O LA GHIANDA O IL DADO

C’è un reattivo filosofico che ci chiede se apparteniamo alla schiera degli uomini per i quali: “Piove affinché gli alberi crescano”, oppure a quella secondo cui: “Dal momento che piove, gli alberi crescono”. Sembra una cosa di poco conto. Ma, nel primo caso si è “finalisti”, cioè si appartiene a coloro che pensano che tutto accada secondo un progetto prestabilito. Mentre, nel secondo caso si è “meccanicisti”, e questi sono convinti che il mondo è una grande macchina in cui tutto avviene secondo un sistema di cause naturali che agiscono a caso e non secondo un ordine precostituito.

Ecco, allora, l’umanità divisa in due. Quelli per i quali, il mondo, le vicende storiche e la vita degli individui sono come una ghianda in cui è programmata la quercia. E quelli, invece, per i quali la realtà è come un dado gettato sopra un tavolo che casca dove casca. Nella storia del pensiero, il meccanicista più famoso è Democrito, per il quale tutto è fatto di atomi che si aggregano a caso. Mentre, il finalista più illustre è Aristotele, secondo cui “La natura non fa nulla senza uno scopo”. Chi ha ragione?

Fino a qualche tempo fa, uno scienziato o un filosofo che avesse voluto eludere il tema delle cause prime, cioè il problema di Dio, aveva di fronte a sé una scorciatoia molto comoda. Quella di ricorrere all’idea dell’eternità dell’universo, tipica del sistema greco e delle religioni orientali. Questa tesi era un raggiro, un modo per deviare l’attenzione. Non aveva né fondamenti scientifici né sostenibilità filosofica. Infatti, anche un bambino un po’ sveglio avrebbe potuto obiettare: “Ma chi ha dato vita alla materia primordiale, quella da cui ha avuto origine la catena evolutiva?”. Del resto, se parliamo di evoluzione, diceva Giovanni Paolo II, è lo stesso universo a reclamare l’esistenza di Qualcuno che abbia infuso nella materia le leggi evolutive che la caratterizzano. Ma, a metà degli anni cinquanta del novecento è accaduto qualcosa che ha rivoluzionato tutto il discorso sul finalismo e il meccanicismo. La scoperta del Dna da parte di James Watson e Francis Crick. Essa ha reso evidente che sono proprio quelle due eliche, in cui è sintetizzato l’intero patrimonio genetico di un uomo, a gridare, in ogni cellula, che ci troviamo di fronte a un “universo sapiente”. Un’Intelligenza che ha ideato e miniaturizzato tutte le informazioni contenute nel Dna, nella giusta sequenza. Ne deriva che l’affermazione che la vita sia comparsa per una serie di occasioni fortunate, in base al “caso” (alterazioni accidentali avvenute nel codice genetico) e in base alla “necessità” (il determinismo con cui tali alterazioni vengono trasmesse), – secondo la tesi espressa da Jacques Monod, nel libro Il caso e la necessità – va considerata, al dire di Anthony Flew, uno “sforzo comico” per negare Dio.

È superfluo, a questo punto, constatare che la Bibbia è radicalmente finalista, anzi provvidenzialista. Le Scritture affermano continuamente l’esistenza di un progetto divino sul cosmo, sulla storia e sulla vita dei singoli individui. Ci sono versetti biblici che non lasciano spazio al dubbio. Ad esempio: “Dio vide che tutto era buono”; “Tu, Signore, hai disposto ogni cosa secondo misura, numero e peso”. Ed ancora: “Dio suscita in noi il volere e l’operare secondo il suo disegno d’amore”; “Il Signore tuo Dio ti ha portato, come un uomo porta il proprio figlio, per tutto il cammino che hai fatto” …

Anche Albert Einstein era convinto che ormai non ci sono più spazi per l’ateismo scientifico. Nonostante il grande mistero che ancora avvolge le cose, egli credeva fermamente nel supremo Ordinatore del mondo: “Io non sono ateo, dichiarò, e non penso di potermi definire panteista. Noi vediamo l’universo meravigliosamente regolato da certe leggi, ma le comprendiamo con molta incertezza. Siamo nella situazione di un bambino, entrato in una biblioteca piena di libri che, però, non conosce la lingua in cui sono stati scritti”.

L'ECO di San Gabriele
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