UNA PIETRA MILIARE NEL DIALOGO FRA RELIGIONI

 

Alla base di migliorabili relazioni c’è prima di tutto la ricerca culturale che ha portato a una migliore conoscenza reciproca permettendo l’avvio di un processo di consapevolezza

La visita di papa Francesco al Cairo è stata una pietra miliare nella lunga e non facile strada del dialogo fra le più importanti confessioni monoteistiche, cattolica e musulmana. Tappa significativa (basta ricordare il risalto che le hanno dato i mezzi di informazione di tutto il mondo) ma che non nasce come un rapporto improvvisato perché è stata preceduta da altre occasioni di incontro e ha prodotto situazioni dalle quali potrà essere consolidata la fiducia. E ciò nonostante la diffusa diffidenza provocata, da una parte, dalla violenza del terrorismo islamista ispirata a un dio feroce e improbabile, con il seguito di attentati, di sangue e di morte, e, dall’altra, da chiusure ed egoismi di settori di un mondo occidentale che si arroga il diritto di considerarsi cristiano. Come è possibile costatare dalle reazioni, generalmente aspre e spesso intellettualmente immotivate, di lettori della stampa confessionale quando si affronta l’ipotesi di un dialogo con i musulmani.

Alla base di migliorabili relazioni, va detto, c’è prima di tutto la ricerca culturale che ha portato (sia pure lentamente ma con qualche accelerazione negli ultimi tempi) a una migliore conoscenza reciproca, almeno a livello di ricerca scientifica. La “damnatio memoriae” dei testi sacri, il Nuovo Testamento e il Corano, da parte degli uni e degli altri, ha ceduto il passo a una lettura di comprensione, permettendo l’avvio di un processo di consapevolezza che faccia apprezzare, senza tensioni e pretese di superiorità, i momenti positivi e le occasioni di convergenza.

Non sarà inutile rammentare gli avvenimenti più recenti, fra i quali possiamo rammentare la visita resa al papa da Muhammad al-Tayyeb, l’autorevole rettore dell’università cairota al-Azhar, e i due incontri nella capitale egiziana con le autorità  accademiche islamiche del segretario del pontificio Consiglio per il dialogo interreligioso, l’arcivescovo Ayuso Guixot. Da citare anche l’omaggio reso da una delegazione della stessa università alla chiesa di Saint-Etienne, nella quale l’estate scorsa fu brutalmente assassinato da terroristi dell’Isis padre Jacques Hamel, e la preghiera di papa Bergoglio ad Assisi, insieme con i rappresentanti delle altre religioni, a chiusura di Sete di pace, la manifestazione promossa dalla Comunità di Sant’Egidio.

Lo scorso ottobre, durante l’Anno della Misericordia, si era inoltre tenuta a Roma una conferenza internazionale per approfondire appunto il concetto di misericordia, alla quale hanno partecipato fra gli altri il cardinale Walter Kasper e Mouhanad Khorchide, docente del centro di Teologia islamica dell’università di Munster. Ricordiamo che Khorchide già nel 2011, a Berlino, sviluppò dinanzi a Benedetto XVI una riflessione su “Il criterio dell’amore e della misericordia nell’Islam e nel Cristianesimo”. A livello accademico, quindi, si stanno compiendo progressi (senza comune misura con la citata e persistente reciproca intolleranza, diciamo, popolare), sviluppati dalla consapevolezza di un necessario “incontro di civiltà”. Parlano in questo senso – e non sono i soli – gli accordi fra l’istituto domenicano di Studi orientali e due facoltà di al-Azhar, e di quest’ultima sia con la facoltà di Lettere dell’istituto cattolico di Parigi in vista dell’organizzazione di seminari, sia con le sezioni di Teologia islamica di università tedesche, Muenster, Osnabrueck e Tubinga.

L’attenzione con la quale ricercatori occidentali, con radici cristiane o laiche, contribuiscono ad analizzare i testi della cultura islamica, specialmente sul versante religioso, corrisponde a un analogo esame cui essi sono sottoposti da alcuni studiosi musulmani, in qualche modo rivoluzionari e contestati dall’establishment tradizionalista. Ma qualcosa si muove se, per esempio, lo scrittore e psicologo tunisino Fathi Benslama sottopone la dottrina generalmente accettata a una dura critica, giungendo ad affermare che per le nuove generazioni musulmane “l’islamismo riempie una funzione analoga a quella svolta su altri giovani dall’alcool e dalla droga”. Benslama vive sotto protezione, come del resto parecchi suoi colleghi (Khorchide compreso) in Germania e in Olanda, paesi nei quali è diventato un problema l’istruzione e l’integrazione delle diecine di migliaia di giovani di origine islamica, anche per la presenza di minacciose minoranze fanatiche.

Per tornare a quello da cui siamo partiti, la visita di papa Francesco al Cairo rafforza gli elementi positivi della cultura islamica: al-Azhar, infatti, si muove sulla strada del dialogo, si oppone alla visione violenta dell’islam predicata dal Califfato, incoraggia l’interpretazione “misericordiosa” del Corano ed è ormai in stretto collegamento con quanti rivisitano il libro sacro sfrondandolo da ogni superfetazione interpretativa che si è accumulata nei secoli, anche per motivi di puro potere. E quella dei dirigenti cairoti è una logica, del resto, che punta sul fallimento del fondamentalismo: non a caso è stato fatto notare che su 25 milioni di musulmani che vivono in Europa, dove molti di loro sono nati,  in dieci anni se ne sono trovati appena trenta disposti a farsi saltare in aria.

L'ECO di San Gabriele
Panoramica privacy

Questo sito utilizza cookies per migliorare l'esperienza di navigazione.

I cookies sono piccoli files di testo salvati nel tuo browser per facilitare alcune operazioni. Grazie ai cookies, se torni a visitare il sito potrai essere riconosciuto non dovendo dare nuovamente il consenso al trattamento dei dati personali e saranno ricordale le preferenze già espresse.

Per gli sviluppatori, i cookies indicano le pagine più apprezzate dai visitatori al fine di un ulteriore sviluppo del sito.