L’ecumenismo al tempo di covid19

Il coronavirus non è un “nemico invisibile”. E non è neppure il caso di evocare un “clima di guerra” per parlare di una quarantena più o meno lunga. Pensiamolo piuttosto come un “Periodo di prova”, come quando ci si trova impegnati un una competizione sportiva, o in uno dei tanti esami che la vita ci propone.

In quest’ottica, covid19 e quarantena diventano l’occasione per produrre qualcosa di nuovo e di buono. Come ha spiegato il Patriarca di Costantinopoli in una recente dichiarazione ad Agenzia SIR, infatti, «La prova è una occasione per cambiare al meglio. Nella direzione di rafforzare l’amore e la solidarietà».

Ecco allora che in tempo di coronavirus e quarantena un Padre Nostro «per implorare la misericordia per l’umanità duramente provata dalla pandemia di coronavirus» diventa una occasione di preghiera comune delle chiese cristiane.

Alla preghiera presieduta da papa Francesco, infatti, si sono uniti in comunione spirituale: il Patriarca di Costantinopoli Bartolomeo I, il capo della chiesa anglicana e vescovo di Canterbury Justin Welby e l’associazione ecumenica delle Chiese cristiane d’Europa (kek) che, in un comunicato, ha dichiarato: «In questi tempi di incertezza globale abbiamo bisogno di segni di unità e di speranza».

Non si è trattato di un singolare flash mob, ma di una vera esperienza di ecumenismo.

L'ECO di San Gabriele
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