La polta è una specialità dell’antica civiltà contadina a base di fagioli tondini locali, patate e cavoli lessati separatamente, sminuzzati e ripassati in padella con olio, aglio rosso e peperoncino per chi ama il piccante. In questo territorio trovano il loro habitat naturale anche vigneti e oliveti di alta qualità
Ad aprile è davvero dolce dormire, ma è anche bello tornare a viaggiare per scoprire la bellezza dei luoghi, il fascino delle feste tradizionali e la bontà dei cibi locali. Una buona occasione ci è data quest’anno dalle festività pasquali che ricadono nella prima decade del mese.
Suggeriamo di raggiungere la Valle Peligna, in provincia di L’Aquila, per rimanere esterrefatti da Sulmona, detta la Siena degli Abruzzi, e partecipare a un antico e suggestivo rito religioso che si ripete ogni anno nel giorno di Pasqua: la “Madonna che Scappa”. Saranno appagati gli occhi e il cuore, il palato invece si esalterà con i famosi confetti e il rinomato aglio rosso.
Mentre nella terza decade, precisamente il 25 aprile, consigliamo di visitare Pacentro in festa per il santo patrono san Marco Evangelista. È sito su di uno sperone che si affaccia sulla Conca Peligna e rientra meritatamente nel “Club Borghi più belli d’Italia”, conquista i visitatori grazie al suo centro medievale perfettamente conservato e al suo patrimonio naturale, si trova, infatti, all’interno del Parco Nazionale della Majella.
Il piatto tipico è la polta una specialità dell’antica civiltà contadina a base di fagioli tondini locali, patate e cavoli lessati separatamente, sminuzzati e ripassati in padella con olio, aglio rosso e peperoncino per chi ama il piccante. In effetti tutta la gastronomia è improntata alla semplicità, connotata dal gusto proprio della genuinità, sia nel caso delle carni da animali allevati nei pascoli montani, sia nei prodotti caseari. Entrambi beneficiano delle erbe aromatiche che ne esaltano sapori e profumi. Da non perdere quindi: i classici maccheroni alla chitarra con sugo e polpettine di castrato spolverati con pecorino; i ravioli alla ricotta; gli gnocchi al sugo di pecora e la pecora bollita all’u cuttur; i fegatelli di capretto; a cui si aggiungono piatti sapidi e identitari a base di tartufo e zafferano e le zolle di aglio rosso, ovvero lo scapo fiorale scottato in padella, ottimo anche in frittata.
Parliamo di un territorio in cui trovano il loro habitat naturale anche vigneti e oliveti con produzione di oli e vini di alta qualità. Questi due prodotti offrono un importante contributo nella realizzazione di ricette e nell’accompagnamento di ogni genere piatti.
Pacentro è un borgo montano, sito a 700 metri di altitudine, dal quale si raggiungono facilmente quote più elevate con la possibilità di godere panorami mozzafiato (Passo San Leonardo e la cascata del Vallone) o di ammirare una ricca flora colorata è profumata, ma anche sorgenti di acque cristalline che solcano i sottoboschi. Qui è possibile imbattersi in una fauna composta da scoiattoli, volpi, donnole, più raramente in qualche orso o lupo, non è difficile invece vedere volteggiare uccelli rapaci. I boschi sono composti principalmente da faggi, ma anche querce secolari. Non mancano macchie di aceri, carpini e lecci.
Gli amanti della storia, dell’architettura e dell’arte, invece, avranno modo di apprezzare il Castello dei Cantelmo-Caldora (XIV secolo). Maniero a pianta quadrilatera circondato da fossato e a cui furono aggiunte, nella seconda metà del Quattrocento, tre svettanti torri quadrate; nelle sue vicinanze si trova la chiesa di Santa Maria Maggiore o della Misericordia che conserva un pregevole pulpito di legno intagliato.
Il cartellone degli eventi pacentrani prevede la “Sagra della Polta” , nella prima decade di agosto e la “Corsa degli Zingari”, nella prima settimana di settembre in occasione dei festeggiamenti della Madonna di Loreto. I podisti a piedi scalzi gareggiano per conquistare il Palio consistente in un taglio di stoffa di lana per confezionare un abito maschile.
Per coloro che necessitano di rinfrancarsi dal “logorio della vita moderna”, l’Abruzzo è la meta ideale, qui è possibile beneficiare di quiete e al contempo di fare bagni di folla vociante intenta a mantenere vive le proprie tradizioni religiose e non solo. Ovvero, l’appagamento simultaneo di anima, spirito e corpo, attraverso il contatto con il sacro di un eremo o di una chiesa, la visione magica di uno scenario naturale, una tavola imbandita.