SAN GIUSEPPE A NAZARETH
COSTRUITA NEL 1914 LA CHIESA SORGE SULLO STESSO SITO DI UNA CHIESA DI EPOCA CROCIATA, CHIAMATA CHIESA DELLA NUTRIZIONE. QUESTA SOVRAPPOSIZIONE DI EDIFICI È GIÀ UNA PROVA A FAVORE DELL’AUTENTICITÀ DEL LUOGO
Questa volta voglio iniziare col motto Ubi maior minor cessat, dove c’è una persona importante quella che conta di meno si fa da parte. Tutti san-no che a Nazareth c’è il meraviglioso santuario dell’Annunciazione di Maria vergine. Non tutti però sanno che lì accanto, a circa duecento metri di distanza, c’è anche il santuario dello sposo Giuseppe. Quest’ultimo, posto a confronto col primo, si distingue subito per la sua semplicità sia sotto l’aspetto architettonico che volumetrico. San Giuseppe ha voluto dimostrare la sua modestia di fronte alla sublimità della sua sposa anche in questo. Nel ruolo affidatogli da Dio, ha svolto tutto con responsabilità, umiltà e amorevolezza.
A questo punto non occorre fare troppe argomentazioni per convincersi che san Giuseppe, dopo la Madonna, sia il santo più grande di tutti i tempi. La tradizione ha sempre chiamato Giuseppe padre putativo di Gesù, ossia colui che era creduto suo padre secondo quanto asserisce il vangelo di Luca. Oggi si preferisce l’espressione padre legale di Gesù. Per quanto riguarda l’età di Giuseppe e Maria all’epoca del fidanzamento, gli studiosi dicono che potevano avere circa 18/20 anni lui e 14/15 anni lei.
Da sempre la chiesa ha tributato un grande culto a san Giuseppe. Ma da quando le leggi dello stato nel 1977 hanno abolito le feste infrasettimanali, qualcosa di strano è successo. La memoria del padre putativo di Gesù si è andata affievolendo. Tuttavia i papi, soprattutto quelli degli ultimi decenni, si sono sempre distinti per la devozione verso san Giuseppe. Pio XII il 1° maggio 1955 istituì la festa di San Giuseppe lavoratore. Giovanni XXIII decretò che il nome di san Giuseppe venisse inserito nel canone romano. Paolo VI espresse la sua devozione in quel memorabile discorso pronunziato a Nazareth il 5 gennaio 1964. Disse tra l’altro: “Qui tutto parla e tutto ha un senso… una lezione di silenzio: il silenzio di Nazareth… una lezione di vita familiare. Nazareth ci insegna cosa è la famiglia… una lezione di lavoro: la casa del figlio del carpentiere”. Notoria poi, la devozione a san Giuseppe di Giovanni Paolo II. Il 15 agosto 1989, emanò l’esortazione apostolica Redemptoris custos sulla figura e la missione di san Giuseppe nella vita di Cristo e della chiesa. Nel 2013, poi, papa Francesco ha ratificato con decreto quanto già era nei desideri di Benedetto XVI. Ha stabilito cioè che il nome di san Giuseppe fosse aggiunto nelle Preghiere eucaristiche II, III e IV del messale romano dopo il nome della vergine Maria.
La chiesa di Nazareth fu costruita nel 1914 ad opera del francescano Wendelin Hinterkeuser. Essa sorge sullo stesso sito di una chiesa di epoca crociata, chiamata Chiesa della nutrizione. Questa sovrapposizione di edifici è già una prova a favore dell’autenticità del luogo. Esperti archeologi sostengono, infatti, che si tratta dello stesso sito dell’antica chiesa della nutrizione di cui parla il pellegrino Arculfo nel suo diario De locis sanctis redatto durante il suo pellegrinaggio in Palestina intorno al 670. Lì Gesù è stato nutrito e cresciuto.
Grazie ai sondaggi e scavi eseguiti su quell’importante sito, furono ritrovate grotte, cisterne e muri delle abitazioni primitive. In più, una vasca mosaicata con gradini. Secondo gli archeologi dovrebbe trattarsi di un fonte battesimale facente parte della primitiva chiesa di origine giudeocristiana.
Quale fu la professione di san Giuseppe? In proposito riportiamo l’ipotesi di uno dei più illustri biblisti contemporanei, il cardinale Gianfranco Ravasi. Questi nel suo recente libro Giuseppe il padre di Gesù, partendo dal versetto di Matteo: Non è costui il figlio del téktón?, scrive: “Il termine téktón di per sé indica il falegname o il carpentiere, colui che esercita il suo mestiere con un materiale duro. Le antiche versioni dei vangeli hanno optato per la traduzione falegname. Tuttavia non bisogna dimenticare che il legno non serviva solo per approntare aratri o mobili vari, ma anche come vero e proprio materiale di costruzione edilizia. Se stiamo alla documentazione e alla ricostruzione più attenta e fondata del quadro socio-economico giudaico del I secolo, possiamo ottenere i risultati che seguono: a) livello delle alte classi che comprendeva i latifondisti, i grossi mercanti e i sovrintendenti alla esazione delle tasse; b) al livello opposto, il più basso, erano collocati invece i lavoratori a giornata. La categoria del téktón, come quella prevalente dei piccoli coltivatori e dei pescatori si collocava a un livello intermedio tra quei due estremi, ma con una tendenza verso il basso. Perciò la famiglia di Gesù non era povera in senso stretto”.
Con le argomentazioni del cardinale Ravasi, abbiamo potuto conoscere a sufficienza quale fosse la professione di san Giuseppe. All’epoca i figli imparavano il mestiere del padre. Non sarà difficile per la nostra immaginazione ricostruire l’impegno lavorativo di Gesù. È stupefacente osservarlo alle prese con gli strumenti da lavoro nella bottega del padre. Nel villaggio lo conoscevano tutti per il lavoro che faceva, al punto che i concittadini, stupiti della sua sapienza, con sarcasmo, si dicevano: “Non è costui il falegname, il figlio di Maria?” (Mc 6,3).
Il 19 marzo scorso, festa dei papà, papa Francesco davanti a 100mila persone in piazza san Pietro, propone san Giuseppe come modello dei genitori: “Giuseppe faceva da papà a Gesù e nel suo custodirlo, educandolo a crescere in età, sapienza e grazia, egli è modello per ogni educatore, in particolare per ogni padre”.