UN RITARDO DA COLMARE

In questi giorni si sta dibattendo molto sull’importante questione del settore auto, in relazione alla decisione della Comunità Europea che vorrebbe interrompere nel 2035 la costruzione di auto, tranne quelle assemblate a trazione elettrica. Al momento il voto formale finale degli Stati membri in Consiglio Ue, sul regolamento che fissa l’obiettivo dell’immissione sul mercato europeo solo di auto e furgoni a zero emissioni a partire dal 2035, è stato rinviato a data da destinarsi. Sappiamo che questo tema rientra nella nuova politica economica basata sulla transizione energetica tesa a difendere e a migliorare il sistema ecologico del nostro Pianeta per contrastarne la decadenza. Ma anche per prevenire quei mutamenti climatici che stanno producendo disastrosi effetti alla nostra convivenza civile e sociale, come già abbiamo più volte registrato in questi ultimi tempi, specificatamente con l’avanzamento delle nuove connotazioni climatiche che producono rarefazione dell’acqua e conseguente la siccità.

Questo cammino, intrapreso anni fa, vede però il nostro Paese in grave ritardo. Siamo addirittura il fanalino di coda per numero di auto elettriche utilizzate. Ritardi certamente dovuti anche alla debole spinta del mercato causata dalla pandemia e dalla situazione economica delle famiglie, certamente non brillante e incapace di alimentare un mercato caratterizzato da prodotti a prezzi così elevati. Una cosa, però, va detta con molta chiarezza: la data del 2035, tuttora comunque in discussione, sarebbe il limite non travalicabile per continuare a costruire auto a carburanti, e non invece il loro blocco alla circolazione, come invece un’informazione sbrigativa e colpevole ha fatto credere. E c’è anche un altro aspetto da sottolineare: con l’aumento della domanda di mercato di auto elettriche, e le inevitabili economie di scala che verranno realizzate, i vertiginosi prezzi delle auto elettriche saranno destinati a ridursi. Ma la stessa produzione di tali veicoli dovrà, e noi lo auspichiamo vivamente, essere indirizzata verso autovetture più consone a una mobilità semplificata soprattutto nelle grandi città. Parallelamente, poi, dovrebbe essere sviluppata una politica economica più generale che privilegi il trasporto pubblico, contribuendo così a una netta diminuzione del numero dei veicoli del parco privato. Quindi, di fronte alla complessità della partita in gioco, il nostro Paese non deve reagire solo contrastando questa decisione, ma mettendo in campo tutta la propria intelligenza, professionalità e capacità. Si tratta di agire, rimboccandosi le maniche e chiamare a rapporto e a confronto tutti gli attori della filiera per trovare e attuare tutte le iniziative funzionali a questa importante transizione tecnologica in maniera ottimale.

Non dobbiamo dimenticare che abbiamo già affrontato e stiamo ancora affrontando riconversioni gigantesche, quale quella digitale e informatica che hanno attraversato e modificato profondamente tutti i sistemi produttivi e di servizio. Bisogna agire con prontezza e risolutezza per affrontare anche questa riconversione. Si approfondisca e si ragioni quindi con grande rigore, ma poi si decida finalmente una data ultimativa, anche se vi sarà sempre la possibilità di alcune eventuali deroghe in presenza di evenienze eccezionali e non prevedibili.

Il rischio, infatti, è di trovarci spiazzati con la concorrenza a forte aggressività dei paesi dell’estremo Oriente che già stanno facendo passi importanti in avanti in questo specifico settore. Non vorremmo, esemplificando, che indecisioni e accumulo di ritardi ci facciano fare la stessa fine che ha subito il nostro settore di apparecchiature televisive che è stato praticamente sconfitto con grave danno economico e perdita di grandi opportunità lavorative. Non ne sentiamo francamente il bisogno.

L'ECO di San Gabriele
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