Quattordici milioni di italiani ogni giorno si spostano per raggiungere il lavoro o la scuola. Una folta schiera che si muove in automobile, autobus, treno e che “lavora” un mese e mezzo in più all’anno…
Ogni giorno circa 14 milioni di italiani si spostano dal proprio centro di residenza per raggiungerne un altro dove c’è la base del loro lavoro o la scuola. Una vera e propria nazione che si muove in automobile, autobus, treno. Che – secondo alcuni studi – “lavora” (nel senso del tempo collegato comunque all’attività produttiva) un mese e mezzo in più all’anno rispetto agli altri. Infatti, i pendolari impiegano in media 72 minuti per gli spostamenti giornalieri di andata e ritorno, ovvero 33 giornate lavorative (un mese e mezzo). Se si riducessero i tempi di percorrenza da 72 minuti a 40 minuti, risparmierebbero ogni anno ben 15 giornate andate perse nella congestione del traffico e nelle attese dei treni. La qualità del lavoro aumenterebbe e gli incrementi di produttività sarebbero vistosi.
Sono i pendolari, tra la popolazione attiva, quelli che sentono maggiormente la crisi, a causa degli aumenti dei prezzi: benzina, pedaggi autostradali, biglietti dei treni e degli autobus. Negli ultimi anni il fenomeno del pendolarismo è cresciuto notevolmente in quanto, proprio a causa degli alti costi per vivere in città, centinaia di migliaia di persone hanno scelto di vivere fuori dai grandi centri urbani. Lo spostamento progressivo di popolazione verso l’hinterland è dovuto, infatti, sia ai costi nel settore immobiliare (affitto, acquisto delle case), sia nella possibilità di poter usufruire nei piccoli centri di preziose reti di supporto familiare e non.
I bilanci demografici segnalano, infatti, una progressiva erosione di residenti nelle grandi città (-4,8% ) un netto aumento di residenti nei comuni della prima cintura (+9,3%) e, ancor più, della seconda corona urbana (+13,8%). Per avere un’idea del fenomeno del pendolarismo, basti sapere che ogni giorno entrano a Milano sono 592 mila (il 45,4% della popolazione residente nel comune); 291 mila a Roma (con un aumento della popolazione cittadina del 10,8%); 249 mila a Napoli (25,6%); 242 mila a Torino (26,9%).
I pendolari sono soprattutto impiegati e insegnanti (43%), studenti (23%) e operai (17,5%). Nel girare quotidiano si conferma il ruolo predominante dell’auto privata, usata dal 70,2% dei pendolari, soprattutto dai lavoratori (l’80,7% contro il 35,7% degli studenti). Il treno viene utilizzato dal 14,8% dei pendolari, cioè più di 1,9 milioni di persone, per spostarsi in ambito locale e metropolitano, come unico mezzo di trasporto o in combinazione con altri mezzi. La percentuale sale notevolmente tra gli studenti (32,7%) e scende al 9,3% tra i lavoratori. All’ultimo posto gli autobus extraurbani e le corriere, con una quota di mercato del 10,7% (28% per gli studenti, e 5,5% per i lavoratori).
La spesa mensile a carico dei pendolari è in media di 45,30 euro per gli utenti degli autobus extraurbani, di 49,20 per chi viaggia in treno, e aumenta notevolmente per i pendolari automobilisti, che spendono 109,50 euro al mese solo per il carburante. Un pendolare che usa l’auto, percorrendo l’autostrada (con relativo pedaggio) e parcheggiando in un’area a pagamento, può arrivare a sostenere un costo annuo di 2.565 euro, ossia circa un decimo del reddito medio annuo: una cifra pari a quattro volte la spesa sostenuta da chi usa il treno per spostarsi (in media 540 euro all’anno). Ma allora – ci si potrebbe chiedere – perché non usano il treno. Intanto, molte fabbriche sono lontane dalle stazioni, e poi ci sono alcuni fattori, tra i quali il più importante è quello della puntualità. è stato calcolato che con il treno si accumula una media di 16 minuti di ritardo, il che significa perdere le coincidenze con gli autobus che poi conducono agli uffici o alle fabbriche.
Altrove usare il treno è normale, ma da noi le lamentele su questo servizio di trasporto non mancano: la partenza in ritardo del convoglio (32%) e l’arrivo a destinazione oltre l’orario previsto (31%). Ma è la rete suburbana che non funziona: è elevato il divario tra le città italiane e le maggiori conurbazioni europee: oltre 3.000 km di rete a Berlino, 1.500 km a Francoforte, 1.400 km a Parigi, a fronte dei 188 km di Roma, i 180 km di Milano, i 117 km di Torino e i 67 km di Napoli. Quanto al recupero di velocità c’è molto da fare: siamo a una media di 35,5 km l’ora contro i 51,4 della Spagna, i 48,1 della Germania e i 46,6 della Francia. Ci tocca sempre rincorrere.