È quello che propone la dottoressa Maria Rita Noviello, medico oncologo e presidente onorario dell’associazione “L’albero delle molte vite”. Oltre all’aspetto medico del paziente si presta molta attenzione anche a quello psicologico con incontri mensili e iniziative culturali
È spiazzante. Porta all’isolamento e alla sfiducia negli altri. Spesso distacca dalla fede. È la malattia, quella grave, quella che non ti aspetti e che ti porta a chiedere: “perché proprio a me?”.
Di questo parliamo con Maria Rita Noviello, medico oncologo presidente onorario dell’Associazione “L’Albero delle molte vite” onlus. Una realtà straordinaria nata nel 2019 ad Ostia, quartiere di Roma, e che nel tempo si sta rivelando essenziale e non soltanto per i pazienti.
Dottoressa Noviello, come nasce l’Associazione?
L’idea è figlia di un’altra iniziativa: “La cura oltre la cura” e oltre sei anni fa con Noemi Romana Bernardi, psicoterapeuta e presidente dell’Associazione, abbiamo intrapreso questo percorso anche attraversando e superando il periodo difficile della pandemia. La mia esperienza di medico mi ha convinta fin dall’inizio dell’importanza di curare l’aspetto emotivo e psicologico del paziente, oltre ovviamente alla cura del corpo e quindi della patologia. A maggior ragione questo vale per situazioni così importanti qual è quella di essere affetti da un tumore. È necessario quindi prendersi cura della parte che soffre di più, quella psicologica che influisce sull’organismo. La sfida più difficile non è quella di sconfiggere il cancro ma è quella di non identificarsi con il cancro: il mantra deve essere “IO non sono la mia malattia, IO sono e continuo ad essere IO, nonostante la malattia”. Il primo sentimento che si prova è di smarrimento, di solitudine ed ecco perché è indispensabile trovare la condivisione, trovare “casa”. Altrettanto fondamentale è l’ascolto che deve riguardare non solo il malato ma anche i suoi familiari.
Il simbolo, l’icona che identifica l’Associazione L’albero delle molte vite è un quadro che richiama il libro della Genesi, il Giardino dell’Eden…
Il nome dall’Associazione nasce da un magnifico dipinto di Nadia Pacilli, sorella di una mia paziente, l’indimenticata e indimenticabile Cinzia, e raffigura un albero i cui splendidi fiori rosa son le impronte di tanti pazienti affetti da tumore e le radici sono le impronte delle mie mani. In tutte le culture L’Albero della Vita è un simbolo molto potente a cui sono attribuiti tanti poteri: cura, guarigione, ringiovanimento, immortalità, sostentamento. Come il nostro, viene rappresentato con le radici, per essere ben solido, con il tronco, per essere resistente, con foglie e fiori da cui, in alcuni periodi dell’anno nascono preziosissimi frutti. Nell’Antico Testamento è il simbolo della vita eterna. La malattia può e deve essere anche simbolo di rinnovamento per impreziosire la nostra vita.
Quanto sono importanti egli incontri mensili?
Ho sempre creduto nel gruppo sia nell’ambito medico che in quello delle persone malate. È una sorta di paracadute. Ogni mese ci riuniamo senza un canovaccio, senza un tema da affrontare. Tutto nasce spontaneamente e ogni partecipante è invitato a dire, a tirare fuori, quello che ha dentro e che nell’ambito quotidiano si tende a celare I pensieri, se li teniamo dentro, ristagnano e diventano tossici, aggravando l’aspetto psicofisico.
Altre iniziative?
Abbiamo un protocollo d’intesa con la ASL RM3 e prendiamo parte ad esempio agli open day di prevenzione. Le nostre associate, le foglioline, come amiamo definire le nostre associate, accolgono le persone con il sorriso, informandole. Abbiamo anche uno sportello d’ascolto presso la Casa della Salute. L’informazione e l’accoglienza sono elementi importantissimi per la prevenzione e la cura. E, a proposito di iniziative, per accarezzare la mente, organizziamo o assistiamo a spettacoli teatrali e cinematografici, spesso oggetto dei nostri incontri. Abbiamo anche organizzato una sfilata di moda che ha visto protagoniste le nostre pazienti. Il tumore, soprattutto quello femminile colpendo nel fisico devasta la mente. La possibilità di ritrovare la sicurezza in se stessi passa anche dalla bellezza di poter indossare un bell’abito. E in quell’occasione ci ha supportato un famoso e sensibile stilista palestinese, Jamal Taslaq che gratuitamente ha messo a disposizione alcune sue creazioni. E poi ancora organizziamo concerti perché anche la musica è un elemento straordinario per aiutare a guarire. Riceviamo inoltre gratuitamente, parrucche che doniamo a chi dopo la chemioterapia ha perso i capelli. Un altro elemento che influisce molto sulla psiche.
Per quanto concerne l’aspetto medico, non si può non partire dalla prevenzione…
È essenziale. Da anni ne sono promotrice. Alla base del vivere in salute c’è lo stile di vita, una alimentazione corretta, la lotta al fumo e all’alcol. Ecco perché è di vitale importanza il rapporto con il medico di famiglia e non si tratta di una relazione scontata. Tutt’altro. L’empatia, la fiducia con il paziente sono i primi elementi per l’individuazione di un problema di salute, per la presa di coscienza e quindi per la prevenzione.
E il rapporto con la fede, invece, quanto aiuta?
Avere fede è una grazia. È sostanza di speranza e non solo per guarire. È la consapevolezza di non essere abbandonati. In proposito, qualche anno fa, abbiamo organizzato un viaggio a Ravenna dove, nella chiesa di Santa Maria Maggiore c’è l’immagine della Madonna conosciuta come Sancta Maria a tumoribus. Al di là del credere o non credere, anche questi sono momenti di spiritualità. Momenti che fanno bene al corpo e allo spirito.
[Emanuela Sirchia]