I FIGLI NELL’OVATTA

By carlo napoli
Pubblicato il 1 Ottobre 2023

L’estate in montagna è stata piovosa. In certe giornate, di notte, i lampi per un attimo rivelavano i contorni delle montagne e si vedevano i fulmini che zigzagavano all’orizzonte. Si faceva vita di albergo e allora, in queste ore di ozio, ho stilato alcune osservazioni che voglio comunicare ai miei pochi lettori. Ben consapevole che da singoli episodi non si possono trarre indicazioni generali, e tuttavia sono un segno che può indicare una direzione di marcia.

La famiglia italiana – ho notato – appare ancora unita, non ho avvertito aria di disfacimento ma certamente è la più confusionaria e permissiva nel panorama europeo. In certe sere i ragazzi di cinque-dieci anni si rincorrevano nelle sale da pranzo senza che dai genitori si levasse un ordine. Non solo quest’ordine veniva impartito stancamente ma figli e nipoti apparivano allergici a ogni disciplina, e continuavano a correre senza che nessuno li bloccasse. Facevo il paragone con alcune famiglie tedesche dove un ordine era un ordine che nessuno pensava di trasgredire. Ma c’erano altri elementi che denunciavano questa pigra tolleranza. Ho visto bambini restii a mangiare e nonne che – con un tablet davanti – cercavano di fare ingoiare un cucchiaio di minestra ai nipoti. Udivo la musica e immaginavo il filmato che aiutavano i nipoti a mandar giù una parvenza di cucchiaio. Così, una semplice merenda o una cena si allungavano per ore, non ho mai visto una famiglia tedesca o austriaca o inglese così prone ai capricci dei propri figli.

Se ne potrebbe trarre una semplice indicazione, che da noi i bambini sono educati con una certa mollezza e senza tracce di severità. E che forse questa voglia di trasgressione era un tassello del carattere nazionale, una nostra società troppo permissiva, troppo cedevole, troppo molle se confrontata con alcuni paesi nordici.

Accennavo alla famiglia italiana. Ho visto grandi tavolate con genitori attorniati da nonni, nonne e vecchie zie, tutti assieme in allegri conversari. E fatto il paragone con tante coppie nordiche (legali e illegali), senza contorno di parenti, che suggerivano idee di solitudine. E ne ho tratto l’impressione che da noi sopravviva ancora un residuo di famiglia patriarcale anche se in via di estinzione. E che tutte le indagini demoscopiche diano un ritratto falsato di una società italiana. La famiglia da noi ha ancora una certa solidità, malgrado separazioni e divorzi. È anche probabile che questa crisi della famiglia investa una fascia d’età 30-50 anni e che non abbia intaccato le età più avanzate, se crisi è, è crisi europea senza distinzioni di nazionalità.

Però va detto che esistono anche immagini positive. Ho avuto una piacevole sorpresa nel constatare – parlando con alcuni di loro – che molti giovani, da vent’anni in poi, sono già preparati ad affrontare la vita. Più sciolti, più elastici, anche più furbi e fatico a fare paragoni coi miei compagni di liceo o d’università. Noi eravamo psicologicamente meno allenati, affrontavamo la vita con più imperizia e impreparazione a paragone coi ragazzi di oggi che hanno viaggiato con l’Erasmus, conoscono le lingue, hanno già una loro idea di mondo e sul futuro non sono bendati com’eravamo noi. Sono, direi, più internazionali, si sentono parte dell’Europa senza nazionalismi, sono in sintonia con la loro epoca. Ha ragione Farinetti, il geniale creatore di “Eataly” che in una recente intervista si è detto ottimista sul futuro del nostro Paese che sarà salvato – ha detto – dai ventenni, cioè da questa generazione. Una generazione – penso – completamente nuova, senza troppi pesi ideologici. Chissà che Farinetti non abbia più ragione di tanti sociologi che spesso si perdono nelle statistiche. Come diceva Bukowski “un uomo con la testa nel forno acceso e i piedi nel congelatore statisticamente ha una temperatura media”.

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