UNA FEDE NATA SUL PASSAPAROLA?

Non mi prenda per blasfemo, ma vorrei che lei mi indicasse un testo scritto da Gesù… Se non sbaglio, infatti, tutto ciò che sappiamo di lui ci viene dai testimoni che l’hanno accompagnato nella sua vita pubblica. Testi, tra l’altro, apparsi molto tempo dopo, addirittura anche dopo 40 anni… È sbagliato, dunque, dire che chi crede lo fa sul passaparola? Edoardo 2000

Sì. Più o meno è così. Nei tempi antichi si viveva di racconti che tramandavano storie, avvenimenti, miti. Così è stato per la Bibbia tramandata oralmente e, alla fine raccolta in volume, così è stato per i poemi omerici e per la vita di personaggi famosi. Si imparava a memoria e si tramandava. Nella nostra Italia ci sono stati (ci sono?) i cantastorie che raccontavano, magari in musica, le storie di santi, di miracoli e, addirittura, eroi cavallereschi, tutto imparato e tramandato a memoria. Magari non sapevano leggere però avevano imparato a memoria. La memoria era il luogo in cui si ritrovava la storia e gli avvenimenti. Ora che Gesù sapesse leggere è certo, ma pare proprio che non ha lasciato scritti. Ha predicato, ha operato miracoli, è morto ed è risorto. Ha annunciato il Regno di Dio. Il bisogno di scrivere è arrivato dopo quando si sono formate le comunità e sono cominciate a crescere le nuove generazioni che non avevano conosciuto né Gesù né i discepoli e allora si è sentito la necessità di documentare il racconto. In questo caso 40 anni, vissuti pericolosamente tra diaspora e persecuzioni, non sono poi tanti perché viene fermato e firmato quello che le comunità già vivevano, insegnavano e celebravano da 40 anni!

Forse ci è difficile comprendere l’importanza dell’imparare a memoria da quando la memoria è stata tacciata di nozionismo. L’importanza della memoria lo possiamo scoprire nel mondo arabo dove la gente, anche quella illetterata, conosce il Corano a memoria perché è importante per la loro fede e la loro identità. E, infatti, una critica che si fa al nostro mondo occidentale è di essere senza memoria delle proprie radici religiose e culturali. Un mondo senza passato, senza memoria e senza storia. Appesi a un presente sfuggente senza senso.

Quando però si ascolta un fatto l’aspetto più importante è capire se il racconto è vero. Uno può crederci o meno e questo dipende anche dall’autorevolezza di chi racconta. Se chi narra è una persona per bene è un conto, se è un burlone è un altro paio di maniche. Beh! chi ha raccontato e scritto l’avventura di Gesù ci ha rimesso la pelle. Questo vuol dire che, almeno per loro, era un racconto non solo vero ma talmente importante da giocarci la vita. Ma qui allora si apre un altro discorso: se il racconto, al di là dei 40 anni, è vero cosa significa per te, per me, per noi?

L'ECO di San Gabriele
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