Il 20 marzo si celebra la giornata internazionale della felicità voluta dalle Nazioni Unite per promuovere una ricerca e comprensione più completa e veritieradel benessere delle persone, che non può essere definito solo dal fattore economico. Piccolo vademecum.
Fra le tante giornate mondiali indette dalle Nazioni Unite ce n’è una che non si è ancora imposta all’attenzione generale e invece merita l’onore della prima pagina per la consapevolezza positiva che dovrebbe generare. È la giornata internazionale della felicità che si celebra il 20 marzo e ha lo scopo di riconoscere e promuovere la felicità come un diritto fondamentale per tutti.
Chi non desidera essere felice? La felicità è una sorta di desiderio primordiale, oggetto di continui tentativi, la cui ricerca va incontro a molte delusioni, ma raramente si spegne anche se spesso appare irraggiungibile. Difficile definire la felicità, descrivibile in genere come “una sensazione di soddisfazione e di benessere, un insieme di emozioni che contribuiscono a una condizione di appagamento e serenità”, che dipendono da molti fattori sociali, economici, psicologici, spirituali, eccetera.
È molto positivo che le Nazioni Unite nel 2013 abbiano istituito questa giornata e facciano della promozione della felicità dei cittadini un obbligo dello stato. Ed è bello e utile che in questi nostri giorni confusi e turbolenti in cui tutto sembra sovvertirsi ci sia un giorno dedicato alla consapevolezza che, nonostante tutto, dobbiamo cercare la felicità per noi e per gli altri.
Si fa sempre più strada la consapevolezza che il benessere non può essere calcolato solo su parametri economici ma esige anche altri fattori come uno sviluppo equo e sostenibile, la protezione dell’ambiente, la promozione e conservazione culturale. E per questo che al Pil (Prodotto Interno lordo) si associa il Fil (Felicità interna lorda).
Scopo della giornata è quello di promuovere “un approccio più inclusivo, giusto ed equilibrato alla crescita economica tale da promuovere la felicità e il benessere di tutti i popoli”. Un modo garbato per dire che la felicità non è data solo dalla ricchezza materiale, che tuttavia rimane un elemento insostituibile, almeno nella forma del necessario per una vita dignitosa. Non si può essere felici a stomaco vuoto. E in effetti, l’Onu nel proporre questa giornata sottolinea la necessità di sradicare la povertà nel mondo, l’esigenza di creare ambienti che favoriscano il benessere, l’uguaglianza e la giustizia sociale come parte dello sviluppo economico delle nazioni. Non si nomina la religione che pure è un fattore decisivo per la felicità.
L’Italia è un paese felice? Secondo le statistiche del World Happiness Report 2024 (Rapporto mondiale sulla felicità 2024) che vede la Finlandia al primo posto e il Congo all’ultimo, l’Italia nel 2024 occupava il 41° posto, in calo di 8 punti rispetto a 2023. La valutazione del livello medio di felicità avviene in base ad alcuni parametri come: sostegno sociale, reddito, salute, libertà, generosità, assenza di corruzione.
In contrapposizione al clima di crisi globale, il movimento no-profit Action for Happiness, che opera in 160 nazioni, suggerisce una modalità positiva di promuovere la ricerca personale della felicità. Tre semplici consigli o imperativi per ognuno: Sta calmo. Sono molte le cose al di fuori del nostro controllo. Concentrati su ciò che conta davvero. Sii saggio. Scegli azioni positive che sostengano il nostro benessere e aiutiamo gli altri a fare lo stesso. Sii gentile. Siamo tutti sulla stessa barca, cerca di aiutare gli altri che ne hanno bisogno. C’è molto vangelo in tutto questo.
Parlando di felicità i nostri lettori avranno certamente pensato a san Gabriele, lui che, nato in una famiglia benestante, ha trovato la contentezza nell’austerità e povertà del convento e cantava convinto: “La mia vita è un continuo godere”. Un modo rivoluzionario di perseguire la felicità.