Se qualcuno si aspettava dei contenuti e delle riforme risolte a colpi di maggioranza, è rimasto deluso. Primo perché ci sarà una seconda sessione e poi perché quello che interessava a papa Francesco era lo stile, il dibattito davvero sinodale
Il Sinodo che si è concluso lo scorso (4-29) in Vaticano – Per una Chiesa sinodale: comunione, partecipazione e missione – ha avuto il grande merito del metodo. Dopo quasi un mese di dibattiti con un metodo sinodale, il Sinodo ha anche pubblicato una Lettera al popolo di Dio e un documento di sintesi, sottoposto a votazione con maggioranza qualificata, dal titolo Una Chiesa sinodale in missione. Se qualcuno si aspettava dei contenuti e delle riforme risolte a colpi di maggioranza, è rimasto deluso. Primo perché il Sinodo continua nella sua seconda sessione fino a ottobre 2024, e poi perché quello che interessava a papa Francesco era lo stile, il dibattito davvero sinodale, insomma il famoso metodo. Che al Sinodo è diventato contenuto.
Molti i temi discussi. La questione, ad esempio, del discernimento tra autorità e corresponsabilità che coinvolge laici e gerarchia. Non è solo un’esigenza pastorale/ecclesiale reclamata a gran voce dai laici. Non si deve aver paura di cercare il confronto o di essere in disaccordo, “affidandosi allo Spirito Santo che trasforma i luoghi di combattimento in luoghi di passaggio”.
La Chiesa è per i poveri, contro clericalismo e abusi. Il clericalismo è tornato nuovamente al centro delle riflessioni: una formazione permanente che consenta di affrontare la questione degli abusi, avendo cura di disporre di una struttura adeguata contro gli abusi stessi. Importante promuovere iniziative a ogni livello per proteggere tutte le persone, adulti e bambini. La priorità è l’ascolto reciproco per tutti, a cominciare da coloro che ritengono di non poter essere accolti nella Chiesa. I migranti che appartengono ad altre religioni, i poveri, chi viene discriminato, le persone con disabilità. In particolare, riguardo alle persone lgbtq, viene fatto cenno di accogliere e di rigettare ogni tipo di violenza nei loro confronti.
E ancora: il ruolo delle donne. Il diaconato femminile: una questione aperta. Ma almeno c’è, è un’idea che inizia a formarsi anche negli animi più conservatori. In una Chiesa che soffre di crisi di vocazioni religiose, il tema dell’apporto dei laici e in particolare delle donne non è più rimandabile.
Il Sinodo si è concluso con una relazione di sintesi. Il testo è strutturato in tre parti. La prima delinea Il volto della Chiesa sinodale, presentando i principi teologici che illuminano e fondano la sinodalità. La seconda parte, intitolata Tutti discepoli, tutti missionari, tratta di tutti coloro che sono coinvolti nella vita e nella missione della Chiesa e delle loro relazioni. La terza parte porta il titolo Tessere legami, costruire comunità. In ciascuna delle tre parti, ogni capitolo raccoglie le convergenze, le questioni da affrontare e le proposte emerse dal dialogo. Nei prossimi mesi le Conferenze episcopali, a partire dalle convergenze raggiunte, saranno chiamate a concentrarsi sulle questioni e sulle proposte più rilevanti e più urgenti, favorendone l’approfondimento teologico e pastorale e indicando le implicazioni canonistiche.
Tra le questioni più interessanti sicuramente il tema dell’eucaristia e della domenica (“La celebrazione dell’Eucaristia, soprattutto alla domenica, è la prima e fondamentale forma con cui il santo popolo di Dio si riunisce e si incontra. Dove essa non è possibile, la comunità, pur desiderandola, si raccoglie intorno alla celebrazione della Parola… Un secondo passo si riferisce all’esigenza di rendere il linguaggio liturgico più accessibile ai fedeli e più incarnato nella diversità delle culture”); i laici (“Il loro contributo è indispensabile… In alcune situazioni può capitare che i laici siano chiamati a supplire alla carenza di sacerdoti, con il rischio che il carattere propriamente laicale del loro apostolato risulti sminuito. In altri contesti, può accadere che i presbiteri facciano tutto e i carismi e i ministeri dei laici vengano ignorati o sottoutilizzati. Si avverte inoltre il pericolo, espresso da molti all’Assemblea, di ‘clericalizzare’ i laici, creando una sorta di élite laicale che perpetua le disuguaglianze e le divisioni nel Popolo di Dio”).
Un approfondimento forte lo ha avuto il ruolo delle donne (“Le Chiese di tutto il mondo hanno formulato con chiarezza la richiesta di un maggiore riconoscimento e valorizzazione del contributo delle donne e di una crescita delle responsabilità pastorali loro affidate in tutte le aree della vita e della missione della Chiesa. Sono state espresse posizioni diverse in merito all’accesso delle donne al ministero diaconale. Alcuni considerano che questo passo sarebbe inaccettabile in quanto in discontinuità con la Tradizione. Per altri, invece, concedere alle donne l’accesso al diaconato ripristinerebbe una pratica della Chiesa delle origini. Altri ancora discernono in questo passo una risposta appropriata e necessaria ai segni dei tempi, fedele alla Tradizione e capace di trovare eco nel cuore di molti che cercano una rinnovata vitalità ed energia nella Chiesa. Alcuni esprimono il timore che questa richiesta sia espressione di una pericolosa confusione antropologica, accogliendo la quale la Chiesa si allineerebbe allo spirito del tempo. Le Chiese locali sono incoraggiate, in particolare, ad allargare il loro servizio di ascolto, accompagnamento e cura alle donne che nei diversi contesti sociali risultano più emarginate”); è urgente dunque garantire che le donne possano partecipare ai processi decisionali e assumere ruoli di responsabilità nella pastorale e nel ministero. Non meno importante l’interesse verso i vari Consigli pastorali parrocchiali e diocesani (“La composizione dei vari Consigli per il discernere e il decidere di una comunità missionaria sinodale deve prevedere la presenza di uomini e donne che vantino un profilo apostolico; che si distinguano anzitutto non per una frequentazione assidua di spazi ecclesiali, ma per una genuina testimonianza evangelica nelle realtà più ordinarie della vita. Si codifichi l’obbligatorietà dei Consigli Pastorali nelle comunità cristiane e nelle Chiese locali”). Sul celibato dei preti, infine, sono state espresse valutazioni diverse. “Alcuni chiedono se la sua convenienza teologica con il ministero presbiterale debba necessariamente tradursi nella Chiesa latina in un obbligo disciplinare, soprattutto dove i contesti ecclesiali e culturali lo rendono più difficile. Si tratta di un tema non nuovo, che richiede di essere ulteriormente ripreso”.
Appuntamento tra un anno. Con qualche decisione in più.