IL MISTERO PASQUALE

Fa parte del linguaggio ordinario della Chiesa. È entrato nell’uso agli inizi del secolo scorso per spiegare il senso della celebrazione dei sacramenti, specialmente della messa domenicale. Ha assunto significato centrale per la dottrina e la vita cristiana con il concilio Vaticano II. Si tratta del concetto di mistero pasquale.

È una terminologia sintetica e coinvolgente perché si riferisce sia a Gesù Cristo che ai cristiani, può esprimere tutta l’opera di Dio per la nostra salvezza e tutta la nostra risposta all’opera di Dio. Si chiama mistero perché indica l’irruzione di Dio nella condizione umana e nella storia dell’insieme e dei singoli per condurla verso orizzonti inaccessibili alle nostre potenzialità. Si dice pasquale perché consiste in un passaggio di liberazione dalle schiavitù della situazione creaturale e delle conseguenze del peccato alla partecipazione della condizione divina.

Per quanto riguarda Gesù Cristo, mistero pasquale significa la sua passione o la sua risurrezione, oppure passione e risurrezione insieme perché sono una realtà inscindibile. Così infatti la chiesa percepisce l’opera di Gesù nella sua riflessione dottrinale e nella sua preghiera. I racconti della passione includono il racconto della risurrezione. Gli evangelisti dedicano poco spazio alla risurrezione, non perché sia meno importante, ma perché è ovvia, ed è la chiave che spiega il tutto.

La morte di Gesù è la morte della morte perché sprigiona la vita. Nei quattro racconti e nella dozzina di annunci riportati tra tutti gli evangelisti, passione e risurrezione sono connessi. Il primo termine va letto alla luce del secondo. La risurrezione di Gesù è l’interpretazione della sua morte. È risorto perché o in quanto crocifisso, come appare nel libro dell’Apocalisse. La risurrezione dimostra che morire per amore perdonando e subire per amore la violenza piuttosto che reagire con violenza non è perdita o sconfitta dei valori umani, ma loro trionfo, elevazione, innalzamento, non è frustrazione ma realizzazione di sé, non è perdere ma trovare, non è prescindere da Dio ma diventare come lui, non è precipitare nel nulla ma entrare in un regno di bontà e di amore dove non può esserci che il Dio della vita. Così il Crocifisso coincide col Risorto, perché la morte come scelta libera e atto d’amore è segno della vita nuova che fluisce dalla risurrezione.

Per quanto riguarda il cristiano, mistero pasquale significa che il dolore e la morte non sono soltanto segno di decadimento e fine dell’esistenza terrena, ma anche segno di vita e passaggio alla sua pienezza, perché l’esperienza del crocifisso-risorto si estende nel credente in quanto battezzato, nutrito dell’Eucaristia e dalla Parola di Dio, legato a lui nei sacramenti della fede.

Per ogni essere umano il dolore e la morte restano un mistero, ma per il credente tale mistero diventa pasquale perché Cristo, passandovi dentro, non vi è restato per sempre ma è transitato alla pienezza della vita. Passandovi dentro a sua volta, il credente in Cristo sa di non essere solo ma resta legato al suo Signore col quale approda oltre la morte. Per la ragione umana dolore e morte sono un assurdo perché contraddicono il concetto stesso di vita. Nella sua morte Cristo è sceso nell’abisso di questo non senso per sperimentarlo di persona. Risorgendo ha portato la nostra morte dentro la sua risurrezione e ha lasciato la sua risurrezione dentro la nostra morte, e con l’invio dello Spirito si offre di essere in noi e con noi per sempre, soprattutto nei momenti oscuri della vita.

Il tempo liturgico in cui la chiesa rivive nel modo più intenso la passione e risurrezione di Gesù è chiamato triduo pasquale, che va dal giovedì santo alla notte di pasqua. Ciò vuol dire che è pasqua anche il venerdì santo, quando Gesù consuma la sua vita per nostro amore sulla croce, non solo la celebrazione piena di luci e di alleluia per l’annuncio della risurrezione. Come pure l’anticipazione sacramentale del mistero compiuta da Gesù nella cena, anch’essa pasquale.

Allo stesso modo per il cristiano il mistero pasquale diventa l’esperienza unificante della vita. È pasqua non solo la gioia dell’amicizia, dell’innamoramento, dell’armonia coniugale e familiare, del successo in carriera e della salute florida, ma anche nelle incomprensioni, nei rapporti conflittuali, nel rifiuto e persino nel tradimento, nelle malattie e negli imprevisti di ogni genere se gestiti nella risorsa inesauribile dell’amore. Pasqua non solo il giorno della laurea, il viaggio di nozze, una promozione, ma anche il momento di solitudine, il letto d’ospedale, l’avvio graduale verso il tramonto che conduce all’incontro definitivo col crocifisso-risorto.

L'ECO di San Gabriele
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