C’è una cosa che mi ha sempre colpito in Gesù. L’umiltà. Mi sono spesso chiesto: Perché Gesù è umile, pur essendo Dio? E perché l’umiltà dovrebbe far parte di Dio? E come mai il Dio che si era manifestato al suo popolo dall’alto del Sinai, fra lampi, terremoto, suono assordante di trombe angeliche, si è poi mostrato nell’aspetto mite di Gesù di Nazareth, che sorrideva radioso alle folle, accettando di essere pressato da esse, accarezzava e guariva, prendeva in braccio i bambini?
Mi sono venute in mente due risposte. La prima è che Gesù era mite ed umile perché, in ogni avvenimento ed in ogni persona, vedeva Dio e la sua volontà. La seconda è che Gesù, con la sua umiltà, voleva rivelarci la verità profonda del nostro essere.
Noi, infatti, in quanto creature non autosufficienti, che potevano esistere e non esistere, siamo pochezza e nullità. Sia di fronte a Dio, che è Colui che esiste per se stesso e dona vita agli altri esseri. Sia di fronte alla realtà cosmica la quale non si sarebbe neanche accorta della nostra inesistenza.
Anche Dio Padre, in quanto Dio, è umile. Si trova, in qualche modo, nella piena verità di se stesso. Essendo Dio, egli è umilmente consapevole di ciò che è. Senza esaltazione, ostentazione, protervia. Ma Gesù – uomo – è un’altra cosa. Lui è sottomesso al Padre, in quanto Figlio ed in quanto uomo. Essendosi abbassato ad essere uomo, ha insegnato a noi che ogni creatura, accidentale e transitoria qual è, deve accettare umilmente il “suo posto” nel mondo, il tipo di vita che Dio ha progettato per ciascun essere. L’uomo umile, infatti, è sempre contento perché sa che Dio dispone ogni cosa per il suo bene. Persino il cagnolino che affronta la morte con serena naturalezza, o la foglia che, in autunno, plana dolcemente al suolo, ci offrono una grande lezione di accettazione delle leggi di vita.
Alla luce di tutto questo, assume significato la frase che Gesù pronuncia, nella parabola del convito: “Quando sei invitato a nozze, va a metterti all’ultimo posto” (Lc 14). Qui si parla del matrimonio fra il Cristo e l’umanità. Qui si parla del Regno di Dio, di cui la Chiesa è solo la manifestazione iniziale, in terra. Qui si parla del senso della nostra vita. Che posto ci è stato assegnato dallo sposo? Quello di ministri, affaristi di successo? Quello di pontefici, di chierici, di semplici fedeli, di credenti apparentemente distanti? Ma che importanza può avere tutto questo di fronte al riscatto dell’eternità. Quando colui che ci ha invitati, ci dirà, come nella parabola: “Amico, vieni più avanti!”. Allora, vedremo seduta, accanto allo sposo, gente sconosciuta ed insignificante.
Dio predilige gli ultimi. Ma che significa essere ultimi, poveri? Sono certo che ogni uomo sia povero e non solo alcuni. E credo che non ci sia una sola forma di povertà, quella materiale, ma che esistano tre tipi di povertà, in ordine crescente di valore.
C’è, innanzitutto, la povertà economica e sociale, basata sulla penuria di mezzi e sulla scarsa considerazione pubblica.
Viene poi, la povertà esistenziale, dovuta al fatto che siamo tutti esposti alle difficoltà dell’arco vitale, compreso l’annullamento: crescita, decadenza senile, gravi problemi, malattie invalidanti, depressioni, mancanza di senso globale e di una speranza di vita eterna… Io ritengo che una persona disperata e priva di risorse necessarie per reagire alla complessità della vita, che un uomo che si trova di fronte all’incognita di compiere il grande passaggio verso l’eternità, sia immensamente più povero di colui che manca di mezzi materiali. Questi, infatti, potrebbe anche possedere fede in Dio, autoaccettazione e pace.
C’è, infine, la povertà teologale, fondamento di tutte le povertà: il nostro essere nulla di fronte a Dio e di fronte alla stessa esistenza. Sono queste tre povertà che devono renderci umili. Ma noi, le possiamo riscattare unendole al sacrificio universale e perfetto del Cristo.
Adesso, finalmente, comprendo perché la Chiesa ha condannato la cosiddetta teologia della liberazione. Per quei teologi, i veri poveri sono solo i campesinos, cioè coloro che non hanno nulla e sono sottoposti a tutte le vessazioni. Essi affermano che è grazie al sacrificio di questi poveri, che tutti gli altri hanno accesso alla salvezza. Nulla di più falso di questo schema marxista.
Siamo tutti, naturalmente e radicalmente poveri.