Una banca dal volto umano, dove a governare non siano soltanto i parametri fatti di algoritmi e coefficienti. Di questo e altro parliamo con Amedeo Manzo, fondatore e presidente della Banca di Credito Cooperativo di Napoli, nonché presidente della Federazione Campana delle Bcc, amministratore unico di Napoli Holding e docente presso la Pontificia Università Antonianum.
Presidente, in questo tempo pandemico non si parla più di default… C’è da fidarsi?
Il sistema bancario italiano è solido. Quello creato dalla BCE sicuramente è in grado di porre in sicurezza le banche italiane. Più che altro occorre valutare se le stesse, a valle dell’alluvione normativa, sono ancora in grado di intercettare le esigenze della clientela. Se sono ancora interessate ad ascoltare i bisogni dei risparmiatori oppure delle imprese, siano esse piccole o medie, se siano in grado di assecondare i bisogni delle famiglie. Ultimamente le banche sono votate a un profilo esclusivamente digitale, lontano dalle persone che oramai hanno lasciato il posto ai computer. In questo il Credito Cooperativo rappresenta un baluardo verso una “finanza per lo sviluppo” in luogo di una “finanza per la finanza”. La Banca di Credito Cooperativo di Napoli, infatti, esprime numeri importanti, con indicatori ai massimi livelli della categoria.
La pandemia e la crisi sanitaria hanno generato diseguaglianze sociali sempre più evidenti, con un Mezzogiorno quasi scomparso dall’agenda politica. Come vede la ripresa post virus?
Il Coronavirus ha colpito prevalentemente i più deboli, gli ultimi. Ecco perché il Recovery Plan è decisivo, forse l’ultima chiamata per il Mezzogiorno per livellare la differenza con le altre aree del paese. In quest’ambito le dodici Bcc Campane stanno facendo un intenso lavoro per consentire alla nostra comunità di superare questo difficile momento. In pratica si realizza la storia che vuole il Credito Cooperativo, in discontinuità con il resto del sistema bancario: prestare i soldi quando servono, anche quando l’economia va male.
Il suo mantra è che il sistema creditizio deve superare i parametri di Basilea, basati soltanto su logiche di algoritmi e coefficienti che schiacciano e penalizzano le tante piccole imprese virtuose. Quindi propone il “Rating umano”. Di cosa si tratta?
Da tempo predico che la “biodiversità bancaria” è indispensabile. Non è possibile distruggere le piccole e medie imprese obbligando le banche ad applicare la taglia unica. Imporre norme asfissianti a banche di territorio che svolgono una funzione “anticiclica” e di sostegno dell’economia reale è un assurdo economico. In questi ultimi 12 anni abbiamo tarato un sistema di valutazione delle imprese denominato “rating umano”. Non è un sistema per dare i soldi a tutti, bensì solo a chi merita. Si basa su una serie di valutazioni scientifiche che consentono, nel rispetto delle norme di Basilea, di meglio apprezzare le caratteristiche dalle piccolissime, piccole e medie imprese, delle famiglie, delle start up, di quel mondo che compone il 95% del tessuto connettivo del nostro Paese. Il “rating umano” si avvale del contributo di una serie di analisi, alludo al rating previdenziale, quello della legalità, del tributario, l’ambientale, generazionale, del solidale e di altri ancora. Grazie a questo modello creditizio si realizza un nuovo concetto di “umanesimo creditizio”. In questi dodici anni molte università internazionali hanno iniziato a studiare il nostro modello, che ci ha portato ad avere un livello di sofferenze nette pari allo 0,39%, uno dei più bassi d’Italia.
Lei è definito un banchiere cattolico…
Il mondo ha bisogno di “visionari”, di coloro che vedono mentre tutto appare buio. In questo il Signore mi ha guidato, sostenuto nei momenti difficili. Talvolta è vincente la prudenza, altre volte è necessario il coraggio. Il tutto nel grande alveo dell’etica senza della quale nulla resterebbe nel tempo. Credo che l’attitudine al rischio sia un fattore di successo, quello vero, fatto di piccole cose, di uno sguardo riconoscente, di un bambino che può nascere grazie a un incubatore donato dalla nostra banca, di un corso universitario finanziato a un giovane a tasso zero con un nostro prestito, piuttosto che una start up che diviene grande grazie alla nostra fiducia. Tutto questo a molti appare non conveniente, ad altri azzardato. A me appare giusto, essenziale. Questo è il mio credo.
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