CINA E VATICANO PIÙ VICINI…

un accordo storico
By Gianni Di Santo
Pubblicato il 3 Novembre 2018

D’ora in poi i vescovi saranno scelti dal papa con l’approvazione del Partito comunista cinese. Non è poco. Sia dal punto di vista pastorale che politico.

“Nel quadro dei contatti tra la Santa Sede e la Repubblica Popolare Cinese, che sono in corso da tempo per trattare questioni ecclesiali di comune interesse e per promuovere ulteriori rapporti di intesa, oggi, 22 settembre 2018, si è svolta a Pechino una riunione tra monsignor Antoine Camilleri, sotto-segretario per i Rapporti della Santa Sede con gli Stati, e S.E. il sig. Wang Chao, viceministro degli Affari Esteri della Repubblica Popolare Cinese, rispettivamente capi delle delegazioni vaticana e cinese. Nel contesto di tale incontro, i due rappresentanti hanno firmato un Accordo provvisorio sulla nomina dei vescovi”.

Il comunicato della Santa Sede che, negli ultimi giorni di settembre, ha fatto discutere non solo la comunità cattolica nel mondo, è figlio di una trattativa che si è evoluta nel tempo, con gradualità. L’accordo, prosegue il testo del comunicato, prevede valutazioni periodiche circa la sua attuazione. Esso tratta della nomina dei vescovi, questione di grande rilievo per la vita della Chiesa, e crea le condizioni per una più ampia collaborazione a livello bilaterale”. Infine, si esprime l’auspicio condiviso “che tale intesa favorisca un fecondo e lungimirante percorso di dialogo istituzionale e contribuisca positivamente alla vita della Chiesa cattolica in Cina, al bene del Popolo cinese e alla pace nel mondo”.

Che questo accordo si possa definire storico, non c’è ombra di dubbio. Dal 1958, da quando i cattolici cinesi vivono una situazione paradossale con la presenza di due Chiese, una fedele al papa (la cosiddetta Chiesa “clandestina”) e l’altra (la cosiddetta Chiesa “patriottica”) appiattita sulle posizioni del Partito Comunista cinese, i rapporti diplomatici tra il gigante asiatico e la Santa Sede hanno vissuto momenti difficili. Non sono pochi i vescovi cattolici che hanno sofferto, anche con il carcere, la negazione della libertà religiosa da parte della Cina. E, nello stesso tempo, i vescovi “patriottici” ordinati direttamente dal Partito comunista cinese senza l’approvazione del papa, hanno avuto vita difficile e alcuni hanno anche richiesto nel tempo una piena riconciliazione con Roma.

Questione pastorale, dice il comunicato. Certo. Ma è chiaro che l’accordo, graduale e provvisorio, ha tutto il sapore della fine realpolitik. La Cina è il gigante dell’Asia, ma è anche la nazione più popolosa del mondo con i suoi 1035 milioni di abitanti. Le sue tradizioni spirituali e antiche sono note: non è un caso che i cattolici in Cina sono diversi milioni (per le cifre bisogna essere cauti: c’è chi parla di 4 milioni, chi di 16. Le organizzazioni internazionali concordano che ci siano almeno un 12 milioni di cattolici). In un momento di forte cambiamento della geopolitica nel mondo, la Santa Sede mette un punto irrinunciabile: fa pace con la Cina, anche se questa pace ha il sapore, come ogni mediazione, dell’accordo. D’ora in poi i vescovi saranno scelti dal papa con l’approvazione del Partito comunista cinese. Non è poco. Sia dal punto di vista pastorale che politico. Se da un lato i rapporti con il continente americano vacillano per via di un tradizionalismo e conservatorismo molto “trumpiano” duro a morire, la Cina e il continente asiatico si prestano a essere terre e cieli da seminare. Per la Chiesa, certo. Ma anche per un’umanità dove equità giustizia e democrazia camminino di pari passo.

Rimangono sul terreno tanti problemi ancora aperti, come la situazione dei vescovi “clandestini” finora non riconosciuti come tali dalle autorità governative. Ma il negoziato tra Cina e Santa Sede ha scelto la via della gradualità: risolvere un problema uno alla volta.

“Per la prima volta dopo tanti decenni – spiega il Segretario di Stato, cardinale Pietro Parolin – oggi tutti i vescovi in Cina sono in comunione con il vescovo di Roma. Papa Francesco, come i suoi immediati predecessori, guarda e si rivolge con particolare attenzione e con particolare cura al popolo cinese. C’è bisogno di unità, c’è bisogno di fiducia e di un nuovo slancio; c’è bisogno di avere pastori buoni, che siano riconosciuti dal Successore di Pietro e dalle legittime autorità civili del loro paese. E l’accordo si pone proprio in questo orizzonte: è uno strumento che speriamo possa aiutare in questo processo, con la collaborazione di tutti”.

Insomma, una cosa alla volta. Per adesso intanto papa Francesco riammette alla piena comunione ecclesiale i sette vescovi cinesi che in passato erano stati nominati e ordinati senza il consenso della Santa Sede. E nel contempo istituisce una nuova diocesi in territorio cinese, per la prima volta dalla nascita della Cina comunista. I sette vescovi sono Giuseppe Guo Jincai, Giuseppe Huang Bingzhang, Paolo Lei Shiyin, Giuseppe Liu Xinhong, Giuseppe Ma Yinglin, Giuseppe Yue Fusheng, Vincenzo Zhan Silu e Antonio Tu Shihua, O.F.M. Quest’ultimo è deceduto il 4 gennaio 2017, ma prima di morire aveva espresso – chiarisce la nota congiunta Cina-Santa Sede – il desiderio di essere riconciliato con la sede apostolica.

Il cammino è iniziato. La Chiesa cinese è di nuovo unita. E avrà modo di esprimersi liberamente in territorio cinese. Dopo il grande missionario gesuita Matteo Ricci, che in Cina è ricordato ancora oggi, un altro gesuita pone una pietra angolare per rilanciare l’annuncio del Vangelo lontano da Roma.

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