I FATTI E LE PAROLE

Dinanzi a circostanze simili si levano tsunami di parole; scritte, parlate, urlate, aggrovigliate che fanno più chiasso degli eventi stessi. Ad assistere ai dibattiti televisivi di attualità si rischia il logorio del sistema nervoso.

L’ambito del parlare è quasi illimitato. Guerre, violenze, terrorismo, cambiamento climatico, migrazione, rapporti di genere, comunicazione al tempo del digitale, eccetera. Nella Chiesa scandali sessuali ed economici, secolarizzazione, mancanza di vocazioni, calo di frequenza alla messa. Nelle guerre in corso si infrangono tutte le leggi internazionali e le esigenze umanitarie senza che alcuna autorità riesca ad impedirlo. Assalti stile terroristico, bombardamenti mirati di scuole, ospedali, asili, centri culturali e commerciali, cittadini indifesi con donne e bambini, distruzioni di città e intere regioni.

Pur fra tanto analizzare e trattare, le situazioni restano preoccupanti. Sembra di stare a sentire ogni giorno la descrizione di una guerra che sta scivolando verso dimensione mondiale, ma i negoziati non riescono a ottenere un cessate il fuoco; oppure di una valanga che avanza minacciando di travolgerci e non si sa come fermarla. Domina un senso di impotenza. Molti sono sopraffatti da disorientamento, frustrazione e anche paura. Nell’ultimo raduno della Fondazione Fratelli Tutti, trentatré Premi Nobel hanno lanciato l’allarme: “Non c’è più tempo!”

Non c’è più tempo per che cosa? La pace, il clima, la fratellanza umana? Per i cristiani questo tempo di drammatica crisi epocale dovrebbe essere entusiasmante. Se le tante parole che si spendono su queste situazioni non servono, ce ne sono altre sempre efficaci perché fondate sulla Parola che regge il mondo e la storia. La Parola che è verità, che rimane in eterno, che è come il fuoco o come martello che spacca la roccia. Questa Parola ci ripete 365 volte, tra Antico e Nuovo Testa-mento: Non temete. A metterle in fila nel calendario, ce la sentiremmo ripetere una volta al giorno con una manciata di scorta.

È possibile non temere quando la possibilità di lavoro traballa o manca del tutto, le risorse economiche non bastano per mangiare e mantenere la casa, curarsi la salute è aleatorio, nella prospettiva di finire essiccati dalla desertificazione o massacrati sotto le bombe? Non è possibile. La paura ci afferra, ma può essere metabolizzata nella certezza che esiste un intimo profondo e un oltre sovrumano che sostiene e accoglie la nostra vita e la porterà a compimento. Si chiama fede, che può essere cristiana o altra, ma trova senso alla condizione storica comunque sia.

Questa risorsa interiore spinge a lavorare per aprire spazi di speranza alle attese dell’umanità e della creazione. Speranza è un’altra parola della stessa sorgente, che domina sulle parole futili. Siamo alla vigilia del Giubileo che papa Francesco ha indetto all’insegna della “Speranza che non delude”. Perché non è la speranza psicologica, basata sulle nostre potenze, ma speranza teologica, basata sulla potenza di Dio. Chiama “pellegrini di speranza” quanti si metteranno in cammino per fortificare le ragioni dell’esistenza. Siamo invitati a partire per il viaggio.

 

 

 

L'ECO di San Gabriele
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