PARLIAMO DEL PARADISO AI NOSTRI BAMBINI

Un giorno luminoso di primavera. Questa mattina, tocca a noi nonni accompagnare il nipotino alla scuola d’infanzia. Mentre attraverso le colline, ci avviciniamo alla città, cantiamo un motivo che funge da preghiera seguito da un canto un po’ goliardico: Lassù in cima al Montenero. Parla di dodici briganti che vivono in una caverna. Il Montenero sarebbe, nella fantasia, una delle due montagne che separano, da un lato, il territorio di Teramo da quello di Ascoli. Sullo sfondo, invece, svetta il Gran Sasso. Faccio notare al bambino che c’è un pennacchio di nubi che ne nasconde la cima. “Sai cosa dicevano i contadini di una volta? – chiedo – Quando il Gran Sasso si mette il cappello, tu prendi l’ombrello. Questo proverbio significa che durante la giornata il tempo probabilmente si guasterà. Pioverà o vi saranno tante nubi. Vedremo”.

Il viaggio ora continua in pianura, sulla strada che costeggia il torrente Tordino. Ad un tratto scorgiamo Mohamed che cammina a grandi passi. È un giovane bengalese che, ogni mattina, percorre dieci chilometri per recarsi in città. “Io lavoro!”, mi disse la prima volta con commovente orgoglio. Vende accessori da cellulare in un negozio del centro. Conosce quattro parole d’italiano ma lo studia imperterrito in una scuola per stranieri. Oggi, grato per il passaggio, prende in mano il mio cellulare, si accerta della sua grandezza, poi dice: “Domani ti porto una cover nuova. Di che colore la vuoi?”.

Giunti alle porte di Teramo, faccio scendere Mohamed e proseguo tra circonvallazioni e vicoli verso l’asilo. “Chi era? – chiede il bambino – Perché l’abbiamo portato?”. “Perché è un mio amico – rispondo – e poi perché in ogni persona che incontriamo c’è Gesù”. “Anche in me c’è Gesù?”. “Certo, anche in te. In ogni persona è presente una scintilla di Dio che si chiama ‘anima’. Quando finiamo di vivere sulla terra, la nostra anima si stacca dal corpo e entra in Paradiso, dove scopriremo infinite meraviglie e faremo insieme tante cose belle. In quel luogo, tutti si amano e sono felici. E lì ritroveremo parenti e amici”. “Ci sono anche i giochini?”, chiede il bambino. “Certamente, il Signore ci donerà tutto quanto corrisponde ai nostri desideri e può renderci gioiosi”.

“Allora – concludo – tieni presente che quando io e la nonna entreremo nel Regno di Dio, saremo sempre vicino a te e chiederemo al Signore di aiutarti nei momenti difficili. E quando arriverai in Cielo anche tu, verremo ad accoglierti sulla soglia del Paradiso, insieme a Gesù e alla Madonna, e ti diremo: Benvenuto tra noi. Ti abbiamo tanto aspettato e ti siamo stati accanto, giorno e notte, anche se tu non ci vedevi. Ora saremo insieme nella gioia e nulla ci separerà più ”. Eccoci giunti intanto di fronte all’asilo. Il bambino ci saluta contento e scompare dietro il portone, accompagnato dalla nonna.

C’è una cosa che caratterizza negativamente la nostra epoca. Il silenzio degli adulti sulla morte. Di fronte alla scomparsa di una persona cara, oggi, la famiglia tende a chiudersi in un silenzio angoscioso. Succede allora che i bambini vivano in solitudine questa esperienza, cercando di non fare domande per non ferire chi è ancora presente. Così, accade che, ignorando le cause della morte, il bambino può finire per attribuire a sé stesso la colpa di quanto è accaduto.

Per quanto riguarda i bambini traumatizzati dalla scomparsa dei loro cari, oggi, la psicologia sta riscoprendo il valore insostituibile del dialogo. Parlare della perdita subita, soprattutto in gruppo, rende meno lacerante il dolore. È utile, infatti, selezionare e archiviare nella memoria i momenti speciali che abbiamo vissuto insieme alle persone scomparse. Non si tratta di dimenticare chi non c’è più, ma di ricreare con lui un nuovo tipo di connessione, facendo tesoro di ciò che ci ha lasciato.

L'ECO di San Gabriele
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