Sei grandi tecnologie abitano già il nostro futuro nell’incipienza di prototipi del secondo ventennio del terzo millennio: il visore per il metaverso, il laser che riproduce l’ologramma, la stampante 3d per l’estrusione delle forme più strane, il drone per volare sopra le nostre città, la fibra ottica per trasmettere big data alla velocità della luce… e non da ultimo il braccio robotico che ci sosterrà nelle nostre fatiche, o forse… ci rimpiazzerà e ci renderà veramente pigri.
Queste tecnologie sono un anticipo del futuro che vivremo nel mondo che verrà. Non abiteremo soltanto le nostre case, le nostre strade, le nostre città, ma anche tutte le loro controparti digitali. E ci si saluterà sia nei corridoi fatti di marmo che in quelli d’eterei bit. Dello stesso o di altro colore.
Possiamo immaginare che l’aumento della virtualità ispirata alla realtà sarà grande, ma vedendo in giro che il laser riesce a riprodurre ologrammi che con la luce ingannano l’occhio facendogli credere di essere in presenza di oggetti veri, possiamo anche speculare che vi sarà una sorta di virtuale nel reale, senza bisogno di indossare il casco per l’olo view.
E che dire del passaggio dal modello computerizzato all’oggetto fisico attraverso la “stampante 3d”? Nella versione bidimensionale cartacea c’era l’inchiostro o il toner, adesso con l’ausilio di una bobina di plastica (ma anche metallo o altri esotici materiali) si può estrudere da un filamento qualsiasi oggetto scansionabile.
E poi una volta c’erano l’aereo e l’elicottero per spostarsi in volo. Un domani ci sarà il drone-taxi. Il numero delle eliche aumenta, la possibilità delle manovre pure, e l’unico vincolo di durata è la batteria. E la tecnologia corre, perché i limiti di ogni iterazione vengono abbattuti con nuovi record di potenza, peso e prestazioni.
Dietro a tutte queste espansioni si deve vigilare con la capacità di informatizzare i processi. Raccogliere dati, ed elaborali non è sufficiente, occorre dirigere le energie e le strutture verso uno scopo ultimo, che però si fatica a comprendere. Nel mondo dell’infosfera c’è il rischio che l’umano si disperda e si omogeneizzi alla noosfera.
Che dire? Dove stiamo andando? Che cosa ci dicono queste anticipazioni del futuro? Cosa succederà quando il nostro corpo sarà perennemente connesso? Quando il nostro mondo sarà cambiato dall’estrema potenza di attuazione dei robot che prenderanno il nostro posto nell’agricoltura, nell’industria e in tutti i lavori gravosi? Riusciremo a rendere compatibili i lenti cambiamenti del reale (e della natura per come l’abbiamo conosciuta) con quelle accelerazioni dei cicli tecnologici che “eufemisticamente” chiamiamo ere?
Ci sono delle preoccupazioni evidenti fin d’ora. Nelle grandi nazioni tecnologizzate si allunga la vita, ma sembra che gli umani perdano quel filo di rischio, che era normale nel secondo millennio, di fare la fatica, di mettere al mondo altri esseri umani. Questo porterà al collasso di un sistema sociale basato sull’assunto di una risorsa primaria che diventa rara, cioè il giovane?
Questo mondo non si può accontentare di una transizione tecnologica indiscriminata. Non può semplicemente aumentare quantità a piacimento perché lo può fare. Occorre risvegliare la domanda profonda dell’uomo, sul senso di sé e del tutto. Qui la sfida tecnologica che sembrerebbe semplicemente aumentare sé stessa, diventa quella di essere significata. Perché aumentare? Cosa aumentare? Che relazioni reali e virtuali sostenere? Quale è il senso della tecnica nel più grande quadro di comprensione del reale?
Queste e altre domande chiedono risposte. E non è allora tanto lontano l’aiuto che un pensiero illuminato dalla fede può dare al più pratico dei problemi per il futuro. Dove stiamo andando? Proviamo a chiedercelo dopo aver desiderato il futuro. E dopo aver compreso cosa ci aspetta nel futuro. Senza queste risposte previe, che possono anche rimanere avvolte nel mistero, ma sorrette dalla speranza, il progresso rischia di cadere su sé stesso, di disperdere l’umano, di avvilire il reale.
Che Dio ci aiuti a comprendere dove siamo diretti, e che Dio ci aiuti a dirigerci verso di lui.
marco. staffolani.stf@gmail.com