NELLA BASILICA SONO CUSTODITE LE RELIQUIE DELLA PASSIONE CHE SANT’ELENA, MADRE DELL’IMPERATORE COSTANTINO, AVEVA RINVENUTO SUL CALVARIO Fin dal IV secolo i cristiani d’Europa amavano recarsi in pellegrinaggio sulle tombe dei martiri a Roma. Giunti nella città eterna, sentivano l’obbligo di assolvere, il cosiddetto giro delle sette chiese che erano le basiliche di San Giovanni in Laterano, San Pietro in Vaticano, San Paolo fuori le mura, Santa Maria Maggiore, San Lorenzo fuori le mura, Santa Croce in Gerusalemme e San Sebastiano fuori le mura. Il percorso doveva farsi in un unico giorno a piedi. Col passare del tempo tale tradizione andò in disuso. Nel XVI secolo, san Filippo Neri pensò di ripristinarla. Con stupore dell’Urbe, Pippo buono riuscì nell’intento.
Siamo a marzo. La liturgia ci immerge nel clima austero della quaresima. In questo contesto ho pensato di accompagnare i lettori in visita alla chiesa di Santa Croce in Gerusalemme. Si trova nel rione Esquilino a un chilometro dal Laterano. Nel III secolo in quell’area sorgeva il palazzo Sessoriano, residenza degli ultimi imperatori. Poi all’inizio del IV secolo divenne residenza di sant’Elena, madre di Costantino. Per volere della santa, all’interno del Sessorium fu edificata la prima chiesa della Santa Croce, consistente in una sala lunga 36 metri e larga 22. Nel 350 la sala-chiesa fu trasformata in basilica in cui vennero sistemate le reliquie della passione che la madre dell’imperatore aveva rinvenuto sul calvario a Gerusalemme.
La primigenia basilica veniva chiamata Eleniana o Sessoriana. Nel corso dei secoli fu soggetta a molteplici trasformazioni e rifacimenti architettonici. L’attuale aspetto risale al Settecento a opera di Benedetto XIV che affidò il restauro agli architetti Pietro Passalacqua e Domenico Gregorini. Da allora la basilica Eleniana assunse il nome di Santa Croce in Gerusalemme.
Quali reliquie si conservano nella storica chiesa? Tra le più importanti citiamo: parti della vera croce; la croce di uno dei due ladroni; due spine della corona; uno dei tre chiodi e il titolo della condanna affisso sulla croce. Sono autentiche? Mi limito ad offrire alcuni criteri di valutazione. Il concilio Vaticano II dice che “nella chiesa, secondo la tradizione, i santi sono venerati e le loro reliquie autentiche e le loro immagini sono tenute in onore”. Si parla di autenticità e di onore.
La chiesa cattolica permette il culto solo alla reliquie che si riferiscono a santi o beati. Tali oggetti però devono essere autenticati da coloro che ne hanno la facoltà. Qualcuno si sarà chiesto: ma gli oggetti della passione non hanno nulla a che vedere con santi e beati. Giusto. Per questo motivo la chiesa ha distinto le reliquie in quattro classi a seconda della loro preziosità:
1) reliquie di 1a classe: sono quegli oggetti direttamente associati a eventi della vita di Cristo, come parti della vera croce, chiodi della crocifissione, la sindone eccetera, o resti di santi, come ossa, capelli, sangue, carne, eccetera;
2) reliquie di 2a classe: oggetti che un santo ha indossato, come una tunica, un copricapo, eccetera. Oppure oggetti che il santo abitualmente usava in vita come un crocifisso, un libro, eccetera;
3) reliquie di 3a classe: sono quegli oggetti che in qualche modo sono entrati in contatto con le reliquie di 1a classe;
4) reliquie di 4a classe: qualsiasi oggetto venuto a contatto con le reliquie di 2a classe.
Oggi la critica mette in discussione l’autenticità di molte reliquie. La chiesa, per neutralizzare eventuali attacchi, ha creduto bene eliminare dal calendario i nomi di tanti santi. Non perché non siano esistiti, ma perché non sono sufficientemente supportati da notizie storiche attendibili.
Torniamo a Santa Croce in Gerusalemme. Quelle reliquie sono state oggetto di venerazione da parte di papi, santi e milioni di fedeli. Che dire? I cristiani erano più semplici? In fondo si tratta di una qualità squisitamente evangelica, che convalida l’affermazione paolina: “Tutto concorre al bene, per quelli che amano Dio” (Rm 8,28). Oggi si tende ad essere super critici. Però si sta assistendo a un cambiamento di cultura affatto edificabile. Mentre in passato si lottava per possedere una reliquia, oggi anche da parte di sacerdoti, molte reliquie son finite in soffitta. Prima si faceva a gara nelle processioni per portare la statua di un santo, oggi è diventata un’impresa trovare qualcuno disponibile.
Per nutrire la fede dei cristiani del passato invece era più che sufficiente dar credito a notizie come quella riportata dallo storico Socrate Scolastico, nato nel 380. Nella sua Storia ecclesiastica racconta che Elena, madre dell’imperatore Costantino, dopo aver fatto demolire il tempio di Giove edificato sul santo sepolcro, rinvenne tre croci e il titulus crucis (tavoletta della condanna, ndr). Per verificare quale delle tre fosse quella di Gesù, Macario, vescovo di Gerusalemme, ricorse a una prova di carattere soprannaturale: fece porre le tre croci una per volta sopra il corpo di una donna malata. La donna guarì perfettamente al tocco della terza croce, che fu ritenuta la vera croce.
La pellegrina Egeria nel 380, durante il pellegrinaggio a Gerusalemme, annota nel suo diario Itinerarium Egeriae lo svolgimento di una adorazione della vera croce. È un racconto bello e significativo: “Una sedia viene posta per il vescovo sul Golgota dietro la croce… davanti a lui viene posta una tavola coperta di un panno di lino… vengono portati uno scrigno argentato in cui si trova il sacro legno della croce e la tabella della condanna, e posati sul tavolo… il vescovo, sedendosi, mantiene con fermezza le estremità del sacro legno… quando le persone passano una a una, tutte inchinandosi, toccano la croce e la condanna, prima con la fronte e poi con gli occhi; poi baciano la croce e passano”.
Oggi l’adorazione della croce fa parte della liturgia del venerdì santo. lancid@tiscali.it