Come anticipato nella nota di settembre, al fine di contribuire all’informazione dei nostri lettori, esponiamo i punti essenziali della riforma costituzionale – approvata in parlamento il 12 aprile dalla maggioranza Pd, centristi e centrodestra – che sarà confermata o respinta nel referendum che avrà luogo entro l’anno, qualunque sia la percentuale dei votanti, come previsto dalla Costituzione in questi casi.
È la quarta volta che in 70 anni si voterà un referendum di riforma costituzionale. Il primo – su monarchia o repubblica – si svolse il 2 giugno 1946. Votò l’88% degli aventi diritto, prevalse la Repubblica con il 54,26% dei votanti. Il secondo – il 7 ottobre 2001 – su un testo di riforma del Titolo V della Costituzione voluto dalla maggioranza di centrosinistra in parlamento. Votò il 34,10% degli aventi diritto, e fu approvata dal 64,20 per cento dei votanti. Il terzo referendum si svolse, insieme alle elezioni politiche – su riforma approvata in parlamento dal centrodestra – il 25-26 giugno 2006. Sempre sul Titolo V. Votarono il 52,46 % degli aventi diritto e fu respinta dal 61,29 per cento dei votanti. Ecco la sintesi della riforma che andremo a votare. Composizione del Senato. Passa da 315 a 100 membri. 95 eletti dalle regioni (75 tra i consiglieri e 21 sindaci) e 5 dal capo dello stato; però non più a vita ma per 7 anni. Funzioni del Senato. Non voterà più la fiducia al governo. Potrà approvare solo: leggi costituzionali; i referendum popolari; i sistemi elettorali degli enti locali; le ratifiche dei trattati internazionali; attuazioni normative dell’Unione Europea. Tutte le altre leggi sono riservate alla Camera. Se un terzo dei membri lo richieda, il Senato può esaminare leggi approvate dalla Camera. Questa però può votarne l’approvazione definitiva senza tenere conto delle modifiche proposte dal Senato.
Legislazione. Il governo può richiedere che su provvedimenti “essenziali per l’attuazione del (suo) programma” la Camera si pronunzi entro 70 giorni (più 15 in caso di disegni di legge particolarmente complessi). Comunque, trascorsi questi tempi ogni provvedimento sarà votato “senza modifiche, articolo per articolo e voto finale”.
Elezione del capo dello stato. Non interverranno più i delegati regionali considerata la composizione del Senato. Nei primi tre scrutini l’elezione – come ora – richiede la maggioranza di due terzi degli aventi diritto al voto. Dal quarto al settimo scrutinio è richiesta la maggioranza dei tre quinti degli aventi diritto. Dall’ottavo i tre quinti dei soli votanti.
Referendum e leggi popolari. Confermate 500 mila firme per indire referendum abrogativi di leggi o parte di esse, e quorum del 50 per cento più uno di votanti perché sia valido. Se però i proponenti avranno raccolto più di 800 mila firme, il referendum sarà valido anche se i votanti siano stati la metà più 1 di quelli delle ultime elezioni politiche. Per le leggi di iniziativa popolare, il numero delle firme richieste passa da 50 mila a 150 mila. Però i regolamenti parlamentari dovranno indicare tempi certi per il loro esame e per il voto finale.
Giudici costituzionali. Non sarà più il parlamento in seduta comune ad eleggere 5 dei 15 membri della Corte Costituzionale. Tre saranno eletti dalla Camera e 2 dal Senato. La Corte avrà il diritto di esprimere giudizio preventivo sulle riforme elettorali a richiesta di un quarto dei deputati e di un terzo dei senatori, ma se avanzata entro 10 giorni dalla loro approvazione parlamentare.
Ordinamento e poteri dello Stato. Saranno soppressi il Consiglio nazionale dell’economia e del lavoro (Cnel) e le Province. Lo stato riprende piena potestà legislativa (rispetto alle regioni) in materia di produzione e di distribuzione di petrolio, gas ed elettricità; autostrade, porti, aeroporti di interesse nazionale. E a richiesta del governo su “materie di competenza regionale, quando lo richieda la tutela dell’unità giuridica o economica della Repubblica ovvero la tutela dell’interesse nazionale”.
Nel prossimo numero esporremo la posizione assunta sul referendum dalle più autorevoli forze politiche e sociali.