È il lavoro dell’ortolano, del pastore e della massaia che consente di gustare gli anellini alla pecorara, un vero capolavoro culinario. Parliamo di una pasta fatta in casa condita con diverse verdure, ricotta e spolverata di pecorino
Un primo piatto profumato, saporito e leggero. Si realizza con prodotti provenienti dall’orto e dal pascolo, consegnati ad abili mani in grado di eseguire una ricetta della tradizione agro-pastorale. È grazie alla sinergia posta in essere da tre professionisti del gusto, l’ortolano, il pastore e la massaia, che è possibile gustare gli anellini alla pecorara, vero capolavoro culinario.
Pietanza tipica di Elice, in provincia di Pescara, ma apprezzata in tutta la regione e oltre. Viene preparata con pasta fatta in casa (o artigianale fresca) condita con diverse verdure, ricotta e spolverata di pecorino.
Gli anellini si realizzano impastando una stessa quantità di farina e di semola assieme alle uova fino all’ottenimento di una massa a forma di palla liscia, da cui, dopo un breve riposo, si ricavano dei cordoncini da arrotolare e unire a forma di anello saldando bene le estremità per evitare che si apra durante la cottura.
Per il condimento si procede così: alla cipolla imbiondita si associano, tagliati a cubetti, gli ortaggi: melanzane, peperone rosso e zucchine (stessa quantità di ognuno), si lascia soffriggere per qualche minuto a fuoco moderato e si aggiunge il sale. In una seconda padella si prepara un soffritto con cipolla tritata, carota e sedano, a cui si unisce la passata di pomodoro o dei pomodori maturi, si aggiunge un poco d’acqua e si lascia cuocere. Sulla pasta cotta al dente si versa il condimento composto dagli ortaggi e dal sugo, completato dalla ricotta di pecora e da formaggio pecorino grattugiato.
Elice, il cui nome risale al termine ilex (leccio), è un piccolo borgo medievale risalente all’XI secolo, posto in cima ad una collina, è dominato da un castello e protetto da cinta muraria a forma di goccia. Al centro del nucleo urbano si trovano collegate da un passaggio a volta la chiesa parrocchiale di San Martino, datata 1258, costruita su un sito preesistente di un monastero benedettino e il castello Baroni, già possesso della famiglia Castiglione.
Agli elicesi da sempre piace avere le “mani in pasta” favoriti dalla presenza del fiume Fino. È stata una terra di mugnai e quindi di ottime farine, di conseguenza c’è l’usanza diffusa della pasta fresca ad opera di laboriose e creative massaie o di pastifici artigianali.
Tra le paste più rinomate: la mugnaia all’elicese realizzata con uova e ricchissimo sugo di carne; la pecorara con i fagioli tondini del Tavo e i cordoni di frate farina semi integrale, aglio olio e mollica o alla trescatora con il sugo di papera, davvero superlativi.
Nel mese di agosto, da molti anni, si tiene la “Sagra della scrippella”, le deliziose frittatine che ricordano le crépes francesi, occasione per degustare tutte le tipicità del territorio e assistere alla suggestiva rievocazione della vita del paese in età medievale. Nei vicoli e piazzette, nelle botteghe e nelle osterie si aggirano numerosi figuranti: popolani e cavalieri, cerusici, meretrici e lebbrosi. Il legame degli abruzzesi con i borghi disseminati sull’intero territorio regionale è forte, lo dimostra il successo degli eventi che li fanno tornare a rivivere, permettendo al contempo degustazioni di cibi e musica, nonché l’opportunità di socializzare tra i diversi campanili. Molto amate anche località non urbane e piuttosto amene, come eremi e santuari, pievi e cappelline, spesso da raggiungere a piedi.
Nel mese di giugno queste alcune mete: il 5 i pellegrini partono da Assergi (AQ), alle falde del Gran Sasso, per arrivare a quota 1.700 metri dove sgorga la sorgente ritenuta miracolosa di san Franco eremita; il 12 da Casalbordino (CH) viene raggiunto il santuario della Madonna dei Miracoli; il 12 da Serramonacesca i devoti si dirigono all’eremo di sant’Onofrio, a scopo terapeutico bevono ad una sorgente e si strofinano alla roccia; il 13 da Pescocostanzo (AQ) ci si incammina verso l’eremo intitolato a sant’Antonio da Padova.
Gli abruzzesi essendo buongustai “amano mettere le gambe sotto la tavola”, ma le mettono anche in movimento per smaltire le calorie in eccesso e lucrare benedizioni.