I NOSTRI SENSI DI COLPA

Assisto a una scena in una piccola provincia della Toscana. Ma l’episodio potrebbe essere – senza difficoltà – spostato a Palermo, a Roma, a Reggio Calabria. E la scena è questa: una madre disperata col figlio adolescente che non so cosa avesse fatto. Mani nei capelli, in un gesto di disperazione, la voce drammatica che prelude al pianto e una frase gridata rivolta al cielo: “Ma cosa abbiamo fatto di male?”. Traduco: cosa c’è stato di sbagliato, quali errori abbiamo commesso coi figli, quali colpe dobbiamo espiare se i frutti sono questi?”.

Non c’è da stupirsi di questi sensi di colpa. Siamo nel tempo dei “mea culpa” storici, si batte il petto l’Occidente per i tanti errori di un remoto passato, dal colonialismo alle guerre all’immigrazione allo sfruttamento dei paesi del terzo mondo. Fa “mea culpa” la scuola che ha fallito al compito di educare, fa “mea culpa” la giustizia che ha condannato gli innocenti e assolto i colpevoli. E allora non deve nemmeno stupire che anche una madre si autoaccusi di colpe che forse colpe non sono ma solo la fragile, incerta sensazione di non essere più in sintonia coi propri figli. Troppo lassismo o troppa severità? Troppi inutili divieti o inflessibili punizioni? Si è sbagliato per inerzia, per pigrizia, per cecità? Abbiamo trovato il tempo per un colloquio o ci siamo fatti trascinare dalla corrente, chiudendo gli occhi e tappandoci le orecchie? Abbiamo saputo ascoltare nel frastuono del mondo quegli scricchiolii che preludono al distacco del ghiacciaio com’è accaduto sulla Marmolada?

Tante volte anche a me è venuta la tentazione di ripetere la frase di quella donna :“Che abbiamo sbagliato?”. Però a pensarci bene sento che queste autoaccuse sono spesso infondate. Certo, ci saranno stati genitori che hanno realmente sbagliato, ma ce ne sono tanti che sono stati colpevoli solo di non aver saputo ascoltare le voci della propria epoca. Ha scritto Shakespeare: “Andiamo incontro al tempo come il tempo ci cerca” e allora forse per molti di noi c’è stata solo questa dissonanza col tempo dei figli.

Conosco tante famiglie che hanno fatto il loro dovere e che nessuno potrebbe accusare. Anche perché sorge la domanda: chi realmente educa al giorno d’oggi? Chi è responsabile? È la scuola, è la parrocchia, sono gli scout, gli amici, l’università, i film,i social? C’è una concorrenza di tanti elementi dove non è più possibile sapere dov’è il grano e la zizzania, e questo assolve tanti genitori che – forse inconsapevolmente – non sono andati “incontro al tempo come il tempo ci cerca”. Un solo episodio personale. Ero a casa di alcuni amici, gente onesta, di sani principi. Si sono affacciati i due figli, circa diciotto anni, che hanno salutato e hanno detto: noi usciamo.

Ho guardato l’orologio, era passata mezzanotte e loro uscivano a quell’ora per tornare alle tre di notte. E nessuno ha fatto obiezioni.

Giusta allora la domanda: “Ma che abbiamo fatto di male?”.

Ma purtroppo non c’è risposta. Diceva Kafka che di questi rimescolii di coscienza s’intendeva: “Ciò che per me è innocenza per te può essere colpa”. Spesso non c’è condanna ma solo la nostra dolorosa disperazione.