ASPETTI LITURGICI ANCORA APERTI
Papa Benedetto XVI, nella sua lettera Porta fidei in vista dell’anno della fede aveva espresso il desiderio che esso suscitasse un rinnovato interesse per il concilio Vaticano II e auspicava che lo si potesse rivivere sia come evento ecclesiale di straordinaria importanza, sia riprendendo la lettura e lo studio dei suoi documenti. Oggi il nuovo vescovo di Roma, papa Francesco, ci rinnova lo stesso invito, per gli stessi motivi e con le stesse finalità. Accogliendo questi inviti sarà nostra premura rileggere i documenti del concilio Vaticano II e interpretarli dentro il loro contesto storico ed ecclesiale.
Abbiamo detto che la riforma liturgica è stata avviata dal Vaticano II e in gran parte realizzata da Paolo VI. Ma ora dobbiamo considerare alcuni ambiti liturgici che sono rimasti aperti e che pertanto richiedono di essere coperti. Mi rendo conto che ci vuole non poco coraggio per mettere in atto alcune scelte alle quali forse non siamo ancora del tutto preparati, ma non è fuori luogo ipotizzare qualche iniziativa nell’ambito della partecipazione attiva dei fedeli alle celebrazioni liturgiche, soprattutto alla celebrazione della santa messa.
MINISTERI LITURGICI
Anche i ministranti, i lettori, i commentatori, e tutti i membri del coro svolgono un vero ministero liturgico. Essi perciò esercitino il proprio ufficio con la sincera pietà e l’ordine che convengono a un così grande ministero e che il popolo di Dio esige giustamente da essi. Bisogna dunque che essi siano permeati con cura, ognuno secondo la propria condizione, dallo spirito liturgico, e siano formati a svolgere la propria parte secondo le norme stabilite e con ordine (SC 29).
Questo discorso ci interessa da vicino e ciascuno può specchiarsi in questa pagina del magistero conciliare, che entra nei dettagli delle nostre celebrazioni liturgiche, soprattutto quelle eucaristiche. Anche in questo si manifesta quella dimensione pastorale che è stata largamente attribuita al concilio Vaticano II.
I padri conciliari cercano di responsabilizzare le varie categorie di ministri, elencandoli minuziosamente: molti di noi si sentono interpellati di persona. Ed è grande onore, questo, anche se all’onore si accompagna ovviamente anche una grande responsabilità alla quale non sapremmo sottrarci. Ma nello stesso tempo i padri conciliari indicano anche la necessità di coltivare quella spiritualità liturgica, senza la quale tutti i ministeri o servizi che prestiamo alla liturgia rimarrebbero insignificanti e inefficaci. Queste parole del concilio potrebbero suscitare in alcuni di noi, membri della stessa comunità, il desiderio di rendersi disponibili ad assumere qualche ministero particolare.
NATURA DIDATTICA E PASTORALE
“Benché la sacra liturgia sia principalmente culto della maestà divina, contiene anche una ricca istruzione per il popolo fedele. Nella liturgia, infatti, Dio parla al suo popolo: Cristo annunzia ancora il vangelo. Il popolo, a sua volta, risponde a Dio con il canto e con la preghiera. Anzi, le preghiere rivolte a Dio dal sacerdote, che presiede l’assemblea nella persona di Cristo, vengono dette a nome di tutto il popolo santo e di tutti i presenti” (SC 33).
Anzitutto rileviamo l’efficacia sacramentaria della liturgia della parola, che è la prima parte di ogni celebrazione eucaristica. Questo deve essere ricordato esplicitamente; altrimenti cadiamo nel difetto che era vastamente diffuso prima del concilio, cioè di disattendere o snobbare tutta la prima parte della messa pensando che la più importante e la sola necessaria è solo la seconda parte.
Vogliamo pure ribadire il concetto che nella liturgia c’è un largo spazio anche all’apprendimento. La parola di Dio viene proclamata e spiegata perché tutti noi abbiamo a imparare qualcosa di ciò che riguarda Dio e il suo disegno salvifico. Per questo è assolutamente necessario che ci disponiamo ad ascoltare con estrema attenzione la parola di Dio e l’omelia. Chi esce dalla chiesa senza aver imparato qualcosa di nuovo, molto probabilmente ha perduto una grande opportunità per crescere nell’amore di Dio e dei fratelli.
LETTURA ORANTE DELLA BIBBIA
Dopo aver parlato della omelia che il sacerdote deve tenere dentro la celebrazione liturgica, i padri conciliari raccomandano quella che noi ormai chiamiamo lectio divina o lettura orante della bibbia: “Si promuova la sacra celebrazione della parola di Dio alla vigilia delle feste più solenni, in alcune ferie dell’avvento e della quaresima, nelle domeniche e nelle feste, soprattutto nei luoghi dove manca il sacerdote; nel qual caso diriga la celebrazione un diacono o altra persona delegata dal vescovo” (SC 35.4).
Dunque i padri conciliari ipotizzano che si celebri anche solo la parola di Dio, senza la celebrazione eucaristica. Certo essi hanno dinanzi quelle situazioni di chiesa nelle quali c’è estrema carenza di preti. Ma non è fuori luogo affermare che assai probabilmente, per dare più spazio all’ascolto e alla meditazione, varrebbe la pena, come del resto si fa già in alcune comunità parrocchiali, offrire ai fedeli laici qualche opportunità che consenta loro di diventare familiari della bibbia.
Questa indicazione pastorale ci è data soprattutto in riferimento alla vigilia delle feste più solenni, ma non deve essere riservata solo a queste scadenze. La lettura orante della bibbia, alla quale siamo stati iniziati soprattutto dal cardinale Carlo Maria Martini, recentemente defunto, e frequentemente raccomandata da Bene-detto XVI, deve diventare il distintivo di ogni autentica comunità cristiana. In caso contrario continueremo a trascinarci in una stanca e deprimente pratica religiosa che non riesce a rinnovare la nostra vita.
LETTURA ORANTE DELLA BIBBIA
Ecco i momenti salienti di una lectio divina o lettura orante della bibbia. Si inizia con la lectio che deve essere fatta adagio e con grande attenzione; se necessario il testo sacro può essere riletto e addirittura trascritto. Si continua con la meditatio che occupa un buon spazio di tempo allo scopo di riflettere-meditare su quanto è stato prima ascoltato. Segue la contemplatio che mira a fissare il messaggio centrale della pagina letta senz’altra preoccupazione se non quella di chi vuol “vedere” colui che gli ha parlato. Infine viene l’actio nella quale ci si chiede come possiamo tradurre in gesti vitali ciò che abbiamo ascoltato, meditato e contemplato.
L’ESEMPIO DEL CARDINAL MARTINI
Torna conto riflettere su come il cardinal Martini ha pensato e realizzato quella “scuola della parola” alla quale ha dedicato molte delle sue energie. Questa scuola è stata lodata dai papi Giovanni Paolo II e Benedetto XVI. Egli non si accontentava di mettersi in ascolto della parola, ma anche in ascolto dei problemi dei giovani, facendosi loro interlocutore attento e sensibile, ragionando sulle loro difficoltà a credere e soprattutto mettendo in discussione se stesso. Da come egli faceva la lectio divina con i suoi giovani possiamo comprendere qualcosa della sua vita interiore.