SIGNIFICATI DELLE ELEZIONI

By Nicola Guiso
Pubblicato il 1 Luglio 2016

è tradizione. non solo italiana, che il più delle volte ai risultati di elezioni amministrative i perdenti gli attribuiscano un valore locale, e i vincitori un valore soprattutto politico. Sono state queste anche le interpretazioni prevalenti tra i perdenti e i vincitori delle elezioni del 5 giugno (1363 comuni e 13 milioni di elettori), e dei ballottaggi del 19 (126 comuni per quasi 9 milioni di elettori).

Ballottaggi segnati soprattutto dalla vittoria del M5S a Roma e a Torino; dalla “vittoria” di De Magistris a Napoli (dove ha votato il 35 per cento degli elettori) e quella sofferta di Sala a Milano. Le interpretazioni di cui ho detto sono in parte ammissibili e in parte no. Se è vero infatti che i fattori locali possono aver influito sui risultati (per esempio lo sfascio della città a Roma ), è però incontestabile che in altri (per esempio a Torino, che era stata bene amministrata) e sul complesso dei risultati abbiano avuto una forte incidenza fattori politici. Innanzitutto per l’alto numero di cittadini coinvolti dalle elezioni. In particolare in città capoluogo di regione e di provincia tra le più rappresentative della situazione generale del paese per popolazione, cultura, peso economico e sociale. Poi perché i risultati complessivi hanno fatto registrare un ulteriore calo dei votanti (dal 67,45% nel 2011 al 62,14%, con punte ancora più basse nei ballottaggi) segnale di crescente disagio politico dei cittadini.

Disagio sottolineato da altri elementi emersi in campagna elettorale e dai risultati, che ricordo in sintesi estrema:

1) La grave crisi del Pd per l’aspro confronto tra renziani e antirenziani, che certamente ha influito sui suoi risultati elettorali. Confronto reso evidente dagli insistiti richiami di Renzi al valore solo locale del voto (contro la tradizione della sinistra italiana); dalle tese e imbarazzate polemiche tra le correnti del Pd dopo che Repubblica aveva accusato D’Alema di spingere la sinistra del partito a votare nei ballottaggi contro i candidati renziani, per vibrare un duro colpo politico al segretario del partito; dall’avvertenza di Renzi agli oppositori interni (prima dei ballottaggi) che userà il lanciafiamme se si opporranno alla linea decisa dal partito per il al referendum costituzionale di ottobre.

2) Il significato politico dei successi del M5S (anche se presente solo in 220 comuni) a Roma e a Torino, perché ha condotto la campagna elettorale su motivazioni politiche antieuropee, socialmente demagogiche (è contro la linea ad alta velocità Lione-Torino-Budapest) e istituzionalmente “anti-sistema”.

3) Le argomentazioni altrettanto politiche, antieuropee (in particolare della Lega e di Fdi) e populistico-demagogiche della campagna elettorale del centro-destra (Fi, Lega, Fdi e cespugli vari). I cui risultati dimostrano che rappresenta ancora una consistente forza d’opinione. Ma che i partiti che ne fanno parte sono profondamente divisi tra loro (e al proprio interno) da fattori politici, programmatici e personalistici.

4) La decisione di De Magistris di fondare un nuovo partito antisistema di sinistra partendo dalla “riconquista” di Napoli.

Qualche considerazione per concludere. La prima, che i risultati elettorali di giugno possono compromettere la strategia di Renzi di creare un blocco “nazionale” organico e motivato in vista del referendum di ottobre. La seconda, che i successi del M5S dimostrano (come quelli di Podemos in Spagna e di Marine Le Pen in Francia) che anche in Italia acquista forza dal basso l’antieuropeismo, che non può essere contrastato con successo solo con gli (ormai penosi e pericolosi) economicismi privi di anima delle centrali di Bruxelles. L’ultima, che anche i risultati elettorali di giugno dimostrano (come molte volte abbiamo scritto nelle note) che al centro della crisi politica e istituzionale italiana c’ è il vuoto creato dalla fine dei vecchi partiti, e dall’estrema difficoltà che la classe politica (vecchia e nuova) mostra nel realizzare nuove forme di partecipazione, attiva e costante, dei cittadini alla formazione e al controllo delle decisioni politiche e programmatiche a tutti i livelli delle istituzioni.

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