MOLTA LA MESSE POCHI GLI OPERAI

CALANO LE VOCAZIONI AL SACERDOZIO E ALLA VITA CONSACRATA. ADDIO AL PRETE DELLA PORTA ACCANTO. CAMBIERÀ IL VOLTO DELLA CHIESA E DELLE PARROCCHIE. È L’ORA DEI LAICI

Domenica 30 aprile si celebra in tutta Italia la giornata di preghiera per le vocazioni. C’è molto bi-sogno di pregare perché le vocazioni alla vita sacerdotale e religiosa stanno precipitando nel nostro Paese e in Europa. In passato ogni campanile segnalava la presenza di un sacerdote. Oggi, sono già molte le parrocchie che non hanno più il prete residente. I numeri sono eloquenti: su 25.506 parrocchie i parroci sono 15.133. E questi numeri includono molti preti stranieri: 1 sacerdote su 10 non è italiano. Già adesso nei centri minori il prete si vede il sabato o alla domenica quando va bene. Le diocesi fanno fronte alla diminuita disponibilità di clero con le Unità Pastorali, cioè preti che vivono in comunità e ognuno è responsabile di più parrocchie e insieme di tutte. Anche il numero dei seminaristi è crollato. Erano appena 1800 nel 2021. Inutile illudersi: nel giro di pochi anni il volto della Chiesa e delle parrocchie non sarà più lo stesso. Il prete della porta accanto sarà una rarità e l’accesso ai sacramenti più difficile.

Alcuni ritengono che il problema della scarsità del clero si possa risolvere permettendo il matrimonio dei preti, considerando che il celibato dei sacerdoti ha un grande valore spirituale, ma non è un dogma. L’esperienza del clero orientale, anche cattolico, che può sposarsi e conosce una crisi vocazionale pari a quella del clero latino, dimostra che il matrimonio non risolve il problema vocazionale. Non risulta funzionale, almeno a livello generale, neanche l’opzione di ordinare sacerdoti i cosiddetti “viri probati”, uomini sposati, saggi e onesti, per garantire l’Eucarestia alle comunità cristiane che ora vedono il sacerdote una o due volte l’anno.

A riprova che il matrimonio dei preti non sia la soluzione sta il fatto che anche il matrimonio è in crisi. In effetti ci si sposa sempre di meno e anche la giornata di preghiera per le vocazioni, che una volta, si diceva “per le vocazioni di speciali e consacrazione” e cioè sacerdotali e religiose, oggi include tutte le vocazioni, a cominciare da quella al matrimonio. Difatti il messaggio del papa per questa giornata s’intitola “Chiamati a edificare la famiglia umana” perché “Tutti siamo chiamati a partecipare alla missione di Cristo di riunire l’umanità dispersa e di riconciliarla con Dio”.

Le cause del calo delle vocazioni sacerdotali sono molte. C’è una causa anagrafica, la diminuzione della “materia prima”, cioè dei giovani, a causa della denatalità che vede l’Italia, ahimè! ai primi posti nel mondo. La vera radice della causa va ricercata nella attenuazione o anche perdita del senso di Dio e del sacro sia negli individui che nelle famiglie e quindi anche della stima della Chiesa come istituzione di senso e di salvezza. Disistima cui hanno contribuito anche alcuni scandali del clero. Un’altra causa di crisi, comune sia agli aspiranti al matrimonio che al sacerdozio, è la paura di fare una scelta definitiva, per sempre. Ci si accontenta del provvisorio.

Albert Einstein diceva che la crisi è una benedizione perché spinge a trovare soluzioni nuove. In questa prospettiva la crisi vocazionale, per quanto dolorosa, potrebbe trasformarsi in un beneficio, e cioè nella promozione del protagonismo dei laici, che si assumono le responsabilità della Chiesa non legate al sacramento dell’Ordine, lasciando liberi i sacerdoti di dedicarsi alla loro attività specifica, l’annuncio del Vangelo e l’amministrazione dei i sacramenti. Sarebbe la fine di un certo clericalismo.

A ogni modo risuona urgente l’esortazione di Gesù: “La messe è abbondante, ma sono pochi gli operai! Pregate dunque il Signore della messe, perché mandi operai nella sua messe!” (Mt 9,37-38). Ognuno può fare qualcosa, anzi molto, con la preghiera.

L'ECO di San Gabriele
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