Nei giorni intorno a Ferragosto un’amica di lungo corso clicca la pagina di un settimanale patinato che sta sfogliando spaparanzata sotto l’ombrellone, e me la scodella su whatsapp: “Per il prossimo numero dei tuoi asterischi dovresti leggere questo articolo”. Urca, vediamo. Manco a dirlo, si tratta di Pokémon Go, il nuovo videogioco che in pochi giorni è diventato un fenomeno planetario stracciando tutti i record: nessuna app o videograme infatti ha mai totalizzato dieci milioni di download solo nella prima settimana.
E cosa vuole insinuare la mia amica con il suo whatsapp? Mi basta il titolo dell’articolo per capire: “Diamo la caccia ai mostri colorati per dimenticare quelli veri”. Sì, né mi meraviglio che agli occhi di un ragazzino nativo-digitale il mondo virtuale poco si discosti da quello reale. Se hanno capito anche i miei quattro cortesi lettori, passo oltre senza dilungarmi.
Ma benché nativo-preanalogico, neppure io posso ignorare Pokémon, se viene citato perfino dal compassatissimo presidente della Re-pubblica Sergio Mattarella.
È vero che Pikachu & Co non sono reali ma i pirla che ci credono sì, perciò si ammassano in strada e nei parchi a caccia di mostriciattoli, e gli incidenti non si contano. Ma non ci posso credere: a Berlino la portavoce del memoriale dell’Olocausto vieta ai visitatori di giocare all’interno del monumento, perché oltre ai Pokémon “vi si nascondono anche i fantasmi del passato”.
Boh. Vogliamo distrarci con gli stipendi Rai, quelli superiori ai 200mila euro resi pubblici? Peggio mi sento. Ruotiamo il pensiero al recente mercato calcistico? Alla faccia. Qui girano pacchetti di milioni come fossero bruscolini, atleti che per correre in mutande su un prato verde incassano cento, mille, diecimila volte più di un normale cittadino. Quando ho letto di un campione che prende oltre 20mila euro al giorno (al giorno!) mi sono stropicciati gli occhi e grattata la cuticagna, convinto che il senso della misura alcuni lo usano solo per comperare le scarpe.
Esperti analisti si domandano perché ci stiamo costruendo un mondo che fa paura e analizzano i sintomi di un presente che promette un futuro alla deriva. La rivoluzione digitale ha le sue colpe, sarebbe tuttavia un errore attribuire alla tecnologia più torti di quanti non abbia. Dietro ci sono le persone, i loro valori (che non sono i valori bollati), la loro allergia a convivere nel rispetto reciproco. Per troppa gente la pace sta diventando un valore inesistente.
Eppure devo essere ottimista. Bravo Carlo Conti: “A nostro figlio Matteo vogliamo trasmettere valori importanti come l’onestà, la fede, il rispetto per gli altri. Mio figlio è lo show più bello”. Al questionario di Proust Simona Lo Iacono, magistrato e scrittrice, ha risposto che vorrebbe morire in pace con se stessa. Figurati io. Il suo motto? “Ama il prossimo tuo come te stesso”. Perfetto, anche se il brevetto appartiene a un certo Gesù di Nazareth. Il quale anzi precisava il concetto aggiungendo che non esiste comandamento più importante.
Vabbe’ dai. E, come spesso si dice dalle mie parti, keep calm and carry on.