L’esperienza politica Mario Draghi l’ha acquisita soprattutto a livello europeo e mondiale presiedendo per anni la Banca Centrale Europea. Non suscita pertanto sorpresa che anche nella veste di presidente del Consiglio italiano il suo primo atto significativo sia stato di forte caratterizzazione europea – per me “pensato” e non casuale – definendo dittatore, di quelli con i quali occorre, comunque, trattare, il presidente turco Erdogan. Che lo spunto l’abbia dato a Draghi una vicenda formalmente procedurale (la mancata assegnazione di una poltrona alla presidente della Commissione europea Ursula von der Layen, nel corso di un incontro ad Ankara con Erdogan, presente anche il leader del Consiglio Europeo Charles Michel) non può trarre in errore. Draghi ha espresso il giudizio (più che fondato nella sostanza) nel corso di una conferenza stampa alla Tv italiana. Il peso del giudizio è dato innanzitutto dal fatto che co-protagonisti dello stesso sono stati i due massimi esponenti istituzionali dell’Unione Europea, della quale ambisce entrare a far parte Erdogan. Poi perché la politica estera di Erdogan è tale da suscitare problemi – anche per noi – spesso complessi e pericolosi in larga parte del Mediterraneo, in Libia, in Medio Oriente e nel mar Rosso. Oltre al fatto che Erdogan riceve dall’UE miliardi di euro per frenare (ma sarebbe meglio dire utilizzare) la spinta di milioni di profughi provocati dalle guerre in Siria.
Il giudizio di Draghi è stato accolto con cautela nell’Unione, e andranno seguiti con attenzione i possibili sviluppi. Nel corso della stessa conferenza stampa Draghi ha anche affermato la volontà del governo di operare per favorire al massimo la vaccinazione contro il Coronavirus delle persone anziane e di quelle disabili.
Altro fatto di grande rilievo da considerare nella più recente politica interna, sono le polemiche suscitate dalla prefazione a un libro fatta dal procuratore Capo di Catanzaro Nicola Gratteri. Il libro è Strage di Stato: Le verità nascoste della Covid-19. Libro scritto da un altro magistrato, Angelo Giorgianni, e dal dottor Pasquale Bacco, negazionista sul virus e candidato in passato in liste di estrema destra. Nel libro si parla di riprogrammazione generale e sociale grazie al Covid, con l’obiettivo di creare un nuovo ordine mondiale gestito soprattutto da ebrei, quali Gates, Soros, Rockefeller. Gratteri si difende dicendo che per la prefazione ha letto solo un estratto del libro inviatogli dal collega Giorgianni, che faceva riferimento solo ai riflessi economici e criminali della pandemia, e riconosce di aver sbagliato a fare quella prefazione. Difficile non essere stupiti dello sbaglio, cosa che, molto probabilmente, rende più facile che Gratteri resti in Calabria anziché diventare, come ambisce, procuratore capo della Repubblica di Milano. Il fatto è anche una conferma dei giudizi su certi settori della magistratura che si possono esprimere dopo la lettura del libro-intervista Il Sistema di Alessandro Sallusti con l’ex magistrato Luca Palamara. A proposito del quale libro-intervista, nonostante il numero straordinario di copie vendute, si deve osservare che, di fatto, continua il silenzio delle tante persone, magistrati e non, citate in negativo dall’ex magistrato.
In sintesi estrema, infine, ricordiamo alcuni altri fatti di rilievo di politica interna: la presidenza della Conferenza delle Regioni passata dal democratico Bonaccini, presidente dell’Emilia-Romagna, al leghista Fedriga, presidente del Friuli-Venezia Giulia. Lo stacco del M5S dalla struttura tecno-politica e finanziaria di Casaleggio, che potrebbe diventare un elemento di coagulo politico per gruppi di fuoriusciti dal Mo-vimento. Le tensioni sulla presidenza della Commissione parlamentare dei servizi segreti tra la Lega – cui appartiene l’attuale presidente che non vuole dimettersi – e Fratelli d’Italia perché per legge la presidenza spetta alle opposizioni.
La crisi dell’ex Alitalia col rifiuto dei sindacati di accettare il piano del governo che riduce da 90 a 40 gli aerei della nuova compagnia. L’offerta di 10 miliardi dallo spagnolo Florentino Perez ai Benetton per il controllo della società Autostrade. Il progressivo distacco, infine, dalla politica attiva di Silvio Ber-lusconi per motivi di salute.