Sono una lettrice assidua della vostra bella rivista: più di una volta ho pensato di porvi delle domane su vari problemi della fede cristiana. Ora, approssimandosi il Natale, vi chiedo di aiutarmi a capire meglio questa grande e bella festa. Sono profondamente grata della vostra attenzione. Assunta (Teramo)
La solennità del Natale celebra la verità centrale della fede cristiana: l’incarnazione, cioè l’ingresso del Figlio eterno di Dio nella storia degli uomini, facendo propria la natura umana, cioè facendosi uomo. Il Natale, dunque, celebra l’evento fondatore del cristianesimo, evento nel quale la seconda persona della Trinità, il Figlio, diviene uomo con il nome di Gesù il Cristo. In altre parole il Natale è la manifestazione dell’amore di Dio Padre, che in Gesù si fa povero per redimere la nostra povertà. L’onnipotente nasce in un tugurio, in una povera capanna di pastori per dichiararci il suo infinito amore e l’universale volontà di salvezza.
Un testo della liturgia natalizia tratto dal libro della Sapienza (18, 14-15) recita: “Mentre un quieto silenzio avvolgeva ogni cosa, il tuo verbo onnipotente, o Signore, è sceso dal cielo, dal trono regale”. Gesù, dunque, è la parola uscita dal silenzio. Dio da ricco che è si fa povero per arricchire ogni uomo che si apre alla sua azione redentrice. Natale, allora, è la festa dei poveri, di tutti i poveri, non solo quelli materiali. Ci sono infinite forme di povertà che, almeno una volta all’anno, vale la pena ricordare, per non rimanere sempre fermi alla sola povertà dai beni materiali. C’è la povertà degli affetti, di cultura, quella di chi è stato privato di ciò che aveva di più caro al mondo. La povertà di speranza, di gioia. Dio, facendosi uomo, si è assimilato a ognuno di questi poveri e offre loro la possibilità di trasformare queste povertà in ricchezza.
Questo è il Natale a cui lo Spirito Santo desidera condurre i veri credenti. Un pensiero sincero di gratitudine, di commozione e di amore per colui che è venuto ad abitare in mezzo a noi, Cristo Signore.