PULIZIE NECESSARIE

“Space debris”: così si chiama il problema che nel prossimo futuro le nuove generazioni dovranno affrontare per mettere in orbita sempre più satelliti o anche per lasciare l’orbita terrestre per colonizzare la Luna o Marte. Infatti, nel giro di 70 anni dall’inizio dell’era spaziale, resti di differenti dimensioni orbitano attorno alla Terra, grandi come gli stadi dei razzi, ma anche piccoli come frammenti di satelliti, scaglie di vernici e polveri. Ma anche cose curiose come un guanto, una macchina fotografica, una chiave inglese e uno spazzolino da denti, un paio di pinze, una cassetta degli attrezzi: tutte cose che diversi astronauti hanno perso durante le loro attività extra veicolari, per riparare stazioni spaziali o altri equipaggiamenti.

La maggior parte di questi oggetti ricade velocemente verso la Terra e si polverizza con l’attrito dell’atmosfera, ma a seconda dell’orbita, alcuni rimangono a insidiare il passaggio di futuri satelliti, razzi e quant’altro ancora si volesse mettere in orbita. Non di rado dai centri di controllo a Terra, dove le traiettorie di questa “spazzatura” sono minuziosamente controllate al centimetro, si chiede di modificare le orbite di satelliti e di altre attività umane perché vi è il rischio, seppur minimo, di impatto. Le velocità in gioco sono importanti: si parla di “proiettili” che vanno a qualche km al secondo, e dunque l’energia cinetica ad essi associata è in grado di perforare o anche peggio distruggere apparecchiature o altro.

Una memorabile rappresentazione filmica della possibile catastrofe è fatta nel film Gravity oramai di qualche anno fa, con Sandra Bullock e George Clooney, in cui i due astronauti, usciti attraverso le loro tute spaziali a riparare lo strumento rotto di un satellite, all’improvviso sono investiti da una serie di frammenti (quasi incandescenti!) che distruggono praticamente tutto ciò che di artificiale incontrano nel loro cammino: sia lo Shuttle con cui gli umani erano arrivati dalla terra, sia il prezioso satellite che erano andati a riparare, lasciando una enorme scia di pezzi e pezzettini a vorticare per lo spazio.

Naturalmente la parodia filmica evoca un immaginario esagerato, per cui la possibilità di incidente sembrerebbe all’ordine del giorno mentre nella realtà le cronache non ci parlano mai di questioni legate a incidenti spaziali di queste proporzioni.

C’è da dire altro: non solo teniamo sotto controllo il problema, ma alcuni si stanno attivando per risolverlo alla radice: ad esempio le grandi agenzie spaziali, come Nasa e Esa stanno pensando di lanciare dei prototipi di “spazzini celesti”, in grado di “catturare” o “incenerire” tramite dei potenti laser i frammenti più piccoli. Sarà comunque necessario lo sforzo congiunto di tutti gli attori coinvolti a livello internazionale per mettere fine alla minaccia di essere colpiti dagli stessi “rifiuti” che l’uomo ha lasciato nel corso degli anni, e fare in modo che sia minimizzata la futura quantità di materiale disperso, specialmente ora che siamo in grado di mandare in orbita non più qualche centinaio, ma addirittura migliaia, di satelliti l’anno.

Impossibile non pensare al generale problema dei rifiuti: sulla terra ne siamo pieni, per gli stessi mari e oceani occorre rimuovere la plastica che potrebbe rovinare i cicli biologici marini e terrestri! Ogni volta che si riflette su questi temi si è molto combattuti se l’essere umano sia degno o meno del suo agire, tanto che sembra impossibile che non sporchi quello che trova pulito… Che dire? Abbiamo il nostro ingegno da usare, non dobbiamo essere pigri! Quella tecnica antica e rozza che abbiamo messo in campo per proliferare nei mari, nei cieli e sulla terra, sia adesso rinnovata e d’aiuto per pulire quanto abbiamo sporcato e continuare la nostra esplorazione del mondo e oltre!

marco.staffolani@gmail.com

L'ECO di San Gabriele
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