Il commissario al comune di Roma è un episodio esemplare (anche se con risvolti morali e farseschi originali) del perché la crisi della politica, e le sue pesanti conseguenze istituzionali, siano giunte a un punto pericoloso, in una situazione europea e mondiale che, di per sé, già mettono a rischio il futuro dell’Italia. La crisi infatti si manifesta con la crescente difficoltà dei partiti (che restano, comunque, insostituibili fondamenta della democrazia rappresentativa) di coinvolgere i cittadini nel proprio impegno politico, a cominciare da una larga partecipazione alle elezioni, che è invece in calo continuo. E si manifesta soprattutto per i modi sempre meno adeguati con cui i partiti selezionano, indirizzano e controllano i propri eletti negli enti locali, nelle regioni e in parlamento. Fatto che essendo comune ai partiti di maggioranza e a quelli d’opposizione, produce nelle istituzioni effetti devastanti, sia nella qualità che nei tempi necessari all’ assunzione delle decisioni. A prova, ricordiamo, in sintesi estrema, alcuni dati e alcuni fatti.
1) Dalle elezioni politiche del 2013 a oggi 235 parlamentari (119 alla Camera e 116 al Senato) sono passati dal gruppo del partito per il quale erano stati eletti ad altri gruppi, spesso creando profonde alterazioni nella qualità e nei tempi di lavoro delle assemblee legislative.
2) Da oltre un anno il parlamento non riesce a eleggere (per calcoli politici, di potenti consorterie sociali e professionali, per beghe personali nei e tra i partiti) tre dei cinque giudici della Corte costituzionale che gli compete nominare. E poiché la Corte è composta da 15 membri, la gravità dell’inadempienza del parlamento risulta evidente. Soprattutto perché le decisioni della Corte (articolo 134 del-la Costituzione) hanno conseguenze di eccezionale portata per la società e per le istituzioni, essendo chiamata a decidere della “legittimità costituzionale delle leggi e degli atti aventi forza di legge dello stato e delle regioni”, e “sui conflitti di attribuzione tra i poteri dello stato e su quelli tra stato e le regioni e tra le regioni”. Esempio eloquente, il recente rigetto da parte della Corte (si dice per un voto) di una parte delle decisioni del governo Monti in materia di pensioni.
3) I disordini, gli sprechi, la mala amministrazione, provocati soprattutto dalla crisi dei partiti, che ha investito e investe l’attività di molti governi e consigli regionali (basta ricordare la Sicilia) dei sindaci, delle giunte e dei consigli di tanti grandi centri, e di vitali strutture dei servizi pubblici, a cominciare dalla sanità e dai trasporti.
4) Le pericolose forzature che la sempre più accentuata personalizzazione del potere nei partiti, e la sua proiezione diretta nelle istituzioni (per esempio, Berlusconi ieri e Renzi oggi) determina nel corretto rapporto tra le due entità. Rapporto che appare sempre più dominato dalla tendenza dei partiti a operare nelle istituzioni più che per la tutela degli interessi generali della società, per estendere in essa e nelle istituzioni il proprio potere di parte.
Esemplari su questo punto la riforma del Senato e la nuova legge elettorale proposte da Renzi, segretario del Pd e presidente del Consiglio. Con la riforma infatti governerà solo la Camera. E con la nuova legge elettorale verrà governata dal partito che otterrà la maggioranza assoluta dei seggi con un “premio” che (se non al primo turno, per il quale occorrerà ottenere almeno il 40% dei voti, al ballottaggio tra i due partiti più votati) verrà assegnato alla lista che avrà vinto anche per un solo voto, sia pure con una percentuale di voti lontana non solo dalla maggioranza assoluta degli aventi diritto al voto, ma anche dei votanti.
Non resta dunque che sperare in iniziative di personalità, di gruppi culturali espressione della società, di gruppi interni ai partiti e ai movimenti politici che abbiano a cuore, innanzitutto, gli interessi generali del paese. Capaci di sollecitare, dibattere e diffondere idee per una profonda riforma dell’attuale modo di essere e di operare dei partiti al fine di superare la crisi della politica, che condiziona pericolosamente la vita della società e delle istituzioni.