NEVE DI MADREPERLA

IL RACCONTO DI NATALE
By mario narducci
Pubblicato il 30 Novembre 2021

Mentre osservava con il cuore in subbuglio il telefonino squillò. “Buon Natale papà – gli dissero da lontano i suoi due figli – domani verremo a trovarti”. Con il cuore che sobbalzava di felicità, Mariano riuscì solo a sillabare un desiderio. Vi aspetto, e poi tutti insieme si va a messa”

Per Natale aveva chiesto la neve. Non sapeva se per pungolo di nostalgia o per accrescere il desiderio dell’attesa. Si fermò un istante ad osservarsi dentro e si accorse che in realtà era per nostalgia perché erano decenni ormai che non aspettava più nessuno e se non fosse stato per l’atmosfera di letizia che lo subissava suo malgrado, anche le feste di Natale sarebbero passate tra l’indifferenza più totale.

Mariano viveva in una casa di riposo. Quelle che per far dimenticare d’essere un ospizio cercano di avere un nome rassicurante, come “Villa Serena”. Da qualche tempo era rimasto solo dopo la scomparsa della moglie, mentre i figli stavano lontano dalla sua città, ciascuno con la propria famiglia.

Da ragazzo aveva frequentato assiduamente la parrocchia godendo della compagnia chiassosa dell’oratorio. Veniva da una famiglia religiosissima che gli aveva inculcato attaccamento alle pratiche religiose. Certe sere, come faceva da ragazzo, si ritrovava a fare un piccolo bilancio della sua vita. Una strada senza ritorno, però, specie dopo che i figli, diventati adulti, avevano lasciato casa. Fino ad allora Natale veniva soprattutto per loro, con tutto il contorno di festa laica che l’accompagna. La corsa ai regali da scartare nella vigilia e quella ai centri commerciali per rifornirsi di panettoni, torroni e spumante.

Per la verità questa follia consumista non l’aveva mai sopportata un granché. Anche perché il Natale di quando era ragazzo era molto più sobrio e a scandirlo erano soprattutto gli appuntamenti in parrocchia con i suoi piccoli riflessi in casa. Ricordava ancora la breve cantilena che diventava di rigore sotto la novena di Natale ad ogni decina, dopo il Gloria Patri: “Con Giuseppe e Maria, madre pudica, il Bambino Gesù ci benedica.

Come un tempo si sorprese a cantarla a fior di labbra, mentre i ricordi riaffioravano sempre più nitidi: il segno di croce conclusivo, il padre che assestava nel camino il ciocco grande che avrebbe dovuto ardere tutta la notte, la madre che approntava la cena della vigilia con castagne e ceci e spaghettini con il tonno, la partita a sette e mezzo cui partecipavano tutti come alla tombola che si interrompeva poco prima di mezzanotte, in tempo per la messa in cattedrale celebrata dall’arcivescovo che offriva infine al bacio dei fedeli la statuina di Gesù Bambino, simile a quella di Nazaret.

All’uscita di chiesa, quasi sempre, la sorpresa della neve che aveva imbiancato la scalinata e la piazza distendendosi lungo i vicoli come un fiume di panna.

Più la memoria si inoltrava sul terreno del passato e più i ricordi diventavano intensi. “Abbiamo fatto diventare questa grande festa cristiana, diceva a se stesso, la festa dei regali”, mentre riandava con la memoria al solo giorno in cui, quando era ragazzo, ci si scambiavano i doni ed era per la Befana, nome alterato dell’Epifania del Signore. Allora non c’era la grande fiera nazionale dei giorni nostri e sulle poche bancherelle facevano bella mostra di sé pifferi di latta, motociclettine a carica manuale ed altri giocattoli che finivano nelle calze appese al camino assieme al torrone, agli aranci e ai mandarini e a un pezzo di carbone quello vero.

Improvvisamente, con una grande dolcezza nel cuore, Mariano lasciò la poltrona e si accostò alla finestra. Nevicava lentamente e a falde larghe come lui aveva chiesto. Alla luce dei lampioni il prato di Villa Serena assumeva riflessi di madreperla e mentre osservava con il cuore in subbuglio il telefonino squillò. “Buon Natale papà – gli dissero da lontano i suoi due figli – domani verremo a trovarti”. Con il cuore che sobbalzava di felicità, Mariano riuscì solo a sillabare un desiderio. “Vi aspetto, e poi tutti insieme si va a messa”.

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