UN MONDO ASSETATO…

GLI ATTUALI 2 MILIARDI DI PERSONE DEL PIANETA CHE NON HANNO ACCESSO ALLE RISORSE IDRICHE POTREBBERO SALIRE A 3 MILIARDI ENTRO IL 2050

Il cambiamento climatico ha tra le sue conseguenze più dirette e drammatiche l’impatto sulla situazione idrica. Oggi, in tutto il mondo, 2 miliardi di persone non hanno accesso adeguato all’acqua e, secondo l’ultimo rapporto Oxfam, il numero potrebbe salire a 3 miliardi nel 2050.

Già a inizio 2023 il WWF aveva lanciato l’allarme dopo il periodo di siccità che aveva colpito il nostro Paese, soprattutto nel Nord Italia, con i fiumi in secca e le piantagioni in sofferenza, facendo un appello affinché si intervenisse sulle cause attraverso una strategia ad ampio raggio che dovrebbe avere al centro un adeguato Piano di adattamento ai cambiamenti climatici, basato sulle più aggiornate conoscenze ed esperienze realizzate in Europa utilizzando soluzioni basate sulla natura (Nature Based Solutions) per una corretta ricarica delle falde, per creare aree di laminazione naturale, per favorire processi di autodepurazione e per ridurre in generale la vulnerabilità del nostro territorio.

Oxfam allarga il focus della “fotografia” alle aree del mondo colpite maggiormente dal cambiamento climatico e dalla povertà: Medioriente, Africa e Asia.

“Il riscaldamento globale causato dalle emissioni di gas serra e dall’uso di petrolio, carbone e gas – ha detto Paolo Pezzati, policy advisor sulle emergenze umanitarie di Oxfam Italia – sta portando a una terribile crisi idrica globale, che deve essere affrontata prima che sia troppo tardi per tantissimi. Quella che abbiamo di fronte è una delle più gravi minacce che l’umanità si trova ad affrontare e a pagarne il prezzo più alto sono già i Paesi più poveri e meno preparati, che paradossalmente, spesso, sono anche i meno responsabili delle emissioni inquinanti. Ne abbiamo già la dimostrazione plastica nel nostro lavoro quotidiano per portare acqua alle comunità più colpite in tutto il mondo. I nostri ingegneri sono costretti a scavare pozzi sempre più profondi, più costosi e più difficili da mantenere in funzione, spesso solo per trovare falde già esaurite o inquinate. Ad esempio – continua – in Africa orientale, alle prese con la peggiore siccità degli ultimi 40 anni, in media 1 pozzo su 5 che scaviamo oggi è già asciutto, là dove dovrebbe esserci acqua. I terreni sono aridi e dobbiamo scavare sempre più a fondo o impiegare tecnologie di desalinizzazione che a volte non funzionano, con costi sempre maggiori, proprio mentre gli aiuti internazionali per fronteggiare l’emergenza idrica stanno calando”.

Le previsioni di Oxfam dicono che entro il 2040 l’Africa Orientale potrebbe registrare un aumento dell’8% di precipitazioni che, come conseguenza, avrebbero inondazioni e siccità. Ovvero, aumenterebbe il deflusso delle acque in superficie che diminuisce la ricarica delle acque sotterranee. Quindi, terreni più poveri di nutrimenti e infrastrutture a rischio distruzione con le inondazioni. La conseguenza ad esempio potrebbe essere l’aumento esponenziale di casi di malaria che entro il 2030 potrebbe colpire tra 50 e 60 milioni di persone in più, rispetto ad uno scenario in cui si escludesse l’impatto della crisi climatica.

In Medioriente, invece, l’innalzamento delle temperature con ondate di calore in aumento del 16% potrebbe portare a un calo delle precipitazioni entro il 2040, provocando una forte diminuzione della portata dei fiumi e dei livelli di acqua disponibile nei bacini idrici. E quindi, meno cibo per Paesi già stremati dalla guerra come Siria e Yemen.

L’Asia pagherebbe invece lo scioglimento dei ghiacciai con l’innalzamento del mare di mezzo metro entro il 2100, con conseguenti inondazioni e inutilizzabilità delle falde acquifere. Quindi, meno cibo e più povertà e maggiore migrazione.

Oxfam, quindi, rilancia l’appello all’azione ai governi e alla comunità internazionale: “Continuando con gli attuali livelli di emissioni – conclude Pezzati – stiamo andando incontro a uno scenario drammatico. Le nazioni ricche e più inquinanti, non possono continuare a far finta di nulla, al contrario è cruciale che riducano immediatamente e drasticamente le loro emissioni e che aumentino gli aiuti ai Paesi più poveri e a rischio. Siamo ancora in tempo per correggere la rotta, ma dobbiamo agire in fretta!”.

L'ECO di San Gabriele
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