urgenze drammatiche dell’economia e della società. Un agitarsi convulso alla ricerca di refoli e brezze che in realtà non esistono. C’è purtroppo la siccità delle idee e una società che nelle sue trasformazioni replica l’impazzimento del clima, soggetta sempre più frequentemente a eventi estremi.