IL MAESTRO E IL DISCEPOLO

Norberto Cassinelli
By Nandino Di Eugenio
Pubblicato il 31 Dicembre 2014

Ardentissimo, sensibile, molto intelligente; è un giovane brillante; novizio passionista a 18 anni dopo aver superato le resistenze del padre; riceve la spinta decisiva durante una processione mariana; sceglie i passionisti per amore alla penitenza; trova nella devozione alla Madonna il segreto della santità: sono alcune delle sorprendenti affinità tra Norberto, il direttore spirituale, e Gabriele il suo discepolo.

Padre Norberto Cassinelli, dichiarato venerabile nel 1994, nasce a Graveglia di Chiavari (Genova) il 12 aprile 1829 da una famiglia benestante ma soprattutto cristiana. Dei sette figli due diventeranno sacerdoti e due suore. Norberto è vivace ma portato anche alla preghiera. In casa è un piccolo terremoto e crea preoccupazioni soprattutto alla mamma. “Si poteva stare tranquilli solo quando non c’era”, dirà una sorella. Elegante nel vestire e gentile nel portamento, a Graveglia lo chiamano il signorino.

Sembrerebbe strano, eppure questo “argento vivo” nel 1843 entra in seminario diocesano a Chiavari. Ma il seminario non lo soddisfa. Prega, si consiglia e decide di cambiare strada. Nel 1847 lascia il seminario per il convento passionista di Lucca. Nel 1848 emette la professione religiosa; a 22 anni è ordinato sacerdote a Camerino (Macerata). Nel 1854 viene inviato a Morrovalle come vicemaestro dei novizi. Due anni dopo vi arriva Gabriele. “Da quel momento, scriverà Norberto, non ci separammo più; ci divise solo la morte”. Con Gabriele e come suo direttore nel 1858 si trasferisce a Pievetorina (Macerata) e nel 1859 a Isola del Gran Sasso (Teramo). In congregazione ricopre importanti incarichi: maestro dei novizi, superiore, consigliere provinciale, provinciale, consigliere generale. È notissimo come guida illuminata nelle vie di Dio. Norberto infatti “uno dei maestri spirituali più autorevoli dell’ottocento”, è ricercato come direttore, confessore e predicatore di esercizi. Il suo confessionale è sempre assiepato da laici ed ecclesiastici. Lui trasmette alle anime uno spirito aperto e limpido, arguto e festoso. Non per nulla Gabriele, il suo discepolo più conosciuto, è chiamato il santo del sorriso e della gioia. Sei anni Gabriele vive con questo maestro che ama come padre e da cui è riamato come figlio carissimo.

Autore di numerosi libri riguardanti la mariologia, la passiologia, la morale, l’omiletica, la spiritualità, l’ascetica, Norberto rivela in ogni campo una conoscenza vasta e profonda. Affascinante la sua biografia di Gabriele, autentico e delizioso gioiello: un santo direttore che contempla con la penna in mano il suo santo discepolo e che scrive attingendo ai ricordi sempre vivi nella mente e sempre impressi nel cuore.

A Roma nel 1908, Norberto vede il suo Gabriele dichiarato beato alla presenza di una immensa folla. Quasi ottantenne rilegge la sua vita e quella di Gabriele: la vede guidata dalla mano di Dio e segnata dalla materna presenza della Madonna. Dopo la cerimonia il papa Pio X gli pone la mano sul capo dicendo: “Beato lei che ha un discepolo in paradiso! Non c’è discepolo più grande del maestro. Il suo discepolo è beato, lei deve essere qualcosa di più… deve essere santo”. Norberto non sa trattenere le lacrime. Come è possibile superare Gabriele?

Dopo la beatificazione, torna a Recanati (Ma-cerata) desiderando ancora di più che Gabriele lo venga a prendere. Quanto tempo dovrà aspettare? Certo non molto, pensa. Infatti già sente la morte che gli batte la mano sulla spalla. E il 29 giugno 1911 muore confortato dalla benedizione del papa. Vicino al letto ha voluto il quadro del suo caro figliolo Gabriele e del fondatore Paolo della Croce.

Nel 1862 Norberto scriveva al papà di Gabriele: “Dio ci aveva dato un figlio. Oso dirle che lei non lo amava quanto l’amavo io. Beato me che gli sono stato perpetuo direttore. Egli che mi voleva tanto bene quaggiù, non mi dimenticherà”. Certo. Gabriele non lo aveva dimenticato. Sarà sceso dal cielo, avrà preso per mano il suo direttore per introdurlo alla contemplazione di Dio. E un sorriso, quello dell’anima, avrà sigillato la reciproca attesa.

Ma neppure Norberto aveva dimenticato Gabriele. Aveva sempre sentito al suo fianco l’amabile presenza dell’amatissimo figlio spirituale la cui santità gli era sbocciata tra le mani come il fiore più bello e delicato. E il suo profumo gli aveva accarezzato dolcemente la vita. (1)

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